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ANGELI VIOLATI SULLA SCENA DELL’ELISEO

Un testo italiano di successo
lunedì 16 novembre 2009 di Carlo Vallauri

Argomenti: Teatro


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Angeli Violati

La drammaturgia di Furio Bordon – uno degli autori italiani più tesi alla ricerca di un teatro portatore dei grandi valori – riappare all’Eliseo con La notte dell’angelo in uno spettacolo certamente coraggioso considerando il clima penetrante e profondo nel quale è immerso, così in contraddizione con la nostra società di oggi.

L’autore riprende qui il tema già affrontato in Le ultime lune, testo anch’esso di sensibilità estrema nel delineare la condizione psicologica di chi vive nell’età in cui si è ancora indifesi il tormento di un affetto ultroneo rispetto alla normalità dei rapporti tra familiari. In questo caso vi sono due aspetti del problema: da un lato il maltrattamento dei bambini – portato in scena in una commovente rappresentazione di un ragazzo violento e del suo doppio, una marionetta che allevia il dramma nella leggerezza dell’astratta poesia – dall’altro il misterioso legame che unisce un padre ipocrita e la figlia straziata nel suo dolore.

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Furio Bordon

Sono personaggi legati intrinsecamente a quella cultura triestina di intenso rimescolamento delle coscienze. Qui Bordon sfida se stesso nel dare vigore a figure tanto complesse, non arretrando di fronte al baratro dell’intimità di violenze nascoste e paurose. Con un linguaggio vibrato eppur contenuto sempre in un tono di dignitosa misura l’autore tocca momenti alti del suo percorso ideale là dove timori e tremori s’infrangono di fronte alla realtà di un disamore, che finisce per negare le stesse virtualità da cui muove. Vizio ed affetto si confondono in una estasi dell’amore fragile e falsificante sino a far riflettere sulla caducità dei nostri sentimenti, delle nostre singole passioni, vissute liberamente al di là d’ogni norma. Questo il messaggio dolente e inquietante di un grande scrittore.

Lo stesso autore ha diretto lo spettacolo con partecipazione emotiva che forse non sempre è arrivata ad un pubblico, posto di fronte a situazioni poetiche ormai così inconsuete sulle nostre scena, ma che pure ha fatto rifulgere gli aspetti silenziosi di sofferenze amare. Massimo De Frankovich ha retto l’arduo e freddo personaggio del padre, alle prese con la disperata speranza della figlia che trasferisce la sua sensibilità a favore dei bambini resi infelici dalle violenze familiari, sempre più emergenti nei complessi parentali. Daniela Giovannetti, maturata alla scuola di Antonio Calenda, rende con sottile introspezione l’anima tormentata della figlia mentre la delicata disperazione del ragazzo è resa con efficace resa spettacolare dal giovane Guido Sandelli.

Scene e costumi curati da Alessandra Ricci.

 

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