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L’INSUPERABILE FIDIA.

Musei Capitolini - Villa Caffarelli dal 24 novembre 2023 al 5 maggio 2024
sabato 2 dicembre 2023 di Patrizia Cantatore

Argomenti: Mostre, musei, arch.


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La prima straordinaria esposizione monografica dedicata al più grande scultore dell’età classica, oltre 100 opere, alcune esposte per la prima volta, tra reperti archeologici, dipinti, manoscritti, disegni, installazioni multimediali per far conoscere al grande pubblico la sua vita e le sue opere.

Con la mostra sul grande scultore greco, si inaugura il ciclo su “I grandi Maestri della Grecia Antica” e Fidia è stato il più grande scultore di tutti i tempi e a dirlo con le parole di un altro scultore: «Nessuno supererà mai Fidia» A. Rodin

È proprio un’opera in marmo di Rodin, proveniente dal Musée Rodin di Parigi: una testa di donna sormontata da un tempietto stilizzato con sei colonne doriche, ad aprire il “Ritratto di Fidia” e a parlarci della sua influenza sui suoi contemporanei, ma anche su quelli che lo riscoprirono come Auguste Rodin, considerato al suo tempo il “Fidia francese”.

Ma chi era questo scultore, la cui figura importantissima e leggendaria, sembra circondata da un alone di mistero? I dettagli della sua vita sono poco noti e la conoscenza della sua opera si basa prevalentemente su repliche e su fonti letterarie. Fu contemporaneo dell’acclamato Policleto di Argo (V sec. a.C.), altro artista che aveva attribuito un nuovo valore concettuale alla statua rispetto ai suoi predecessori e cioè non più simulacro immobile pur sé realistico, piuttosto immagine della vita intesa come realtà assoluta che si crea e si realizza con il passare del tempo e degli atti umani.

FIDIA fu apprendista presso lo scultore ateniese Egia e il bronzista Agelada, nativo di Argo, quindi divenne maestro dell’arte di scolpire la pietra e di fondere i metalli. Spesso ritratto, come un artigiano sapiente, fu soprattutto il fautore di nuovi concetti legati all’arte della scultura.

Per Fidia la realtà è piuttosto un divenire più che un essere, il divenire dell’umanità è la Storia, egli dunque riconduce nel flusso della storia quella realtà che Policleto astraeva nella teoria. Nelle sue opere il mito rivela la sua sostanza storica, permettendo che quella realtà remota fluisca fino al presente, mostrandoci la vita in concreto della polis, le sue tradizioni, i suoi ideali religiosi e politici, la realtà in atto. Ecco spiegato il motivo per cui il suo nome fu legato all’altro protagonista di Atene, Pericle, colui che realizzò l’unità ideale e politica dei popoli greci in un momento storico nel quale l’unità panellenica era la risposta al despotismo dell’Impero persiano così come, la nuova coscienza della polis si esprimeva con i poemi Omerici esaltanti la caduta di Troia, baluardo della minaccia asiatica.

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Gaspare Landi ammira le opere di Fidia

Le opere più conosciute di Fidia sono legate alla realizzazione del Partenone, il tempio che Pericle volle erigere nell’Acropoli a simbolo della vittoria di Atene nell’unione, segnando quel passaggio dall’era primitiva delle tradizioni religiose delle singole comunità, all’ideologia religiosa della Grecia unita. Costruito secondo i progetti di Callicrate e Ictino, a Fidia fu affidata la ristrutturazione della rocca sacra e il ruolo di “episkopos” (sovrintendente) del cantiere. Il grande Tempio in marmo pentelico di ordine dorico sorge al sommo dell’Acropoli, visibile da ogni parte della città, le fronti misurano trenta metri, hanno otto colonne che sono alte più di dieci metri con un diametro di due; i lati hanno diciassette colonne e misurano più di settanta metri. Al suo interno la cella (naos) ha un vestibolo anteriore e posteriore ed è divisa in tre navate da due file di colonne, dove verrà collocata la meraviglia dell’antichità, opera di Fidia, la gigantesca statua criso-elefantina (d’avorio e d’oro) di Atena Parthenos, alta oltre dodici metri, rivestita da più di 1000 chili d’oro, rappresentava il culmine visivo e simbolico del programma figurativo scultoreo dell’edificio, concepito da Fidia che, si avvalse di scultori provenienti da varie città greche.

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Athena Parthenos

Le sculture erano distribuite: nel frontone orientale – la nascita di Atena; nel frontone occidentale la contesa tra Atena e Poseidon (divinità della mitologia arcaica) per il possesso dell’Attica; nelle novantadue mètope della trabeazione, la Gigantomachia (sul fronte est), l’Amazzonomachia (sul fronte ovest), la Centauromachia (sui lati nord e sud) a decretare la vittoria della forma, come realtà ideale, sulla forza. Nel fregio superiore, intorno alle pareti esterne della cella, nella zona più sacra del tempio, la processione delle Feste Panatenee, la massima festività della polis con la processione della nobile gioventù ateniese al tempio della dea patrona.

Nei frontoni del Partenone, dove è più evidente l’intervento diretto di Fidia, le figure emergono come masse percosse dalla luce e animate dal vento, plasmandosi e configurandosi quasi per miracolo in figure umane raggruppate. Il suo intento non era individuare le figure, ma dar vita ad un ritmo che possa mostrare i modi del divenire della realtà naturale (nuvole che scorrono in cielo, onde del mare, fronde di boschi) con quelli del divenire umano (le passioni dell’animo, le scelte etiche, la conoscenza intellettuale), un ritmo che sia allo stesso tempo, vitale della natura e della storia, facendo del racconto mitologico lo spettacolo della vita in atto e concretamente sintetizzando nella forma una concezione totale del mondo, estesa nello spazio quanto nel tempo. Eppure il ritmo non è regolare o uniforme, è fatto di impeti improvvisi o lentezze, scorre come la corrente di un fiume o precipita in improvvise cascate o si disperde in mille rivoli. La visione plastica di Fidia sintetizza la statuaria marmorea e bronzea facendo emergere gruppi in movimento, alternando le sporgenze dei volumi, le cavità e in quella superficie la luce penetra tra le pieghe e le superfici, nelle forme dei corpi delimitati anche dalle architetture, un moto che sembra soffiare tra i viluppi e le pieghe, facendo aderire i veli ai corpi, scoprendo alla luce le superfici levigate del nudo, una fusione di modellato costruttivo, profondo e architettonico e di modellato di superficie, come se l’aria e la luce plasmassero la materia.

Dunque, se il Partenone era per l’ideologia di Pericle, rendere visibile un solo oggetto di culto per tutti i popoli dell’Attica, guidati dalla supremazia di Atene, Fidia seppe realizzare quella sintesi, facendone un’immagine vivente della cultura e della civiltà di una polis che avrebbe superato la realtà di Atene e dell’Attica per proiettarsi come idea di civiltà e di città nel futuro. Il percorso espositivo a Villa Caffarelli, articolato in 6 sezioni si snoda tra Il ritratto di Fidia; L’età di Fidia; Il Partenone e l’Atena Parthenos; Fidia fuori da Atene; L’eredità di Fidia; Opus Phidiae: Fidia oltre la fine del mondo antico. In una delle sale l’imponente riproduzione in gesso bronzato dell’Atena Lemnia, un calco della statua ricostruita da Paul Lindau su indicazioni del Direttore Georg Treu, prendendo a modello il corpo della statua conservata a Dresda e la testa conservata a Bologna.

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La riproduzione (Foto n. 3) ci fa immaginare come l’altra statua colossale di Fidia, l’Atena Promachos (che combatte in prima fila) doveva apparire a chi arrivava via mare, interamente in bronzo e alta tra i 7 e i 10 metri, si ergeva maestosa alle spalle dei Propilei, l’accesso porticato all’Acropoli, dove resta l’incasso della base quadrangolare che la sosteneva. Il metallo necessario a fonderla sarebbe stato ricavato dalla decima del bottino della battaglia di Maratona (490 a.C.). L’immagine della dea Atena guerriera che avanza con la lancia levata nella destra, lo scudo a sinistra e con un elmo attico sulla testa fu elaborata ad Atene nel corso del VI secolo a.C. Fidia rivoluzionò questo schema tradizionale: la sua Promachos non era offensiva ma quieta, con una gamba rilassata e la lancia dritta accanto a sé. Nonostante la sua fama, non esistono repliche della statua. Dobbiamo accontentarci di vederne l’immagine rimpicciolita sopra un’emissione monetale risalente al III secolo d.C., quindi molto posteriore alla sua erezione. (Foto n. 3 bis)

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Bronzo di Athena Promachos

Proprio nella terza sezione il pubblico potrà ammirare quattro frammenti originali del fregio del Partenone, un frammento del fregio nord con oplita, un “soldato greco” (Foto n. 4), e un frammento dal fregio sud con giovane e bovino (447-438 a.C.) (Foto n. 5) concessione speciale del Museo dell’Acropoli di Atene. Altri due frammenti con cavalieri e uomini barbati provengono invece dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.

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Frammento dal fregio nord del Partenone
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Frammento del fregio sud del Partenone

Senza dimenticare che per almeno otto settimane si potrà ammirare il Codice Hamilton 254, manoscritto quattrocentesco contenente la prima immagine del Partenone arrivata in Europa, lo schizzo eseguito da Ciriaco de’ Pizzicolli di Ancona, concesso in prestito dalla Biblioteca Statale di Berlino risalente al 1440-45; accanto a questo il taccuino Carrey (1674) della Biblioteca Nazionale Francese, nel quale è riprodotto il Partenone prima dell’esplosione che lo distrusse nel 1687.

A supporto dei visitatori, installazioni multimediali e contenuti digitali a corredo della sezione, sono dedicate a “Il Partenone e l’Atena Parthenos”, viene offerta la possibilità unica di essere trasportati indietro nel tempo e di rivivere la visita del monumento attraverso l’installazione Fidia e il Partenone. Un’esperienza interattiva e coinvolgente ispirata ai modelli della realtà virtuale e della realtà aumentata. Da una parte, il piano scenografico è costituito da una grande proiezione fotorealistica che ricostruisce in 3D Acropoli e Partenone e permette all’utente di muoversi in volo intorno al tempio, cambiando la luce del sole lungo l’arco temporale della giornata, dall’alba al tramonto; dall’altra, un’interfaccia touch offre una sorta di “radiografia” del Partenone e l’accesso a tutti gli approfondimenti scientifici, come l’esplorazione di alcuni dettagli architettonici.

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Interessante anche la ricostruzione della cella del tempio con l’Atena Parthenos grazie all’esposizione di teste, torsi, rilievi e la gemma in diaspro rosso firmata da Aspasios. Tre repliche dello scudo, tra cui il cosiddetto scudo Stragford (Foto 6 e 7) proveniente dalla collezione del British Museum (III secolo d.C) consentono di farsi un’idea dello scudo della statua che aveva un diametro di ben 5 metri. All’esterno era decorato con un’Amazzonomachia, la lotta mitica tra i Greci e le Amazzoni e, sotto la maschera centrale della gorgone, sono forse rappresentati in piedi, di spalle l’uno all’altro – non reali ma dissimulati tra i personaggi del mito - Fidia, l’artefice della statua e Pericle.

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Tra i reperti esposti anche il vaso con incisa la scritta "Pheidiou eimi" (Sono di Fidia) proveniente dal Museo Archeologico di Olimpia, raro oggetto personale. La sezione successiva, esplora l’attività di Fidia fuori da Atene, a partire dalla partecipazione al concorso bandito ad Efeso intorno al 440 a.C. per la realizzazione di una statua di Amazzone ferita, in cui Fidia fu clamorosamente sconfitto. A rievocare l’evento è allestito un podio con figure di Amazzoni in tondo, con busti e teste disposti a diverse altezze. Al centro, la Statua di Amazzone ferita nel tipo Sosikles (Musei Capitolini, decenni centrali del II secolo d.C.) (Foto n. 8) - opera vincitrice – e di fronte un’altra Amazzone proveniente da Torino, copia pregiata in basalto verde. Nell’ambito delle opere commissionate da altre poleis e, in particolare, da Olimpia, sono qui esposti reperti originali scoperti nella “Officina di Fidia”, un edificio allestito presso il santuario di Zeus a Olimpia usato dall’artista e dalla sua equipe per eseguire il colosso crisoelefantino di Zeus. L’opera, fu distrutta in un incendio, ma era così rinomata nel mondo antico da cambiare il modo stesso in cui si immaginava la figura di Zeus.

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Nelle ultime sezioni, si affronta il tema dell’impatto e delle tecniche dell’arte del Maestro, in particolare quella criso-elefantina, sulle successive generazioni di artisti in Grecia e Magna Grecia e l’influenza sugli scultori del Rinascimento e dell’età moderna . Tra le opere esposte la Testa acrolitica di una dea in marmo pario (470-460 a.C.) dai Musei Vaticani e la Statua acrolitica di Apollo in marmo greco (440-430 a.C), proveniente dal tempio di Apollo Aleo a Crimisa, attuale Cirò Marina (Crotone), prestito del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.

Si deve a Francesco Petrarca la riscoperta storica di Fidia e Prassitele in occasione del suo primo soggiorno romano nel 1337, mise infatti, in relazione i nomi dei due artisti con quelli celebrati nella Naturalis Historia di Plinio, attribuendogli nuovamente la loro identità di grandi scultori greci. Fino ad allora infatti, i nomi di Fidia e Prassitele apparsi nei Mirabilia Urbis Romae (XII sec. d.C.), raccolte di monumenti celebri di Roma compilate come guide per i pellegrini in visita alla città, erano stati iscritti sulle basi delle statue colossali del Quirinale, confusi e sconnessi dal dato storico ed associati a filosofi o indovini giunti a Roma al tempo di Tiberio.

Pregevoli i due calchi in gesso dell’Accademia di Ravenna, realizzati a Roma negli anni Venti dell’Ottocento, delle due teste colossali dei Dioscuri che ancora oggi dominano la piazza del Quirinale a Roma e che sono tra le poche sculture di epoca romana ad aver conservato, invariata, la loro collocazione originaria. I due calchi sono la testimonianza sullo stato di conservazione delle sculture nell’Ottocento, prima del deterioramento delle superfici, aggravatosi nel secolo scorso.

Un omaggio anche a Canova, il gruppo marmoreo realizzato nel 1820 da Giovanni Ceccarini che ritrae Canova seduto nell’atto di abbracciare l’erma fidiaca di Giove, omaggio a Canova, celebrato come il Fidia dell’epoca moderna (prestito dal Palazzo Comunale di Frascati) e il calco in gesso tratto dall’originale scolpito da Fidia (447-432 a.C.) del Cefiso (un fiume dell’Attica) conservato all’Accademia di Belle Arti di Bologna (Foto n. 9).

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Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e curata da Claudio Parisi Presicce con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura, Main sponsor Bulgari, Radio ufficiale Radio Monte Carlo, guiderà i visitatori in un viaggio inaspettato e sorprendente nella vita, nella carriera e nel clima storico-culturale in cui operò il grande scultore, attraverso una vasta e preziosa selezione di oltre 100 opere - tra reperti archeologici, originali greci e repliche romane, dipinti, manoscritti, disegni, alcuni esposti per la prima volta.

Opere provenienti dal Sistema Musei di Roma Capitale - Musei Capitolini, Centrale Montemartini, Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco e Museo di Roma – e da importanti istituzioni italiane, come il Museo Archeologico di Bologna, l’Accademia di Belle Arti di Ravenna, il Museo Archeologico di Napoli e l’Archivio Cambellotti, la mostra vanta prestiti provenienti dai più importanti musei del mondo, tra cui: Museo dell’Acropoli, Museo Archeologico Nazionale e Museo Epigrafico di Atene; Museo Archeologico di Olimpia; Kunsthistorisches Museum di Vienna; Metropolitan Museum of Art di New York; Musei Vaticani; Museo del Louvre e Museo Rodin di Parigi; Liebieghaus Skulpturensammlung di Francoforte; Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen; Staatsbibliothek e Staatliche Museen, Antikensammlung di Berlino.

Tra le attività collaterali nell’ambito dell’esposizione, la Sovrintendenza Capitolina conferma l’impegno sui temi dell’accessibilità, con un programma di visite guidate integrate accompagnate da interpreti LIS - Lingua dei Segni Italiana - grazie alla collaborazione del Dipartimento Politiche Sociali, Direzione Servizi alla Persona di Roma Capitale.

Saranno presto disponibili, su prenotazione a richiesta, visite per persone ipovedenti e non vedenti. Sono stati concessi in prestito modelli dal Museo Tattile Statale "Omero" e un calco in gesso della Scuola di Arti Ornamentali di Roma Capitale tratto proprio dalla testa di Atena della collezione Palagi, oggi al Museo Civico di Bologna, che è stata scelta per il manifesto della mostra.

 

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