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VENERE E ADONE ALL’ARENA GLOBE THEATER DAL 20 AL 24 SETTEMBRE

Da mercoledì a venerdì ore 21.00, sabato e domenica ore 18.30
venerdì 22 settembre 2023 di Patrizia Cantatore

Argomenti: Teatro


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Debutto ieri all’Arena Globe Theater di Venere e Adone di Shakespeare, uno dei poemi più lunghi dell’autore, composto nel 1593 e dato alle stampe, consta di 1194 versi.

Dedicato a Henry Wriothesky, terzo conte di Southampton, quale primo erede della sua composizione, fu scritto in un momento in cui la città di Londra era infestata dalla peste, i teatri erano chiusi, ma la creatività era quanto mai più vitale, scrive questo componimento che dichiara essere “il primo parto della mia fantasia” ispirandosi alle Metamorfosi di Ovidio. William Shakespeare è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi drammaturghi e poeti della storia, influenzando la letteratura e la cultura occidentale, eppure, Venere e Adone è un’opera meno conosciuta anche se meriterebbe un posto d’onore. Si tratta di un poema epico narrativo ed una delle prime opere di Shakespeare a guadagnare notorietà, con uno stile molto diverso rispetto ai drammi teatrali più famosi ed ha contribuito a costruire la sua fama d’autore dall’eccezionale talento.

L’opera fu da subito un grande successo letterario, tutti la citavano, alcuni riferimenti di prosa danno voce a personaggi che affermano di averlo letto e di leggerlo, di averne una copia sotto il cuscino, di usarne i versi per sedurre le giovani donne. In breve, divenne una sorta di manuale per l’amatore declamato nei boudoir come nei bordelli, amato da nobili e cortigiani.

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Adone è un’antica figura mitologica di origine siriaca che incarnava il ciclo stagionale della natura. Nella formulazione più nota del suo mito, Adone nacque dall’amore incestuoso di Mirra con suo padre Cinira, re di Cipro. Innamoratasi del padre, la fanciulla si finse una delle mogli mediante un sotterfugio. Quando Cinira venne a conoscenza dell’atto incestuoso, Mirra fu costretta a fuggire e gli dei, per salvarla, la tramutarono in una pianta resinosa dall’amaro profumo, dalla cui corteccia nacque Adone. Secondo la versione ovidiana, dopo la nascita Adone fu raccolto dalle Naiadi e con gli anni si distinse per la sua bellezza, tanto che Venere, colpita da una freccia di Cupido, se ne innamorò.

La trama di " Venere e Adone" di Shakespeare si basa sulla storia ovidiana, ed è in egual misura comico, erotico e commovente, permette di entrare in connessione con la parte di noi più profonda, facendoci riconoscere il nostro vissuto, attraverso la vicenda tragica narrata. Il giovane Adone è descritto come un giovanotto di straordinaria bellezza, amato e desiderato da Venere, la dea dell’amore che cerca di sedurlo, il giovane però, è più interessato a seguire il suo istinto per la caccia e a godere del cameratismo degli amici, piuttosto che ricambiare l’amore di lei. Una storia sempre moderna che parla attraverso l’ “archetipo” e rende evidente che anche la bellezza in persona, Venere, nulla può su un cuore gelido, forse reso tale dalle vicende della sua nascita tragica. Attraverso una poesia moderna, il bardo affronta il tema “dell’amore non corrisposto”, del “conflitto tra il desiderio fisico e le passioni interiori” , della dicotomia “amore/dolore”, mettendo l’accento su come la sofferenza d’amore non risparmi nemmeno una Dea, indiscussa regina dell’amore, che appare come una donna qualunque ossessionata. Venere fa di tutto per far cedere il giovane, si interroga sul perché egli non sia caduto innamorato come tutti gli amanti precedenti, nonostante tutte le arti messe in campo riesce solo a strappargli un bacio. La forza del testo è nell’approccio psicologico con cui affronta l’argomento, una dea o una regina che fosse, ci appare come una donna, una qualunque, mendica e supplice d’affetto.

Se Shakespeare ebbe una grande capacità e abilità nel manipolare le parole, tessendo versi ricchissimi di immagini e metafore con uno stile opulento, ornato, in rime e ritmi elaborati, dimostrando abilità e padronanza, la traduzione e l’adattamento di Daniele Salvo hanno saputo valorizzarla. Come ha sottolineato il regista nelle note di regia: “…la febbre del nostro tempo ci porta a vivere in una realtà anestetizzata, un mondo fittizio in cui l’emozione è bandita, al servizio di un intellettualismo sterile e desolante. I nostri occhi sono quotidianamente accecati da immagini provenienti dai media. La legge del mercato non perdona: si vendono cadaveri, posizioni sociali, incarichi pubblici, armi, sesso, infanzia, organi. Restiamo indifferenti. …”. In questo tempo in cui i corpi e le anime sono mercificate c’è assoluto bisogno di essere riportati in un mondo dove sangue, lacrime, bellezza, amore diventano paradigmi assoluti, soprattutto nei versi di un autore che sa sollecitare immagini potenti. Il lungo monologo di Venere, dopo la morte dell’amato, il giuramento con cui decreta per noi mortali ogni sorta di tormento e sofferenza ad accompagnare l’amore, è una prova d’attrice che Melania Giglio ha brillantemente superato, il canto di disperazione che intona, richiama alla memoria quello di Orfeo per la morte di Euridice.

Bravi gli attori, Gianluigi Fogaggi nel ruolo di Shakespeare-narratore, come pure la prova di Riccardo Parravicini in quello di un annoiato e disinteressato Adone.

Cast William Shakespeare: Gianluigi Fogacci

Venere: Melania Giglio

Adone: Riccardo Parravicini

Regia: Daniele Salvo

Traduzione e adattamento: Daniele Salvo

Musiche: Patrizio Maria D’Artista

Costumi: Daniele Gelsi

Direzione tecnica: Stefano Cianfichi

Disegno luci: Umile Vainieri

Disegno audio: Daniele Patriarca

Scene: Fabiana Di Marco

Assistente alla regia: Alessandro Guerra

FOTO: MARCO BORRELLI

 

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