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Sedie vuote. Gli anni di piombo: dalla parte delle vittime (Il Margine Editrice, 2008)

LE VITTIME DEI BRIGATISTI COME SIMBOLO DI UNA DEMOCRAZIA PIU’ SALDA

Un dialogo degli autori con gli interessati
mercoledì 13 maggio 2009 di Carlo Vallauri

Argomenti: Politica
Argomenti: Storia
Argomenti: Alberto Conci, Paolo Grigolli e Natalina Mosna


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Sono stati pubblicati negli ultimi tempi moltissimi libri sui cosiddetti anni di piombo, ma solamente ora vede luce un volume dedicato interamente alle vittime degli assassini, curato da Alberto Conci, Paolo Grigolli e Natalina Mosna. L’opera, Sedie vuote. Gli anni di piombo: dalla parte delle vittime consiste in un dialogo degli autori con Mario Calabresi, Benedetta Tobagi, Silvia Girarducci, Manlio Milani, Giovanni Ricci, Alfredo Bazoli, Agnese Moro, Gianni Bachelet, Vittorio Bosio, Sabina Rossa.

I nomi meno noti qui indicati sono dei familiari di persone uccise in quanto appartenenti a corpi di polizia (come Damiano Ricci, facente parte della scorta del Presidente Moro) o perché coinvolte nelle lotte politiche, sfociate negli anni ’70 in una serie di colpi mortali. Si tratta perciò di esseri umani sacrificati dalla ondata di violenza allora scatenata, come nel caso di Graziano Giraluci (appartenente al MSI e ucciso dalle Brigate rosse a Padova) o di Manlio Milani, o di Giulietta Bazoli morti nella strage di Brescia in Piazza della Loggia, e di Anna Maria Bosio, vittima della strage alla stazione di Bologna (1980).

Nello scorrere di pagine del libro, all’amarezza delle vicende ricostruite e soprattutto alle parole chiare, forti e serene dei parenti stretti delle vittime, si aggiunge un senso di smarrimento di fronte non all’imponderabile destino che ha distrutto quelle esistenze quanto alla insensatezza di quei gesti estremi all’origine di tanto spargimento di sangue. E per chi non ha vissuto quella terribile stagione può addirittura apparire oltre l’assurdo la rievocazione di tanti dolorosi eventi.

Eppure se andiamo ad approfondire le vite di Luigi Calabresi, Walter Tobagi, Aldo Moro, Vittorio Bachelet, Guido Rossa si resta come sorpresi da un tratto comune a tutti quei bersagli innocenti, prescelti a causa di un odio inconcepibile da una mente normale e invece divenuto allora quasi “normale” nel cervello degli assassini. Si trattava, a ben guardare – e a ciò ha fatto breve riferimento Rosy Bindi nella presentazione del libro avvenuta al palazzo Marini di Roma – nei casi di politici (Moro), sindacalisti (Rossa), giornalisti (Tobagi), altissimi magistrati (Bachelet), di persone che con la loro vita ed impegno mostravano di esercitare un peso consistente al fine di indirizzare la politica italiana verso strade di maggiore giustizia sociale.

Sono stati colpiti proprio per i caratteri positivi che contraddistinguevano la loro azione, demidiando così una parte tanto significativa della classe dirigente. Fatti analoghi – osserviamo – si verificarono in Germania durante la repubblica di Weimar per eliminare i politici più lungimiranti e in grado, con la loro attività, di impedire l’estremizzazione della lotta politica, alla ricerca di un equilibrio in grado di evitare che quel paesi si avviasse verso l’estrema sinistra (come accadde nell’immediato dopoguerra) o all’estrema destra (come accadde alla fine degli anni ’20, a seguito della crisi americana e delle imposizioni cui veniva sottoposto il popolo tedesco).

L’altra significativa osservazione in occasione dell’incontro per far conoscere il libro (l’editrice Margine costituisce una interessante iniziativa di un operoso e colto gruppo culturale cattolico di Trento) è stata fatta da Giovanni Bachelet, quando ha detto che gli assassini pensavano, attraverso le loro criminali azioni, di abbattere la democrazia italiana. In effetti, a distanza ormai di qualche decennio, ha osservato lo studioso, attuale deputato del PD, vincitori sono risultati proprio coloro che allora furono assassinati, perché la democrazia italiana, attraverso quei sacrifici, si è resa più salda nella coscienza dei cittadini. Una strada tanto più necessaria e valida oggi contro lo “svuotamento” degli istituti e dei comportamenti demcoratici.

 

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