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DOSSO DOSSI. LA RIUNIONE INEDITA DEL FREGIO DI ENEA

Galleria Borghese dal 4 aprile all’11 giugno 2023
mercoledì 5 aprile 2023 di Patrizia Cantatore

Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Per la prima volta sono riunite cinque delle dieci tele raffiguranti le scene dall’Eneide di Virgilio, realizzate per la decorazione del Camerino d’Alabastro di Alfonso I d’Este nel Castello di Ferrara da Dosso Dossi tra il 1518 e il 1520

L’esposizione è il frutto di una ricerca portata avanti dalla Galleria Borghese sulla pittura di paesaggio soprattutto nell’Arte e nella Natura dell’artista ferrarese e ha il pregio di aver saputo avviare la collaborazione con eminenti musei stranieri per esporre insieme, cinque delle sette tele ritrovate del Fregio di Enea e inaugurare una straordinaria ed imperdibile mostra dedicata al ciclo pittorico del grande Maestro, a cura di Marina Minozzi.

L’operazione, ispirata anche dall’entusiasmo per la recente ricomparsa di alcuni di questi dipinti, vede tra i prestatori d’opera il Louvre Abu Dhabi (di cui due, recentemente ricomparsi e acquistate a un’asta), la National Gallery of Art di Washington D.C. (un dipinto composto da due parti «tagliate» in passato per ricavarne due quadri e riunite in questa occasione), il Museo del Prado di Madrid e una collezione privata romana.

Il fregio commissionato da Alfonso I d’Este, per essere posizionato insieme alle vicende di Bacco e Venere (madre di Enea) in una esaltazione allegorica della temperanza nei governanti unita alla celebrazione di chi si dedica alla fondazione di città era legato in modo complesso e diversamente interpretato, agli altri dipinti allora presenti di Bellini, Tiziano e dello stesso Dosso. Si trovava al di sotto del soffitto e sopra i Baccanali (quasi tutti realizzati da Tiziano), fu realizzato dal pittore traendo ispirazione da alcuni episodi specifici del poema virgiliano tratti dal primo, terzo, quinto e sesto libro, (tralasciando la storia d’amore dell’eroe con Didone, considerata un momento di smarrimento rispetto al compito di fondare la nuova città) e quella delle guerre in Italia e la fondazione di Roma.

Alla morte di Alfonso (1534), gli Estensi persero Ferrara che fu annessa allo Stato Pontificio, tutto il contenuto della sontuosa e leggendaria stanza famosa nel Rinascimento europeo si sarebbe riversata a Roma portando con sé anche idee e concetti. L’idea di creare delle stanze dedicate ad ospitare dipinti mitologici, dal formato peculiare e mobile, diversi dai fregi fino ad allora conosciuti a Roma per lo più in forma di affresco o stucco, di cui un esempio è quello ovidiano della Sala delle Prospettive di Baldassarre Peruzzi nella Villa Farnesina. La circolazione di modelli nuovi all’interno del tessuto artistico romano, il contatto con quel “colorito veneziano” che influenzerà tutto il Seicento e che fino al Cinquecento fu mediato dalle opere di pittori come Garofalo, Mazzolino e Dosso Dossi, ma anche Scarsellino che opererà una fusione tra la pittura veneziana e bolognese.

Papa Clemente VIII Aldobrandini portò a Roma i celebri Baccanali: il Festino degli dei di Giovanni Bellini e Tiziano, oggi alla National Gallery di Washington, il Bacco e Arianna di Tiziano ora a Londra, gli Andrii e l’Omaggio a Venere, entrambi di Tiziano, ora al Prado. Dipinti famosissimi, che costituirono la ricchezza e l’unicità della raccolta poi, del cardinale nipote Pietro Aldobrandini e anche se non è stata individuata la loro collocazione nelle sue residenze, risultano presenti già nel 1603, nel primo inventario della sua collezione e sono considerati il culmine della pittura veneta cinquecentesca a Roma.

Sarà Scipione Borghese nel 1608, cardinale nipote di papa Paolo V, ad appropriarsi degli ulteriori tesori presenti a Ferrara, il fregio insieme ad altre opere del grande pittore ferrarese, entreranno così nella Collezione Borghese, probabilmente nella prima residenza del cardinale in Borgo, ulteriore rapina al patrimonio artistico della città da parte delle “arpie romane”.

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Dosso Dossi (1490-1542) è stato un pittore italiano del Rinascimento, attivo soprattutto a Ferrara. Il suo vero nome era Giovanni di Niccolò de Luteri, il soprannome Dosso gli fu dato per via della sua bassa statura e il cognome viene dal nome della contrada Dossi, nella quale acquistò dei terreni. Fu influenzato da artisti quali Giorgione e Tiziano, riuscì a sviluppare uno proprio stile personale caratterizzato da fantasia, attenzione ai toni caldi e luminosi, rappresentazione dei dettagli nei tessuti, nei materiali, nella resa dei personaggi, abbandonando la rigidità delle forme classiche, unito ad un uso sapiente della luce e del chiaroscuro. Nelle pitture del fregio, interpreta con toni universali il paesaggio, qualsiasi storia, epica o mitica, viene messa in scena con incredibile espressionismo umanistico; un naturalismo magico ritrae a colori vividi la natura, le campagne, le coste animate da figure minuscole che digradano nei colori dello sfondo, del cielo, oppure dominate da personaggi posti al centro della scena, eroi, cantori, maghe, ispirati alla poesia antica o alle suggestioni dei versi di Ludovico Ariosto.

Nei quadri del fregio è fedele all’opera virgiliana, riassumendo più eventi e rappresentandoli fedelmente pur collocandoli in un unico luogo, depura la vicenda dagli effetti negativi della passione amorosa e della guerra, offre la figura di Enea nella sua accezione più positiva: eroe e uomo che incarna la pietas romana, trasformando il dolore dell’esilio, nell’impresa che avrebbe riscritto il destino della sua discendenza e del mondo.

Il mito del valoroso troiano fondatore di Roma e di un nuovo impero aveva un profondo significato, legato all’esistenza del pontificato e al suo rapporto con la città che non sfuggì certo a Scipione, già proprietario del dipinto di Enea che fugge da Troia di Federico Barocci, poi committente nel 1618 a Gian Lorenzo Bernini, del suo primo gruppo scultoreo : Enea, Anchise e Ascanio. Dosso Dossi ha rappresentato un ponte tra la pittura rinascimentale e quella barocca, anticipando alcune delle innovazioni formali e tematiche e influenzando pittori del calibro di Caravaggio, Rubens, Velasquez, Rembrandt. Nella Collezione Borghese furono esposte quattro tele sotto le storie di Venere e Diana, i cosiddetti tondi Albani, acquistati da Scipione nel 1622, disposti oggi in Pinacoteca ed è qui che le cinque tele in mostra sono state sistemate. Le vicende di questo fregio non finiscono qui, verrà acquistato dal pittore e direttore del Prado Josè de Madrazo (1781-1859) probabilmente durante il suo soggiorno romano (1803-1819) e sarà lo stesso de Madrazo, nel catalogo del 1856 della sua collezione, il primo a descriverlo come quello che correva sopra I Baccanali di Tiziano nel camerino del Castello di Ferrara.

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Ade con cornice

Ad oggi, grazie alle nuove scoperte ed acquisizioni, sette delle dieci tele sono attualmente state identificate, l’ultima, scoperta in una Collezione Romana privata da Vittorio Sgarbi nel 2004, altre tre mancano all’appello. Come ha spiegato la direttrice del Museo, Francesca Cappelletti, La Galleria Borghese conclude il percorso intrapreso nel 2021, dedicato al paesaggio, per aprire un nuovo filone di ricerca dedicato al viaggio e allo sguardo degli artisti stranieri sull’Italia.

Dal martedì alla domenica dalle 9.00 alle 19.00
Info e prenotazioni: +39 0632810 - galleriaborghese.it
Prezzo del biglietto €13

 

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