Il Vangelo secondo Pilato è il titolo del testo drammaturgico di Eric Emmanuel Schmitt, rappresentato al Quirino dalla compagnia Glauco Mauri – Roberto Sturno.
Nella prima parte Glauco Mauri interpreta Gesù nella notte degli ulivi, quando la sera del suo arresto – mentre attende eventi ai quali non intende sottrarsi – si chiede come si sia giunti a quel punto di un percorso iniziato 33 anni prima e se sia egli effettivamente, come Giovanni il Battista ha affermato pubblicamente, il messia da tanto tempo atteso e invocato dal popolo di Israele. Ed egli stesso ne dubita.
Nella seconda parte, scomparso il corpo del Cristo crocifisso, è Roberto Sturno nella parte di Ponzio Pilato – lo zelante funzionario che dalle terre dell’odierno Abruzzo ha fatto carriera nella struttura della dirigenza politica dell’Impero Romano – ad indagare chi, come e perché abbia trafugato quella salma, già oggetto di devozione da parte dei suoi fedeli seguaci. Convinto che siano stati questi ultimi ad inventare la voce di una resurrezione (come già era avvenuto per Lazzaro) vuol andare in fondo alla questione e resta avviluppato in una serie di ipotesi, escludendo senz’altro che un fenomeno del genere si sia prodotto. E perché Gesù ha accettato quel destino? C’è forse qualcosa di più importante che essere ebreo, romano o egiziano?
La risposta, ancora dopo duemila anni, vuol essere quella di un insegnamento umano, universale, per far capire a tutti il senso dell’uguaglianza e della fraternità. Viene così a compimento – non senza eccessive divagazioni – una singolare costruzione poetica del fecondo scrittore francese, ricca di suggestioni, richiami, penetranti supposizioni. Ed il pubblico reagisce, dopo aver ascoltato per un’ora e quaranta parole tanto alte e sconvolgenti con il suo caloroso abbraccio verso due straordinari attori che sono riusciti a toccare un argomento così delicato con grande partecipazione emotiva, sollecitando quindi ulteriori riflessioni e meditazioni.
Lontano da ogni rito celebratorio, il testo si fa seguire grazie alla sua “laica” disamina dei problemi posti, nel rispetto della tradizione con tutti il peso di storia e leggenda, di religiosità e spirito sensibile che accompagna quella straordinaria, unica, vicenda. Le raffigurazioni dei due protagonisti, il Cristo che accetta la realtà e il Pilato che vuole rifiutarla hanno un loro specifico spessore. Ed è merito dei due eccezionali attori averne dato una spettacolarizzazione sobria tra interrogativi e certezze che vanno formandosi, mentre già si avverte la diffusione di un concetto rivoluzionario in grado di sollevare le plebi. Quella tomba vuota che spaventa il prefetto romano è il simbolo di una verità che vuol farsi strada.
Scene essenziali di Mauro Carosi, costumi appropriati di Odette Nicoletti, musiche intonate di Germano Mazzocchetti.