Va’ dove ti porta il cuore è stato a suo tempo un fortunato caso letterario: l’allora poco nota Susanna Tamaro colpì, con il suo tenero romanzo, l’immaginazione di generazioni ormai sottoposte all’incalzante dominio di un ritornante realismo o di un intellettualismo snob. Il libro raccolse l’attenzione di un’amplissima cerchia di lettori proprio perché rompeva la convenzione di una cruda rappresentazione di una società al trapasso per ricondurre sul sentiero di antichi sentimenti che sembravano destinati all’estinzione.
Ha incuriosito pertanto la riproposizione di quella singolare storia epistololare in teatro, dove altrettanto poco spazio si lascia oggi a schemi tradizionali. Ed invece va detto subito che nonna, madre e figlia create dall’inventiva della valente scrittrice triestina hanno preso efficace vita sulla scena, grazie alla pungente regia di Emanuela Giordano e alla encomiabile interpretazione di un trio di grande risalto spettacolare.
- Marina Malfatti
Marina Malfatti (Olga) descrive con sapiente interpretazione le ipocrisie mascherate per nascondere i propri peccati di moglie ed i propri errori come madre che non è mai riuscita a comprendere – e, aggiungiamo, con amore sincero – la figlia. Agnese Nato raffigura con dolente penetrazione l’anomalia psicologica di una giovane rispetto alle convenzioni familiari. Carolina Levi tratteggia disinvoltura una ragazza che vuol “conoscere” ciò che le è stato ostinatamente celato senza per questo farsi travolgere da un passato che ormai non la riguarda più.
Ecco allora spiegato come il pubblico abbia seguito con trepidazione un amaro dramma familiare, rispecchiamento di esperienze educative (o meglio “maleducative”) superate nelle forme ma non del tutto scomparse, per altri aspetti, nella società di oggi. La forza dei sentimenti letterariamente espressi dalla Tamaro rivelano una sostanziale tenuta sul palcoscenico perché portano alla ribalta stati d’animo “veri” e che particolarmente i giovani d’oggi avvertono anche se non disposti ad ammetterlo.
- Susanna Tamaro
La regia ha saputo rendere, con prudente distanziazione, stati d’animo e pulsioni personali di spessore autentico. Lo spettacolo ha tratto suggestione dall’accorta scena di Andrea Nelson Cecchi, in grado di evocare sentimenti individuali.