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UNO SPLENDIDO BOZZETTO DI SEBASTIANO CONCA

VITA E OPERE DELL’ARTISTA
venerdì 3 luglio 2020 di Achille della Ragione

Argomenti: Arte, artisti


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Il dipinto di cui discuteremo non ha creato alcun problema nell’identificazione dell’autore: Sebastiano Conca, riconoscibile per l’intensità del cromatismo, la cura nel dettaglio e la presenza di figure rappresentate identiche in altre composizioni dell’artista.

Il dipinto di cui discuteremo non ha creato alcun problema nell’identificazione dell’autore: Sebastiano Conca, riconoscibile per l’intensità del cromatismo, la cura nel dettaglio e la presenza di figure rappresentate identiche in altre composizioni dell’artista.

Viceversa una certa difficoltà vi è stata per la corretta definizione del titolo. Premesso che il quadro per le sue ridotte dimensioni, 71 - 98, probabilmente costituisce il bozzetto preparatorio per una pala d’altare, segnaliamo che l’iconografia mostra un angelo che porge la croce al Bambin Gesù sorretto dalle braccia di San Giuseppe. L’opera figurava già nell’inventario stilato nel 1866 dei 60 dipinti del XVII e XVIII secolo di scuola napoletana , che componevano la pinacoteca di un celebre monsignore, vescovo della diocesi di Aversa, come apprendiamo consultando il libro di Massimo Pisani: Il palazzo Cellammare. Cinque secoli di civiltà napoletana.

Si tratta di un’iconografia alquanto insolita cui si potrebbe dare il titolo di " Premonizione della Passione". Per il professor Frank Dabell, storico dell’arte alla Temple University di Filadelfia, studioso dell’argomento, essa non è rarissima anche se poco presente in Italia. A tale proposito egli evoca un’incisione seicentesca di Laurent de la Hyre ed un’immagine dell’incisore anonimo olandese Maestro I.A.M. di Zwolle, che ci mostra un Cristo(sempre bambino) che abbraccia la croce( non lontano dall’idea leonardesca della Madonna dei Fusi, di abbracciare il destino). Anche il Murillo dipinge il Bambino addormentato su una croce o che sogna la croce. Vogliamo ora fornire al lettore alcuni dati biografici di Sebastiano Conca, un pittore a cui fu dedicata alcuni decenni fa una esaustiva mostra nella natia Gaeta.

Sebastiano Conca nacque a Gaeta nel 1680 e morì nella stessa città nel 1764. Chiamato anche "Il cavaliere" era il maggiore di dieci fratelli. Il papà Erasmo era dedito al commercio e il secondogenito Don Nicolò fu arcidiacono della cattedrale di Gaeta. Sebastiano frequentò per oltre 15 anni la scuola napoletana di Francesco Solimena. Dal 1706 si trasferì a Roma col fratello Giovanni dove si affiancò a Carlo Maratta e svolse una proficua attività di affrescatore e di artista di altari fin oltre il 1750. A contatto con quest’ultimo, il suo stile artistico esuberante si moderò parzialmente. A Roma, patrocinato dal cardinale Ottoboni venne presentato a papa Clemente XI che gli assegnò l’affresco raffigurante Geremia nella basilica di San Giovanni in Laterano. Per il dipinto fu ricompensato dal papa col titolo di cavaliere e dal cardinale con una croce di diamanti.

Nel 1710 aprì una sua accademia, la cosiddetta Accademia del Nudo che attrasse molti allievi da tutta Europa, tra cui Pompeo Batoni, i siciliani Olivio Sozzi e Giuseppe Tresca e Carlo Maratta, e che servì per diffondere il suo stile in tutto il continente. Nel 1729 entrò a far parte dell’Accademia di San Luca e ne divenne direttore dal 1729 al ’31 e dal 1739 al ’41.

Nell’agosto 1731 il pittore fu chiamato a Siena per affrescare l’abside della Chiesa della Santissima Annunziata, per volontà testamentaria del rettore del Santa Maria della Scala, Ugolino Billò. Il lavoro venne terminato nell’aprile del 1732. Con la "Probatica Piscina" (o "Piscina di Siloan"), Conca si guadagnò la diffusa ammirazione dei contemporanei. In particolare, furono apprezzati l’ampio respiro dell’opera e la sapiente composizione, fedele al racconto evangelico e ricca di scrupolosi dettagli. Fu in seguito tra l’altro al servizio della corte sabauda, e lavorò all’oratorio di San Filippo e alla chiesa di Santa Teresa a Torino. Nel 1739 scrisse un libro dal titolo Ammonimenti, contenente precetti morali e artistici e dedicato a tutti i giovani che avessero voluto diventare pittori.

Dopo il suo ritorno a Napoli nel 1752, Conca passò, dalle esperienze classicheggiante, ai canoni, più grandiosi, del tardo barocco e del rococò e si ispirò soprattutto alle opere di Luca Giordano. Grazie all’aiuto del Vanvitelli, ricevette onori e incarichi da Carlo III° di Borbone e dai più potenti ordini religiosi partenopei. Le sue opere più impegnative di questi ultimi anni sono andate distrutte, mentre sono rimaste numerose pale per altare di Napoli, tele inviate in Sicilia, i dipinti eseguiti per i benedettini di Aversa (1761) e le Storie di San Francesco da Paola, eseguite tra il 1762 e il 1763 per i Frati Minori del Santuario di Santa Maria di Pozzano a Castellammare.

Con decreto regio fu elevato al rango di nobile nel 1757. Le ragioni del suo clamoroso successo si possono riconoscere nelle sue grandi capacità di mediare le diverse componenti artistiche del secolo: quella scenografia, magniloquente e grandiosa, appresa negli anni col Solimena, e quella più misuratamente composta del classicismo riformatore del Maratta. L’abilità del Conca fu dunque di sapersi misurare tanto con la tradizione quanto con le caute novità del momento, dosando e potenziando di volta in volta le diverse e molteplici componenti del linguaggio tardobarocco. Tra i suoi migliori allievi figura Gaetano Lapis, detto anche il Carraccetto. Una discreta celebrità ebbe anche il nipote di Sebastiano, il romano Tommaso Conca. Sebastiano Conca ha lasciato innumerevoli opere, che si stimano in circa 1200 pezzi.

Achille della Ragione