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All’Eliseo (Roma 25 novembre / 13 dicembre 2009)


venerdì 18 dicembre 2009 di Carlo Vallauri

Argomenti: Teatro


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Teatro Eliseo “La Tempesta”

IL LABIRINTO DI PROSPERO INTRECCIA ANCHE NOI:

Teatro e pubblico si confrontano

Il labirinto nel quale si svolge La Tempesta di Shakespeare intreccia anche noi: questo sembra il segnale del regista Andrea De Rosa che ha adottato il testo e diretto lo spettacolo del teatro stabile di Napoli all’Eliseo.

Lo spodestato duca di Milano Prospero si è salvato dalla congiura ordita contro di lui trovando in un isola il luogo propizio per esercitare un nuovo potere, quello della magia attraverso cui sottomettere il mostruoso Calibano, crescere sua figlia Miranda e farsi aiutare dallo spirito dell’aria, Ariel, intrappolato in un albero da una strega e divenuto esecutore degli ordini del suo padrone. E così la tempesta scatenata per vendicarsi dei suoi rivali gli consentirà di ritrovarseli di fronte, questa volta piegati al destino che egli, Prospero, stabilirà.

E sarà Ferdinando, il figlio di chi ha usurpato il trono, a venire condotto di fronte a Miranda, di cui s’innamora. Così tra vicende varie di timori e sospetti e, servendosi sempre dello spirito di Ariel, riuscirà ad ottenere il pentimento dei suoi nemici, a consentire il matrimonio tra i due giovani spasimanti, è disposto a rinunciare alle sue arti magiche, liberando lo spirito amico e riprendendo la marcia per tornare nella terra d’Italia, ove egli potrà riprendere il suo ducato e cogliere l’occasione del matrimonio della figlia per festeggiare la generale riconciliazione.

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La tempesta

Se questa è la trama del dramma che intreccia il problema del potere con quello delle ingiuste usurpazioni che in quel passaggio dal Cinquecento al Seicento intriga mezza Europa, lo spettatore di oggi percepisce con difficoltà le ragioni dei contendenti, ma intuisce che la violenza difficilmente si fa vincere dalle arti magiche, e ciascuno deve lavorare per se e per i suoi, proprio come fa un Prospero, restaurato duca d’una qualunque città. Significati reconditi, messaggi metaforici si mescolano in una storia d’incantesimi e di lotte per la vita e per la morte.

La regia lascia scorrere gli eventi e cerca di tenere i fili, come lo spettatore sbigottito, e nel caso dello spazio scenico allestito per l’occasione, mira a mostrare il potere mediatico di Prospero, il quale osserva che la sostanza d’ogni uomo è composta dalla stessa natura di cui sono fatti i sogni e quindi bene e male, speranza e realtà si uniscono nell’incertezza e nell’imperscrutabile, mentre la forza dell’amore ha congiunto i due giovani, pronti con la parola, mentre si abbracciano, a librarsi nella poesia, espressione di ciò che è più profondo nell’animo.

Un miraggio, un sogno, una vendetta, la rivincita: Prospero è il vincente perché ha saputo aspettare, riunisce ciò che andava unito, è l’illusione dell’arte qui a far dimenticare le tante tristezze della esistenza umana. Un sogno ancora, certamente, quello dell’artista creatore, tutti i tentativi vanno esperiti, e questa volta Shakespeare vuol lasciare allo spettatore la sensazione che tutto si ricostruisce, e le apparizioni orripilanti di Calibano si sono dissipate. Eppure l’uomo sa che neppure la magia può salvarlo, il poeta invita a sperare. Non sappiamo quale lezione abbia saputo trarne il pubblico plaudente dell’Eliseo. L’importante è saper trovare una via d’uscita, che pure è sfuggente, come le parole soavi del poeta. Un messaggio inquietante, e non rassicurante; malgrado l’impegno che Umberto Orsini e i suoi valenti collaboratori hanno dispiegato con sapiente complicità nella estranea indifferenza degli spettatori che di naufraghi – reali e immaginari – sono ormai esperti conoscitori.

Al Piccolo Eliseo LA MALATTIA DELLA FAMIGLIA M

L’INCOMUNICABILITA’ DELLA NUOVA GENERAZIONE

nella novità di Paravidino

Sono ormai rari i casi di un giovane autore italiano lanciato da un premio (come recentemente nel Candoni - Arta Terme) e subito confermato da una positiva prova sulla scena. Ecco una ragione di più per esprimere il compiacimento per Fausto Paravidino, e per il teatro stabile di Bolzano che ha il merito di aver avuto fiducia in lui, tanto da affidargli anche la regia.

La malattia della famiglia M, rappresentato al Piccolo Eliseo, mostra la vita quotidiana di una famiglia vista soprattutto attraverso l’esperienza dei figli, due ragazze ed un fratello che nella sua breve e dolorosa esperienza esprime il simbolo dei giovani d’oggi, impietriti quanto intimamente morbidi, tanto è vero che lo stesso Paravidino si è assunto la responsabilità di interpretarne il ruolo. Lo scontro centrale emerge subito nella beffarda crudeltà quando la meno sacrificata tra le due giovani nel sostenere il padre, vedovo e malato, si trova quasi involontariamente ad essere contesa tra due coetanei, uno svagato ed incerto, l’altro più sensibile e dolce. Ne nascono situazione che fanno scivolare subito il testo verso indovinate e divertenti scene contrastanti con i problemi più profondi di ciascuno dei protagonisti, ai quali si aggiunge un medico – di cui è innamorata l’altra sorella – eletto dall’autore a narratore dell’intera vicenda.

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La malattia della famiglia M

Con uno stile rapido e snello, frasi brevi e precise, vengono descritte le varie figure, i cui tratti emergono con chiarezza ad indicare quanto delicata e complessa sia la convivenza tra ragazzi che aspettano ancora tutto dalla vita ma dalla quale non sanno ancora bene che cosa pensare. Non c’è alcuna concessione alle correnti convenzioni, quanto invece una ben precisa volontà di mettere in risalto quanto intricata sia la fase di crescita di una generazione priva di esempi da seguire e preda di sentimenti e passioni di per sé semplici ma non altrettanto chiari nelle rispettive coscienze. Da qui l’incomunicabilità tra persone che pure vorrebbero volersi bene, ma che restano travolte dalla successione vorticosa di eventi dai quali vengono, loro malgrado, travolti.

Tutto ciò Paravidino sa dire molto bene, con scioltezza e incisività nelle parole e nei dialoghi, Una partenza certamente felice, ecco la vera novità. Gli interpreti bravi, vivaci, affiatati sono – oltre all’autore – Emanuela Galliussi, Iris Fusetti, Nicola Pannelli, Jacopo Maria Bicocchi, Pio Stellaccio, Paolo Pierobon. Scene di Laura Benzi e costumi di Sandra Cardino.

Carlo Vallauri

 

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