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Teatro a Roma aprile 2009


martedì 28 aprile 2009 di Carlo Vallauri

Argomenti: Teatro


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CALVINO E ALBERTAZZI

Al Teatro Ghione dal 24/03/09 al 5/04/09

Lezioni americane di Italo Calvino, preparate dallo scrittore in vista di un suo viaggio negli States (poi non effettuato), hanno dato luogo, anni or sono, ad uno spettacolo memorabile di Giorgio Albertazzi che ne fece una lettura viva e suggestiva negli spazi dell’Eliseo. Per la recente ripresentazione dello stesso testo al Ghione (uno dei più bei teatri di Roma, non sempre fortunato nella scelta del repertorio) l’attore-protagonista ha ritenuto di ampliare l’originale con inserti certamente di rilevante tenuta spettacolare ma non altrettanto coerenti con il contenuto originario della scrittura di Calvino.

Ne è uscita pertanto una serata di affettuosa e sentita partecipazione del pubblico (nel nostro caso era l’ultima serata): un impatto di effetti emotivi attorno ad un tema di così delicato tenore come la “leggerezza” con un naturale richiamo a Kundera che ha ispirato verso una intima immedesimazione di valori simboleggiati dall’autore, meno l’estensione a motivi di largo interesse premiando così più la visibilità dell’incontro che non la pienezza dialettica dello scritto.

Albertazzi, un attore tra i maggiori della nostra prosa, anche in questa occasione non ha mancato di farsi apprezzare ed applaudire come merita.


UN DRAMMA DI COSCIENZA DI FRONTE AI CAMPI DI STERMINIO

Piccolo Eliseo dal 14 al 19 aprile

La lettura di un testo ridotto da Il Vicario di Rolf Hochhuth al Piccolo Eliseo Patroni Griffi può aver deluso quella parte di spettatori che ricordano la vivace campagna artistica e politica che ne accompagnò la mancata rappresentazione nel teatro di Via Belsiana a causa della proibizione da parte del governo democristiano (1962) di effettuare quello spettacolo nella città “sacra” di Roma. Si disse che sarebbe stata un’offesa alla memoria di un pontefice, il cui “silenzio” a proposito dello sterminio degli ebrei è ancora oggetto di discussione.

Ascoltata oggi la dialettica tra un sacerdote cattolico e un ufficiale nazista da una parte, decisi a qualsiasi sacrificio pur di mettere a nudo la verità, e la “prudenza” di alti prelati dall’altro, sembra aver perso gran parte del suo significato di rottura giacché più ampia è la conoscenza di quel dramma, con le inaccettabili esperimentazioni mediche e le relative pesanti giustificazioni. Ecco perché questa prova del valente gruppo di attori legati ad Antonio Latella, pur senza perdere il suo intrinseco valore, finisce per apparire meno viva di quel che l’opera obiettivamente ha significato quando è stata scritta e diffusa la prima volta.

Adattamento e regia di Rosario Tedesco (produzione Teatro Stabile dell’Umbria).


PAOLO POLI E LA POESIA DEI SENTIMENTI SEMPLICI

Teatro Eliseo dal 14 aprile 2009 al 10 maggio

E’ tornato all’Eliseo – riscuotendo un ininterrotto applauso – l’inimitabile virtuoso Paolo Poli con uno spettacolo tratto liberamente dai testi di Goffredo Parise.

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Sillabari è un’opera degli anni Cinquanta che riporta umori, vizi e sensibilità di un’epoca ormai lontana, ma quegli aforismi, quei giochi, quelle introspezioni e quelle estensioni e visibili sottintesi rientrano nel caleidoscopio di vite e di sentimenti rintracciati sotto le scorze di quel mondo che potrebbe oggi sembrare piccolo e leggero ma che invece aveva una sua inconfondibile freschezza nelle umili prove di esistenze semplici quanto essenziali. Nella prima parte prevalgono rievocazioni risalenti agli anni ’30 e all’esperienza privata nei tempi angusti e bellicosi del ’43-’44, con tutte le soperchierie ineludibili in tempo di guerra, ma con tutte le ingenuità di chi, in silenzio, sa offrire il meglio di sé verso gli altri.

Questi sono i caratteri salienti di una simpatica, divertente rappresentazione che non lascia spazio né alla nostalgia, né alla rievocazione ma si affida interamente alla preziosità del linguaggio, dello stile, della raffinatezza di un Paolo Poli al meglio di sé. Con tutte quelle paure e quelle riprese delle parole che scatenano in noi un ripensamento scanzonato dei giorni lontani, rivissuto nella capacità del grande attore di ricostruire con una battuta accenti verbali dall’immediatezza scanzonata dei toni, con l’eleganza fluente della sua lingua colta eppure popolarmente vissuta. Ecco, quando passi una serata con i grandi – e Poli tra i pochi – ti senti ristorato e ti pare di poter sopportare tutti gli altri pesi che ti cadono addosso da altre parti.

Grazie Paolo di questi racconti, senza rabbia ma con una ineguagliabile ed intima forza di denuncia di tutto ciò che non è leggerezza, che non è gusto, che non è arte. Ecco: un’artista che dà le misure esatte degli eventi e li sa esprimere con giocosa solarità. Lo accompagnano questa volta delle valenti danzatrici e degli attori “clonati” a giusta temperatura dal maestro.

Alla vivezza dello spettacolo contribuiscono le scene, ispirate alla pittura del tempo, di Emanuele Luzzati e i costumi gustosi di Santuzza Cali, elementi che arricchiscono la scena insieme alle coreografie di Alfredo De Filippi. Successo pieno e un pubblico più che soddisfatto.

Carlo Vallauri

 

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