Marco Baliani al Valle
La pelle di Curzio Malaparte è un romanzo che si collega alla stagione del nascente neo-realismo italiano: ne è la maggiore espressione narrativa e nello stesso tempo effetto degli eventi tragici della guerra, in particolare nella descrizione della terribile condizione umana in cui venne a trovarsi la popolazione di una città martoriata come Napoli. Una regista creativa come Liliana Cavani ne tentò una non fortunata edizione cinematografica. Adesso la sua ombra riappare sulla scena ad opera di Marco Baliani (a Roma, al Valle).
- La pelle di Curzio Malaparte
L’adattamento teatrale non ha di per sé certo i caratteri per riproporre tematiche, drammi e relative polemiche, perché si tratta all’origine di una opera originale nella sua potenza tragica, ma specifica di un dato momento storico, in una particolare circostanza. Quindi Baliani bene ha fatto a non volerne riproporre la messa in scena quanto piuttosto una sorta di presentazione di quadri di teatro rappresentativo espresso attraverso una serie di scene immobili da visionare come una tela.
Opera d’arte da esibire nei suoi momenti più crudi, resi viventi dalle
- Teatro Valle a Roma
scene intermedie di movimento, di cui la più impressionante è quella del pranzo nel quale viene offerto non un pesce prelibato ma il corpo vivo di un bambino. Da questa impostazione – perfettamente eseguita dal complessivo prodotto del Metastasio della Toscana e del Mercadante di Napoli – ne è nato uno spettacolo che il pubblico segue inizialmente con una certa difficoltà perché non riesce a percepirne l’intensità drammatica nella successione visionaria e frammentaria degli eventi, accaduti durante il periodo dell’occupazione americana.
- Marco Baliani
Restano le immagini impresse negli occhi degli spettatori, colpiti dalla violenza di ciò che avviene in palcoscenico, una violenza che – a distanza di tanto tempo – sembra restare separata dalla coscienza del pubblico: quanto più la crudeltà viene esposta quanto meno essa può giungere nel suo significato intimo e profondo, a chi guarda. Un osservazione forse soggettiva, che tuttavia nulla toglie all’impegno degli interpreti, lo stesso Baliani, con due attori di classe quali la mitica Marion D’Amburgo e la esemplare Maria Maglietta.
Carlo Vallauri