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Villa Floridiana

VILLA FLORIDIANA A NAPOLI

Un luogo caro ai “vomeresi” e a tutti i napoletani
domenica 1 ottobre 2017 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Mostre, musei, arch.
Argomenti: Italia


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“So Sang Parthenope, mit Ovu mit süßen Schmerzen Fuhr ihrer Stimme Pfeil zu meinem Herzen” (J.G.Herder- Parthenope -1796)

“Così cantava Parthenope, che provava un dolore dolce. La sua voce era una freccia che colpì il mio cuore”, scrisse il filosofo e letterato tedesco J. G. Herder” e mi sembra che questi versi accompagnino da sempre la mia amata città, dolente e bellissima, che affascina ancora e colpisce il cuore di coloro che la visitano.

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Ferdinando IV di Borbone

Ovunque si vada a Napoli, in effetti, si possono ammirare bellezze paesaggistiche e vestigia prestigiose di un antico passato storico che attraverso i secoli hanno arricchito la città fin dai tempi della “Magna Grecia”, quando il mito di una bella sirena le donò il nome di Partenope (VIII sec. A. C.).

Un piccolo concentrato di tutto ciò è senz’altro “Villa Floridiana”, circondata da un magnifico parco, unico polmone verde del popoloso quartiere “Vomero”, situato su una collina dalla quale si gode un meraviglioso panorama. Quanti ricordi dei “vomeresi” sono legati alla Floridiana! Ci si va per generazioni attraverso gli anni e anche la sottoscritta dopo esservi stata con i genitori, in seguito è ritornata là spesso con figli che si divertivano a giocare sotto i raggi del sole sul cosiddetto “pratone”, grande prato verde pieno di fiori e margheritine bianche e gialle in primavera.

Ed ecco la sua storia: la villa Floridiana, proprietà degli eredi di Cristoforo Saliceti, ministro di polizia del governo murattiano, nel 1817 fu venduta al re Ferdinando di Borbone che la donò alla moglie morganatica, Lucia Migliaccio di Partanna, duchessa di Floridia, sposata in Sicilia nel 1814, tre mesi dopo la morte della regina Maria Carolina.

Tra il 1817 e 1819 la sua ristrutturazione fu affidata all’architetto Antonio Niccolini al quale si devono il rifacimento in stile neoclassico della palazzina, i giardini all’inglese, ampi prati, variopinte aiuole, zone “a boschetto”, terrazzamenti digradanti verso il mare, un teatrino, un tempietto ionico, grotte per animali esotici.

La pianta del Niccolini, conservata al Museo di San Martino, mostra la trasformazione del vecchio casino Saliceti in un edificio con corpo centrale rettangolare e due bracci perpendicolari e simmetrici. La facciata meridionale su tre livelli, per attenuare la forte pendenza del terreno, poggia su un basamento in pietra lavica con una scalinata marmorea a doppia rampa che si apre sul magnifico panorama della città.

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Placido de Sangro,duca di Martina
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Lucia Migliaccio

Nel 1826 dopo la morte di Lucia Migliaccio, la villa e il parco subirono varie trasformazioni da parte degli eredi fino al 1919, quando la Villa venne acquistata dallo Stato e destinata a sede museale. Dal 1931 “Il Museo Duca di Martina” in effetti ospita una delle maggiori collezioni italiane di arti decorative (con oltre seimila opere di manifattura occidentale ed orientale, in particolare meravigliose ceramiche, databili dal XII al XIX secolo), appartenente a Placido de Sangro, duca di Martina e donata poi nel 1911 alla città di Napoli dai suoi eredi.

Il duca, nato a Napoli da Riccardo e Maria Argentina Caracciolo, dopo l’unità d’Italia si trasferì a Parigi dove iniziò ad acquistare oggetti d’arte dai maggiori collezionisti europei, inviandoli nella sua residenza napoletana di piazza Nilo. Quando morì nel 1881, il suo unico figlio ereditò l’intera collezione che nel 1891 passò al nipote, conte dei Marsi. Infine Maria Spinelli di Scalea, moglie del conte, la donò nel 1911 alla città di Napoli.

L’odierno Museo si sviluppa su tre piani: 1)Piano Terra, includente oltre ad alcuni dipinti, avori, smalti, tartarughe, coralli e bronzi di epoca medioevale e rinascimentale, maioliche rinascimentali e barocche, cristalli dei secoli XV- XVIII, mobili e oggetti d’arredo; 2)Primo Piano, con la raccolta di porcellane europee del XVIII secolo (importanti manifatture: Meissen, Doccia, Napoli e Capodimonte, porcellane francesi, tedesche ed inglesi); 3)Piano Seminterrato, in cui è stata riallestita di recente la sezione di oggetti d’arte orientale, tra cui notevole è la collezione di porcellane cinesi di epoca Ming (1368- 1644) Qing (1644- 1911) e Giapponesi Kakiemon ed Imari.

Questa in breve la storia di Villa Floridiana, luogo caro al nostro cuore, un luogo che merita di essere visitato. Per maggiori dettagli, si consiglia di consultare il seguente sito: http://www.polomusealecampania.beniculturali.it/index.php/il-museo

 

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