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LUCI E OMBRE DI “TUTTI IN CLASSE !” DI RAI3


lunedì 1 ottobre 2012 di Carlo Vallauri

Argomenti: Storia
Argomenti: Media, TV e Internet


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Tuttinclasse!
In onda Mercoledì 29 agosto 2012 alle 21.05

E’ una puntata evento de La Grande Storia. “Evento” perché a condurla è un personaggio d’eccezione come Roberto Vecchioni, qui non solo nella sua veste di artista ma anche e soprattutto di professore.

È un viaggio attraverso i 150 anni della scuola italiana. Un viaggio suggestivo e ricco di sorprese registrato alle Officine Grandi Riparazioni di Torino nell’ambito della Mostra “Fare gli italiani”.

(dal sito di RAI3)

Oltre ai documentatissimi servizi di Rai Storia, prosegue su Rai 3 la serie di “Grande Storia” che ha presentato nei mesi estivi ottimi servizi sulla nascita e l’avvento del fascismo. Il 29 agosto “Tutti in classe” ha presentato un’ampia e dettagliata ricerca sulla scuola dal periodo post-risorgimentale ai giorni nostri. Tributato il meritato elogio per un lavoro molto chiaro e preciso, siano però consentite alcune osservazioni marginali su alcuni aspetti.

In primo luogo, quando viene illustrata la presenza di una grande personalità come il letterato De Sanctis al Ministero della Pubblica Istruzione (e anzi ricordo di aver sceneggiato per la Rai anni fa il suo “Viaggio elettorale”) nonché una serie di progressi nel campo legislativo non si fa presente che quelle leggi importanti e positive rappresentarono l’apporto della Sinistra, salita al potere nel 1876, al rinnovamento della società italiana dopo il periodo di governo della Destra. Questa mancata precisazione lascia in che vede il servizio quell’idea generica di un post-risorgimento lento a prendere atto delle nuove realtà, secondo un punto di vista inesatto ma purtroppo dominante nella visione che tanti italiani recepiscono da tempo su quel tormentato periodo, come si è constatato anche nelle recenti celebrazioni ufficiali del 150° anniversario dell’unità nazionale.

Veniamo al Novecento. Nella scuola del periodo fascista (chi scrive questa nota appartiene alla generazione che ha vissuto quell’esperienza) c’erano le disposizioni che parlavano di “cultura fascista” come materia di programma, ma in effetti dipendeva dai singoli professori dare maggiore e minore rilievo alla “materia”.

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Tuttinclasse

In tanti aspetti della vita quotidiana e di lavoro l’indottrinamento era di fatto rimesso da un lato alla “disciplina” ufficiale e schematica del partito e dei suoi rituali, ma dall’altro – a scuola – alla volontà degli insegnanti delle elementari e, per le scuole superiori, di storia. Anche allora non pochi di essi preferivano fermarsi al termine della prima guerra mondiale e non soffermarsi sui capitoli dei testi che esaltavano “l’avvento del fascismo”, come d’altronde poi faranno analogamente i loro successori nelle cattedre nel periodo post-fascista. Libri sulla dottrina fascista vennero stampati in abbondanza – e non pochi estensori di essi diventeranno antifascisti, come ha dimostrato lo studio di S. Serri – e ancor oggi appaiono qualche volta nelle bancarelle dei libri usati.

In concreto numerosi insegnanti passavano oltre, non tanto per personale, preconcetto antifascista ma perché preferivano non impegnarsi a parlare di un argomento – che poteva dare adito a “complicazioni” – nelle singole lezioni e sceglievano di “glissare”, fermandosi alla vittoria del 1918: almeno questa è stata la mia esperienza di scolaro alle elementari in Abruzzo e al ginnasio a Roma. Personalmente ricordo invece l’impegno straordinario poi spiegato dai maestri per la guerra all’Etiopia, e gli insegnanti più solerti coglievano l’occasione per identificare fascismo e patria – una evidente falsificazione – ma non ho memoria personale di lezioni specifiche sull’argomento negli anni successivi: al ginnasio piuttosto i professori di lettere esaltavano il futurismo: non a caso appartenevano alla generazione che era cresciuta in quel clima.

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il prof. Renato Vecchioni

Mi sia permesso ricordare che nel 1942, studente alla quinta ginnasiale, fui rinviato a settembre in “ginnastica” perché – come disse l’insegnante di questa materia che era anche centurione della milizia – non ero andato alle adunate del sabato (ma non per valutazioni politiche ma perché preferivo andare al cinema). Quanto al periodo immediatamente successivo alla guerra, la scuola certamente non ebbe quegli elementi positivi indicati nel servizio, tanto è vero che pochi anni dopo, non a caso, scoppiò quella “rivoluzione culturale” del ’68, giustamente rievocata e che registrò una larga partecipazione emotiva (pur nelle differenziazioni di idee), specie dopo l’istituzione di nuovi organismi di collaborazione tra famiglie e scuola che rappresentarono un evento di rottura e coinvolsero i genitori.

Quanto alle adunate a piazza Venezia, mostrate (come tante altre volte) nella trasmissione, sarebbe stato utile rileggere per l’occasione, mentre scorrevano le immagini, lo scritto di Eugenio Scalfari, che ha spiegato – meglio di tanti altri in quanto era presente e partecipe all’evento – quale era l’atmosfera dominante in quelle “occasioni storiche” come nel caso espressamente ricordato dal fondatore di “Repubblica” proprio nell’adunata in piazza Venezia il 10 giugno 1940 in cui Mussolini tenne quel discorso, continuamente ripreso dai programmi Rai (forse per involontario masochismo).

 

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