L’attore, regista e interprete Silvio Orlando porta in scena la riduzione del romanzo La vie devant soi di Romain Gray, l’opera pubblicata nel 1975 dall’autore sotto lo pseudonimo Émile Ajar, vinse il premio Goncourt nonostante l’autore avesse vinto già il premio vent’anni prima, dell’opera sono state fatte due trasposizioni cinematografiche, una del 1977 e una più recente del 2020.
Silvio Orlando racconta in un monologo emozionante, accompagnato dalla musica de l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre, la storia del romanzo attraverso la voce del suo protagonista Mohammed, affettuosamente Momo. Tutta la storia si svolge al sesto piano di un palazzo di Belleville a Parigi, dov’è il rifugio per i figli delle prostitute che non possono per legge tenerli con loro.
Il ragazzino non conosce che Madame Rosa, un’anziana donna reduce da Auschwitz, il tempo passa, la donna finisce per non essere più in grado di salire da sola fino all’appartamento. Momo a differenza degli altri non ha mai visto sua madre, a volte fa strane cose per attirare l’attenzione sperando che Madame Rosa possa chiamare sua madre, si prende un cagnolino che non abbandona mai, poi lo vende a una signora sperando di dargli un destino migliore e butta via i soldi di cui è stato beneficato, perché è brutto che qualcuno ti ami per soldi. Si convince che tutti i suoi affetti sono solo in quella donna che nonostante non riceva più un assegno per lui lo tiene con sé, la donna è colta a volte da strane paure, racconta di quando la polizia francese la portò insieme con altri al Velodromo di Parigi perché dovevano essere trasferiti in Germania.
La capacità del protagonista è di portarci su e giù tra momenti comici e commozione in un’altalena senza fine, la sua voce sa modellarsi sia sui toni fanciulleschi sia su quelli adulti, il piccolo mondo di Momo prende vita davanti ai nostri occhi, lui vive protetto dalla figura enorme di Madame Rosa e anche quando sembra che abbia trovato una sistemazione migliore per sé non la lascerà ad affrontare da sola la morte.
Il dramma di Momo è quello d’ogni esistenza di chi è costretto a vivere in un paese lontano dal proprio, spesso ostile, senza riferimenti affettivi o con riferimenti inadeguati. E’ il tema dei protagonisti delle migrazioni che a tutt’oggi, rischiano di alimentare, soprattutto nei ceti più popolari la paura, la discriminazione, un’incapacità di accogliere, innestandosi in una crisi economica in Europa, diventata ormai strutturale. La funzione del teatro non è quella di dare soluzioni ma quella di far riflettere.
La bussola per questo mondo, come dirà Momo, è la volontà di VOLER BENE.
Solo il bene sa trasformare la nostra vita e la vita degli altri, noi non siamo nulla senza il nostro prossimo.