A Napoli, al Teatro di San Carlo, il 5 dicembre, l’AIDA ha inaugurato la Stagione 2013-14 per rendere omaggio a Giuseppe Verdi nel bicentenario della nascita, celebrato in Italia e nel mondo.
- Franco Dragone
Vissuto in un secolo di trasformazioni civili e politiche, il Maestro fu testimone attento e partecipe del Risorgimento italiano, imprimendo un sentito spirito patriottico alle sue opere a sostegno delle lotte per l’Indipendenza italiana. Nella storia della musica egli s’impose come uno dei maggiori esponenti del melodramma con cui interpretò il senso della vita e della morte, dell’amore e della libertà.
Cogliendo in pieno il senso profondo della sua musica e dei suoi ideali, il regista Franco Dragone, un avellinese d’origine trapiantato in Belgio, ora famoso a livello internazionale, ha offerto al pubblico napoletano una veste davvero inedita dell’Aida: del tutto assenti piramidi, elefanti, splendori e fasti in un racconto proiettato in una dimensione atemporale, da molti definita “minimalista” anche nelle scene e nei costumi.
La brutalità della guerra e lo scontro tra culture diverse segnano i destini dei singoli e travolgono la bellezza dei sentimenti: vincitori e vinti, oppressori e oppressi sono sempre presenti nella storia dell’umanità. Così ai personaggi, Dragone ha aggiunto dei figuranti, gli ’invisibili’ di tutti i tempi, ieri gli schiavi dell’antico Egitto, oggi i profughi, i miseri, gli emarginati.
Significative videoproiezioni, veli, corde e quant’altro creano suggestioni e danno risalto ad una versione intimista e poetica che fa discutere in quanto ad alcuni può sembrare troppo innovativa, quasi rivoluzionaria.
Ricordiamo che Giuseppe Verdi compose l’Aida su richiesta di Ismail Pascià kedivè d’Egitto, su libretto di Antonio Ghislanzoni. Definita un “capolavoro senza tempo”, fu in origine commissionata per celebrare l’apertura del Canale di Suez nel 1869, ma Verdi rifiutò l’incarico dicendo che “non scriveva musica d’occasione”. La scrisse invece qualche anno dopo per l’inaugurazione del nuovo teatro dell’opera del Cairo dove fu rappresentata il 24 dicembre del 1871.
Al San Carlo andò in scena per la prima volta il 30 marzo 1873, presente in sala lo stesso Verdi nella duplice veste di concertatore e regista. Ebbe un successo enorme e l’autore fu chiamato in palcoscenico per ben 37 volte, travolto poi dall’entusiasmo della folla che al termine della rappresentazione staccò i cavalli dalla carrozza e lo trascinò a braccia fino all’albergo del Chiatamone dove alloggiava.
E’ giusto sottolineare che il prestigioso teatro napoletano, il più antico dei teatri storici italiani costruito da Carlo di Borbone nel 1737, 41 anni prima della Scala, 51 anni prima della Fenice, definito da Stendhal “il più bello del mondo”, fin dalla sua apertura seppe dare importanza non solo alla musica ma anche all’arte della danza.
Il celebre coreografo Gaetano Grossatesta, infatti, lavorò al San Carlo per 30 anni a partire dal 1737, componendo personalmente le musiche per i balletti. Con lui la danza approdò al “balletto d’azione” e poi al “coreodramma”.
Dai quattro Conservatori della città nacque la Scuola Napoletana, punta di diamante del mondo musicale europeo, che donò al San Carlo linfa creativa e nutrimento. Ad essa rivolsero lo sguardo ammirato artisti come Händel, Haydn e il giovane Mozart, affascinato nel 1778 da una Napoli “che canta e incanta”.
Indimenticabili maestri della Scuola Napoletana furono Domenico Cimarosa e Giovanni Paisiello il quale fu nominato nel 1787 “sovrintendere all’Orchestra del San Carlo”. Tanti altri illustri personaggi potremmo ancora menzionare legati al San Carlo e alla storia stessa del nostro Paese, ma sarebbe un elenco troppo lungo.
- San Carlo
Con la rappresentazione dell’Aida continua dunque un percorso culturale che si snoda attraverso i secoli: sia pur tra mille difficoltà ora accentuate dall’attuale crisi, la tradizione antica del famoso teatro napoletano viene preservata e ancora attira artisti di fama internazionale, offrendo un significativo contributo all’Arte di qualità. Sarebbe davvero un peccato perdere un altro tesoro della cultura italiana per una generale incuria, oggi imperante, verso tutto ciò che è il nostro patrimonio artistico.