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LA PACE E IL MEDIO ORIENTE

Tra presente e passato
domenica 3 marzo 2024 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Attualità


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L’Umanità è davvero giunta ad un bivio: Guerra o Pace? Non bastava la guerra in Ucraina ancora in corso, non bastano le tante guerre dimenticate, ora i riflettori sono drammaticamente puntati sul Medio Oriente. .

Senz’altro niente può giustificare il massacro del 7 ottobre, il rapimento di civili inermi e in particolare l’orrenda violenza sui bambini ebrei, ma non si può neanche giustificare l’uccisione di migliaia di bambini palestinesi dilaniati dalle bombe.

Lo studio della storia spesso ci stupisce con l’assurdo groviglio di cause ed effetti, con il ruolo giocato da interminabili e sanguinose guerre sullo scenario mondiale tra popoli e nazioni che drammaticamente recitano le parti, spesso intercambiabili, di vincitori e vinti, di carnefici e vittime. E pertanto ho riletto alcuni libri di storia (forse per calmare dolore e orrore davanti a tante immagini di efferata violenza), come The Balfour Declaration, di Leonard Stein, che viene così presentato: : “Poiché la Dichiarazione è stata un elemento importante negli sviluppi controversi che hanno plasmato la mappa politica del Medio Oriente, l’interesse e il dibattito sul documento (le sue fonti, il modo in cui è stato redatto, il suo significato) continua oggi con quasi la stessa intensità di quanto era evidente cinquant’anni fa. Tra i principali attori del dramma politico che si svolse in Palestina, c’era da aspettarsi che i sionisti sarebbero stati entusiasti della Dichiarazione e che gli arabi ne sarebbero rimasti sgomenti”. In effetti nella dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917, una lettera scritta dal ministro degli esteri inglese Arthur Balfour indirizzata Lord Rothschild, rappresentante inglese del movimento sionista, si affermava di guardare con favore alla creazione di una “dimora nazionale per il popolo ebraico" in Palestina, un tempo parte dell’Impero ottomano. Quando il Trattato di Sèvres segnò la fine delle ostilità con la Turchia, la Palestina fu assegnata al Regno Unito che rafforzò i suoi interessi in quell’area e, anche se non si alludeva in modo chiaro a un vero Stato israeliano, molti ebrei emigrarono verso la Palestina per le ricorrenti persecuzioni che culminarono con gli orrori della Shoah.

Se si studia il percorso storico degli Ebrei dalla caduta di Gerusalemme nel 70 DC (quando iniziò la Grande Diaspora verso i paesi europei) fino ad oggi, si osserva che furono costantemente perseguitati, considerati deicidi dai Cristiani, disprezzati per la pratica dell’usura (spesso unica attività consentita loro, insieme al commercio della roba usata, per potere ottenere la residenza in un luogo), chiusi nei ghetti, per secoli “vittime” di un feroce antisemitismo. Come reazione pertanto, sorse nel secolo XIX il movimento sionista, fondato da Theodore Herzl, che fu supportato anche da vari paesi europei all’inizio del ‘900, non sempre spinti solo da motivi umanitari ma anche da interessi economici, quando essi si resero conto che, per sfruttare i pozzi petroliferi ed altre preziose risorse, il controllo del Medio Oriente sarebbe diventato di essenziale importanza.

Ovviamente la dichiarazione di Lord Arthur Balfour suscitò grande delusione negli Arabi che avevano aiutato gli Inglesi contro i Turchi con la promessa di ottenere l’indipendenza. E dopo la grande tragedia dell’Olocausto , il ritorno degli Ebrei in Palestina, suscitò le reazioni degli Arabi che occupavano quelle terre da lungo tempo. Nel 1947 nacque quindi lo Stato d’Israele, ma nel 1948 i Palestinesi lo attaccarono e furono sconfitti. Molti di essi emigrarono verso gli altri stati arabi, ma i più poveri rimasero. Scoppiarono allora altri conflitti, come quelli del 1956, del 1967 e 1973, conflitti che fecero rafforzare la resistenza palestinese, “l’Intifada”. Solo nel 1993, con gli Accordi di Oslo, firmati dal leader dell’OLP, Yasser Arafat, e dal Primo Ministro israeliano, Yitzhak Rabin, i Palestinesi riconobbero lo Stato d’Israele e quest’ultimo s’impegnò a ritirarsi, entro cinque anni, da Gaza, Gerico e altre aree della Cisgiordania. La lentezza con la quale i suddetti accordi vennero attuati (peraltro solo in parte), suscitò scontento e diede forza agli integralisti islamici di Hamas generando crescenti tensioni e conflitti. E negli anni la situazione diventò poi sempre più grave a Gaza, isolata da Israele mediante un’alta barriera metallica. Dopo la vittoria di Hamas alle elezioni nel 2005 la situazione diventò ancora più difficile per la popolazione, poiché nel giugno 2006 furono chiusi i “valichi” di confine e cominciarono a scarseggiare scorte alimentari, medicinali carburanti e quant’altro. Ed ora la tragica carneficina della guerra con migliaia di vittime civili, dopo l’orrenda strage del 7 ottobre in Israele! Purtroppo spesso i conflitti nascondono interessi di vario genere che oggi sembrano essere tutti concentrati sul Mediterraneo, come si legge nel libro di Maurizio Molinari “Mediterraneo Conteso”, in cui analizzando la situazione geopolitica del nostro tempo, afferma che “tre potenze globali, Usa, Russia e Cina e una dozzina di medie potenze in competizione e i conflitti in corso fanno del Mediterraneo il cuore strategico del Pianeta”, una vasta area in cui i fattori economici, sociali e militari determinano le tensioni esistenti, peraltro senza dimenticare i fenomeni di cambiamenti climatici, risorse energetiche, demografia, libertà individuali e politiche, flussi migratori.

Anni fa il regista israeliano, Eran Riklis, nel l film “Lemon Tree” (in italiano “Il Giardino dei Limoni”) presentato al Festival di Berlino, descrisse gente pacifica, intrappolata nei lacci della politica, raccontando la storia di due coraggiose donne, Salma, vedova palestinese che difende con tutte le sue forze il suo giardino di limoni, e Mira, la moglie del potente Ministro della Difesa israeliano, la quale si oppone alla decisione del marito di abbattere il frutteto, per motivi di sicurezza. Nell’ultima scena, il Ministro si affaccia alla finestra e non vede più limoni, ma solo un “Muro” che simbolicamente rappresenta ciò che separa i popoli e che bisognerebbe abbattere: distruttivi interessi economici e politici, paure, odio, violenza. E non ci resta che sperare nella pace. Shalom significa pace...

Giovanna D’Arbitrio

 

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