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Rubrica: CULTURA


DACI E ROMANI

Un intreccio di Culture nell’Antica Conquista
lunedì 27 novembre 2023 di Roberto Benatti

Argomenti: Storia


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L’ultima frontiera della Romanità dal 21 novembre 2023 al 21 aprile 2024 Museo Nazionale Romano - Terme di Diocleziano Oltre 1000 opere provenienti da 47 musei della Romania esposte per la prima volta in Italia

Nel cuore dell’antica Europa, la conquista dei Romani sui Daci ha lasciato un’impronta indelebile sulla storia e sulla cultura di entrambi i popoli. Esploreremo la complessità di questa interazione, immergendoci nella ricchezza della civiltà dacica. La mostra ripercorre lo sviluppo storico e culturale del proprio territorio nell’arco di oltre millecinquecento anni, dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C.

Fig 1 elmo d’oro di Cotofeneşti

La mostra, a cura di Ernest Oberlander direttore del Museo Nazionale di Storia della Romania, e di Stéphane Verger direttore del Museo Nazionale Romano, si riallaccia alle esposizioni di Madrid (Museo Archeologico Nazionale, 2021) e Bucarest (Museo Nazionale di Storia della Romani, 2022), ampliandone il percorso: a Roma saranno presentati circa 1000 oggetti provenienti da 47 musei rumeni, oltre che dal Museo Nazionale di Storia della “Dacia.

La realizzazione dell’evento è stata possibile grazie all’Ambasciata della Romania in Italia, in partenariato con il Museo Nazionale di Storia della Romania e il Museo Nazionale Romano, al Ministero Romeno della Cultura, al Ministero degli Affari Esteri della Romania, al Ministero della Difesa Nazionale della Romania, all’Istituto Culturale Romeno tramite l’Accademia di Romania, al Ministero della Cultura italiano e alla Direzione generale Musei.

Posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Romania e del Presidente della Repubblica Italiana, la mostra segna un doppio anniversario per i rapporti bilaterali romeno-italiani: sono trascorsi infatti 15 anni dalla firma del Partenariato Strategico Consolidato tra la Romania e l’Italia e 150 anni dalla costituzione della prima agenzia diplomatica della Romania in Italia.

L’esposizione, il cui tema centrale è la costruzione della Romanità, mette insieme importanti reperti come il Serpente Glykon da Tomis, raffigurazione in marmo di un ‘demone buono’ che guarisce dalle epidemie; il magnifico elmo d’oro di Cotofeneşti di manifattura tracia, con varie scene di sacrificio; l’elmo celtico di bronzo da Ciumeşti, col sorprendente cimiero a forma di aquila; il tesoro gotico di Pietroasele del IV secolo d.C. per seguire l’evoluzione storica dell’attuale Romania e raccontare i numerosi contatti e scambi avvenuti grazie all’abbondanza di risorse del territorio e alla posizione privilegiata tra l’Europa e l’Asia.

La relazione tra i Daci e i Romani è stata caratterizzata da un mix complesso di cooperazione e conflitto lungo il corso della storia antica. I Daci erano un popolo di origini traciche che si insediarono nella regione dei Carpazi, corrispondente all’attuale Romania e parti della Moldavia e dell’Ucraina settentrionale. Nel periodo precedente all’espansione romana, la regione era abitata da diverse tribù, tra cui i Daci.

Durante il I secolo a.C., i Daci entrarono in contatto con l’Impero Romano. Inizialmente, le relazioni furono caratterizzate da una sorta di equilibrio instabile, con trattati e alleanze temporanee tra i Daci e i Romani per affrontare minacce esterne, come le incursioni di altre tribù barbariche.

La situazione cambiò radicalmente durante il regno dell’imperatore romano Domiziano (81-96 d.C.) e successivamente sotto Traiano (98-117 d.C.). Traiano intraprese una serie di campagne militari per annettere la Dacia all’Impero Romano. Nel 106 d.C., i Romani ottennero la vittoria decisiva nella Seconda Guerra Dacica, culminando con la conquista della Dacia.

La conquista portò a significative conseguenze per entrambe le culture. I Daci furono parzialmente assimilati nell’Impero Romano, contribuendo alla diversificazione della popolazione e della cultura. Allo stesso tempo, la conquista pose le basi per una serie di tensioni tra i Daci romanizzati e le popolazioni autoctone della regione. Nonostante la scomparsa dei Daci come entità politica distinta, la loro cultura e identità influenzarono la regione in modi duraturi. Elementi della cultura dacica continuarono ad essere presenti nella vita quotidiana, nelle tradizioni e nelle pratiche della popolazione, rappresentando un esempio di come le culture possono fondersi e trasformarsi nel corso del tempo.

La Dacia presentava una geografia variegata, con montagne, pianure e fiumi che ne facevano una zona ricca e strategica.

La regione era abitata da popoli di origine tracica e geto-dacica, come si evince dal meraviglioso elmo d’oro dove viene rappresentato il sacrificio di un agnello da parte di un personaggio che indossa un costume in stile orientale, mentre sul para nuca sono raffigurati animali fantastici come grifi e sfingi. I Daci erano la tribù predominante, ma la zona era anche popolata da altre tribù indigene che contribuirono alla diversità etnica e culturale.

Prima dell’arrivo dei Romani, la Dacia era caratterizzata da una società tribale e da una ricca cultura materiale. I Daci erano noti per le loro abilità nell’arte orafa. Sono presenti molti oggetti d’oro lavorati con grande minuzia e abilità, come la selezione di un set di ornamenti per festività o per finimenti equestri, il diadema in oro del III Sec. a. C, bracciali a spirali in oro, i gioielli di Buzau.

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Foto diadema

La posizione geografica della Dacia conferiva un’importanza strategica all’area, poiché fungeva da ponte tra l’Europa centrale e l’Europa orientale. Le risorse naturali abbondanti, tra cui miniere di metalli preziosi, facevano della Dacia una regione economicamente significativa.

Dopo la conquista romana, la Dacia conobbe una fase di prosperità e di integrazione nella sfera culturale romana. Tuttavia, nel III secolo d.C., l’Impero Romano iniziò a sperimentare crisi interne ed esterne, portando al ritiro delle truppe romane dalla Dacia alla fine del III secolo. Questo lasciò la regione vulnerabile alle incursioni di popoli barbari e segnò l’inizio di un periodo di transizione.

Nonostante la fine della presenza romana, l’eredità della Dacia continuò a vivere attraverso la popolazione romanizzata e le influenze culturali che persistono nella regione fino ai giorni nostri. L’interazione tra Daci e Romani ha plasmato una storia ricca e complessa, lasciando un’impronta duratura sull’identità della regione e delle sue genti.

Nella società dacica, la struttura gerarchica era dominata da una classe nobiliare e da un’élite. Questi individui detenevano il potere politico, militare ed economico. La nobiltà era spesso composta da capi tribù ereditari o guerrieri valorosi, il cui status sociale era confermato dalla loro abilità in battaglia e dalla loro capacità di proteggere la comunità. Testimoniato da molti reperti militareschi.

La classe guerriera era di fondamentale importanza nella società dacica. I guerrieri erano addestrati nell’uso delle armi e avevano il compito di difendere la tribù dai nemici esterni. La loro abilità e coraggio in battaglia contribuivano notevolmente al loro prestigio sociale.

Gli artigiani giocavano un ruolo cruciale nella società dacica, contribuendo con le loro abilità tecniche. L’arte orafa, la lavorazione del metallo, la tessitura e la ceramica erano attività particolarmente rispettate. Questi individui non solo fornivano beni essenziali, ma contribuivano anche alla ricchezza culturale della comunità. La maggior parte della popolazione dacica era composta da agricoltori e pastori. Questi individui erano responsabili della produzione di cibo e risorse necessarie per la sopravvivenza della tribù. L’agricoltura e l’allevamento erano pilastri fondamentali dell’economia e della vita quotidiana.

La società dacica era organizzata in comunità tribali autonome, ciascuna guidata da un capo tribù. Queste tribù erano unità sociali e politiche indipendenti, ma potevano allearsi in tempi di conflitto o per affrontare minacce esterne. La solidarietà all’interno delle tribù era fondamentale per la sopravvivenza e il successo della comunità. La struttura tribale rifletteva una decentralizzazione del potere, dove ogni tribù aveva una certa autonomia decisionale. Questo modello organizzativo consentiva una maggiore flessibilità nelle dinamiche sociali ed economiche, adattandosi alle esigenze locali e alle risorse disponibili.

Uomini e donne avevano ruoli complementari. Mentre gli uomini spesso si occupavano di attività legate alla guerra, alla caccia e all’agricoltura, le donne erano responsabili della gestione domestica, dell’educazione dei figli e della produzione di beni tessili. Nonostante il divario nei ruoli, le donne daciche avevano una presenza attiva nella vita sociale e culturale. Alcune donne potevano assumere ruoli di leadership all’interno della tribù, specialmente in assenza di un erede maschio nella linea di successione.

Le credenze religiose dei Daci erano intrise di miti e divinità che riflettevano la loro connessione con la natura e la vita quotidiana. Dopo la conquista romana, si verificò una fusione e un’assimilazione di queste credenze, ma alcune tradizioni persistettero, contribuendo alla diversità religiosa e culturale della regione. Le divinità daciche venivano identificate con divinità romane corrispondenti, creando una forma di sincretismo religioso. Molto bella la statuetta in bronzo del I Sec d. C raffigurante la Dea Venere.

Ad esempio, Zalmoxis veniva talvolta associato a Giove o Esculapio, il dio della medicina. Una figura significativa fu rappresentata dalla Dea Bendis, una figura significativa nelle credenze religiose dell’antica Tracia e delle regioni circostanti. La sua associazione con la fertilità, la natura e la luna la rendeva una divinità importante per le comunità agricole, con pratiche rituali finalizzate a garantire prosperità e abbondanza.

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Divinità dacia

L’unica vera prova del culto di Bendis in Tracia potrebbe venire dall’isola di Samotracia: Claude Brixhe ritiene che alcune iscrizioni, debitamente ricostruite, possano restituire una dedica a Bendis e quindi provare la presenza di un suo santuario sull’isola. Al momento, però, non si dispone di prove decisive. Il disegno esposto di Radu Oltean ne ricalca le fattezze e gli ornamenti, sebbene si fonda con divinità romane conosciute. Una figura che riveste un certo mistero. Il culto di Bendis coinvolgeva cerimonie e riti dedicati alla dea della fertilità. Questi riti potevano includere processioni, offerte di cibo e libagioni per invocare la benevolenza di Bendis e assicurare la prosperità delle attività agricole e pastorali. Il culto di Bendis si diffuse anche oltre i confini della Tracia, con influenze nella cultura greca e romana. In alcuni contesti, Bendis venne sincretizzata con altre divinità, come Artemide nella tradizione greca. Questo sincretismo riflette la tendenza di diverse culture ad adattare e incorporare divinità locali nelle loro credenze.

Oltre al suo ruolo nella sfera agricola, Bendis poteva anche essere invocata per questioni legate alla fertilità umana e alla protezione delle comunità. Il suo culto aveva quindi un impatto significativo sulla vita quotidiana e sulle tradizioni delle popolazioni che la veneravano. Nonostante l’evoluzione delle credenze religiose nel corso dei secoli, l’immagine di Bendis e il suo ruolo come dea della fertilità continuano a persistere nella memoria culturale di alcune regioni balcaniche. Il ricordo di questa divinità offre uno sguardo su come le antiche credenze abbiano plasmato la vita e la spiritualità delle comunità. L’impatto della presenza dacica nella regione può essere osservato attraverso una varietà di elementi culturali, da toponimi e lingua a tradizioni artistiche e riti.

La fusione culturale con i Romani ha contribuito a plasmare la storia e l’identità della regione, con elementi distintivi della cultura dacica che persistono e si riflettono in varie forme nella contemporaneità. Una mostra ricca e corposa, uno spaccato di storia in un contesto archeologico di primo piano come le terme di Diocleziano.

 

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