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IRREQUIETA COME L’ANIMA DI UNA MOSCA

Dialogo tra Ignazio Licata e Margherita Ingoglia su “La malagrazia. Ballate (delle) disturbanti”(Ed. A & B, 2022)
lunedì 27 novembre 2023

Argomenti: Interviste


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Irrequieta come l’anima delle mosche Dialogo tra Ignazio Licata e Margherita Ingoglia su “La malagrazia. Ballate (delle) disturbanti”(Ed. A & B, 2022)

Bio:
Margherita Ingoglia, sicilianissima. Laureata in Lettere Moderne, giornalista iscritta all’Ordine, blogger per “Fimmina che legge”, sceneggiatrice teatrale. Ha vinto svariati premi letterari. Alcune delle sue opere sono presenti in antologie letterarie. Ama la musica, il buon vino, la sua terra, il vintage. E naturalmente Emily Dickinson. Ignazio Licata, Fisico teorico, saggista, si occupa attivamente dei rapporti tra scienza e cultura. Collabora con IL Sole24Ore, Nova100, La Repubblica Palermo, L’Indiscreto, Noema, MetisMagazine, Le Città delle Donne.

In uno dei suoi libri Olga Tokarczuk scrive: “Il capello assorbe i pensieri dell’uomo. Li accumula dentro di sé sotto forma di particelle indistinte. Perciò, se si vuole dimenticare qualcosa, cambiare, ricominciare daccapo, occorre tagliarsi i capelli e sotterrarli”. È questo che mi è venuto in mente quando

Margherita Ingoglia è entrata nella sala dove era stata organizzata la presentazione del suo ultimo libro, “La malagrazia. Ballate (delle) disturbanti”(Ed. A & B, 2022), silloge che del suo percorso sui saperi e le emarginazioni della femminilità è Il punto più alto, il Fa sopraacuto di una Regina della Notte contemporanea. Filiforme e altissima, di zingara eleganza in cui nulla è lasciato al caso, sostenuta da una nuvola di capelli-pensieri corvini, occhi ombreggiati di nero, può aversi l’impressione di una “strega contemporanea”, ma ci si rende presto conto della sua scarsa affinità con certe mode quando con cortesia, gentilezza e inesauribile prontezza di spirito, ascolta, accoglie, argomenta e sorride. Insegnante, blogger (“Fimmina che legge”) e animatrice culturale, vera crocerossina del libro, non abbiamo dubbi che Margherita sia assolutamente contemporanea, ma sentiamo anche di avere davanti una siciliana di radici antiche, profumi esotici di giardini arabi, imprevedibile e senza macchia di folklore. In lei il segno della Trinacria ha quasi perso il nome ma non la musica, riposa inviolato nei gesti, nella lingua impeccabile di vasta cultura, l’accento si svela appena quando le sue argomentazioni volgono alla fine e lei sembra chiedere ai suoi interlocutori, tra sé e sé, “Buono è così? Avete capito?”. Rassicurati di non avere davanti l’ennesima replica della new wicca borghese - etichetta recente di consumi “femminili”, rituali vuoti e gadget impaginati a livello industriale per nuove alienazioni -, ci interroghiamo con Margherita su tonalità disturbanti per indagare l’origine ed i confini della “femminilità”

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Intervistatore

IL. Inizio con una questione di confini. Nella tua raccolta compaiono molte voci di donne, di varie epoche, accomunate tutte da percorsi difficili, dalla tirannia di padri e mariti che si ipostatizza a livello sociale e si cristallizza in norme, strade che da famiglie, conventi e manicomi le conducono verso una consapevolezza diversa, illimitata, indefinibile e “onnivora”: Non ho grammatiche né alfabeti Sono irraccontabile Opposta al mio corrispettivo Sono oggettiva

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