Per il Pitagorismo, il numero viene considerato l’essenza di tutte le cose, cioè la più vera sostanza, aldilà delle apparenze, di ciascuna cosa, e quindi del tutto nella sua globalità, cioè dell’Essere nella sua totalità. Il Pitagorismo dice: “Se noi vogliamo conoscere la sostanza dell’Essere e la sostanza di una cosa specifica, dobbiamo cercare di conoscerne l’aspetto numerico. Per converso, qualunque cosa, ciascuna cosa, e quindi l’universo, risulta esprimibile mediante la numericità”. Si tratterà di scoprire le regole di questa numericità, ma una volta che siano scoperte, si può conoscere la sostanza dell’universo.
Sembra evidente la connessione tra il Pitagorismo e la Kabalah, che in una delle sue parti fa proprio un discorso di numericità di ciascuna cosa, e quindi dell’universo. Sorge il problema se questo rapporto tra Kabalah e Pitagorismo sia bivettoriale o univoco, cioè se sia il Pitagorismo che abbia studiato questa filosofia, oppure sia la Kabalah ad avere ispirato la scuola di Pitagora.
A questo punto va precisato che nel Pitagorismo il numero non è che venisse visto come un fatto quantitativo, ma piuttosto come fatto qualitativo, cioè come fatto di rapporti e come fatto di proporzioni. Quando prendiamo A che lascia B, C che lascia D etc., non possiamo dire che A lascia B per questo motivo, che C ha lasciato D per quest’altro motivo etc. Il discorso è: c’è un gioco di proporzioni. Nel primo caso il motivo del tradimento ha giocato al 10%, nel secondo caso all’80%, e così via.
È una questione di rapporti laddove, se l’ecosistema era diverso, la situazione era diversa. In realtà si vogliono giudicare le situazioni in base a dei giudizi netti, drastici, indiscutibili. Se un rapporto tra Tizio e Caio termina nell’arco di 15 giorni, il motivo del tradimento non gioca al 10% ma con percentuali diverse.
Allora il Pitagorismo dice “tutto è numero”, ma numero nel senso di proporzioni e rapporti. Il problema è recuperare questi rapporti, e poi fare un’operazione globale. La conseguenza era che, nella misura in cui si progrediva nella conoscenza di questa numericità, si scoprivano gli equilibri e i ritmi esistenti in natura.
Questa dottrina veniva inserita in una visione ciclica dell’universo, laddove l’Essere ciclicamente passava attraverso tutte le operazioni possibili, si concludeva, e ricominciava da capo. Nella fattispecie del Pitagorismo, esisteva quella che va sotto il nome di “legge del gran ritorno”, legge che veniva vista con grande esattezza matematica.
A livello dottrinale al Pitagorismo è stato attribuito di tutto. È un po’ la situazione del buddhismo, dove quello che ha detto Buddha è stato scritto da discepoli. Cerchiamo invece di decodificare tutto quello che a Pitagora è stato attribuito e stiamo parlando della metempsicosi.
La credenza della metempsicosi è la credenza della trasmigrazione delle anime, anche negli animali inferiori. Questo ha consentito a coloro che hanno effettuato questa attribuzione di agganciarsi al discorso che l’essere umano ha varie anime che hanno una loro autonomia, per cui possono uscire da un corpo ed entrare in un altro corpo; possono all’atto della morte frantumarsi e diffondersi in tanti corp, e quindi trasmigrare in tante anime. Pitagora non stava parlando d’altro che dei fenomeni del riciclaggio.
Un altro elemento che fa sospettare come Pitagora e i suoi discepoli non fossero lontani da un esoterismo di base è la visione tetradica della realtà, cioè in chiave di 4, che è poi la chiave del kabalhismo.
Kabalhismo, Mosaismo, Platonismo, sono tutti in chiave di 4, mentre la civiltà ariana è basata in una interpretazione della natura in chiave di 3.
L’arianesimo dà il 4° elemento come un mistero. Il semitismo invece si fonda sulla chiave 4, su un “questo, quello, entrambi, nessuno dei due”. Abbiamo uno schema logico, psicologico, estetico e coscienziale che esaurisce tutto ciò che è concepibile e sperimentabile da mente umana.
In fondo è il discorso di Einstein “se noi esaminiamo piccoli spazi e piccoli tempi, essi ci appaiono semplici e rettilinei; se noi esaminiamo dosi maggiori, ci accorgiamo che sono curvilinei”. Il quarto punto è quello che mi fa agganciare questo e quell’elemento ad un altro. Se c’è questo quarto elemento, posso allafine a tornare su me stesso.