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INTERVISTA AL REGISTA E AL CAST DI "HENRY"


martedì 28 febbraio 2012 di Silvana Carletti

Argomenti: Interviste


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Ritorna il film d’autore con “Henry” di Alessandro Piva, un giovane regista che ha già ricevuto premi ed affermazioni di grande prestigio: (Davide di Donatello e Ciak d’oro nel 2000; tre candidature ai Nastri d’argento 2004; Menzione speciale Giuria al Festival di Venezia 2011).

La pellicola è un ritratto duro e spietato del mondo della droga nella nostra città ove bande di spacciatori si contendono il primato.

- Chiediamo al regista se è stato difficile girare le scene a Roma, impresa che Carlo Verdone ha definito “un incubo”..

- Ci risponde che ha preferito zone centrali a quelle periferiche e che, comunque, il film è basato soprattutto sui personaggi, diversi tra loro e provenienti da varie regioni : un mix di dialetti che rende la storia più veritiera.

- Tratto liberamente dal romanzo di Giovanni Mastrangelo, il film ci offre una visione drammatica di un problema attuale e difficilmente risolvibile, dal momento che la corruzione è diffusa dappertutto, anche negli ambienti meno sospettabili. Piva ci dice poi che il film ha avuto un costo contenuto e che si è potuto realizzare grazie al contributo dei Beni Culturali ,della Bianca film e al suo personale, ma che ci sono voluti tre anni per l’uscita, dal momento che si tratta di una pellicola non commerciale e certamente non riservata al grosso pubblico.

- Gli chiediamo se il suo è un “thriller noir”; ci risponde che si tratta di una storia dark ambientato in una Roma dalle mille sfaccettature ove ognuno si sente non romano, un immigrato nella stessa sua città.

- Aggiunge poi che il cast è stato scelto spesso per caso, secondo l’intuizione del regista; si tratta, comunque di attori di grosso spessore: da Carolina Crescentini, a Claudio Gioè, a Pietro De Silva, a Paolo Sassanelli, a Michele Riondino, ad Alfonso Santagata che hanno dato il meglio di sè.

- Gli domandiamo se condivide con noi l’aspetto umoristico di alcune scene e di alcuni personaggi. Ci risponde che sicuramente, come nella vita, nel film le persone sono veritiere, con il loro modo di essere e di esprimersi e che tutto ciò fa parte della realtà quotidiana.

Terminiamo con le parole dello stesso regista a conclusione del nostro incontro: Henry è un film incosciente e piratesco, dal punto di vista artistico, come da quello produttivo, in barba alle regole di chi giudica il cinema con il telecomando in mano. Il plot di genere è solo lo spioncino, oltre la porta c’è la vera questione: capire dove stiamo andando e saperlo raccontare. Henry vuole scassinare le serrature, uscire dalla stanzetta nella quale, a parte rare e felici fughe, si è fatto rinchiudere da tempo il cinema italiano.

 

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