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ERMANNO OLMI E "IL VILLAGGIO DI CARTONE"

Il ruolo della storia e altri temi preferiti dal regista
martedì 1 novembre 2011 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Opinioni, riflessioni
Argomenti: Prime Cinema


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Il nuovo film di Ermanno Olmi, presentato a Venezia fuori concorso, ancora una volta punta su alcuni temi cari al regista: le sofferenze degli umili, la fede in Dio, l’uomo e la storia.

Una chiesa viene sconsacrata e chiusa al culto, spogliata di tutti gli arredi. Un grande crocifisso, posto in alto sopra l’altare, viene tirato giù tra le inutili proteste del vecchio sacerdote (Michael Lonsdale) che appare sconvolto e addolorato, mentre il freddo sacrestano (Rutger Hauer) lo invita a rassegnarsi. Quella stessa notte un gruppo di clandestini inseguiti dalla polizia si rifugia nella chiesa dove con l’aiuto di panche, cartoni e coperte installa una sorta di “villaggio di cartone”. 100000000000010E000000BBDE385443Il prete li aiuta guardandoli con pietà, tormentato dai dubbi mormora “nemmeno Dio fa più il suo mestiere”, li accoglie con spirito di solidarietà e fratellanza, li protegge dai gendarmi che irrompono in chiesa informati dal sacrestano razzista e si scaglia contro il loro spietato capo (A. Haber) il quale è pronto ad “obbedire agli ordini” (la storia tristemente si ripete!).

Parla da solo con il crocifisso e si confida con il suo medico (M. De Francovich), svelando le sue sofferenze spirituali, le sue domande senza risposta su tanti aspetti della religione, quel senso di “vuoto” che spesso lo tormenta, ma che ora sembra sparito all’improvviso, colmato dalla presenza di quei poveri africani attraverso i quali comprende che mettere in pratica il Bene è più importante di una fede stereotipata e formale.

10000000000000DB000000B79EFD8BF6Ed ecco che il vero Cristo ritorna negli stupendi occhi di esseri umani venuti da un paese lontano, rinasce simbolicamente da una donna africana che dà alla luce un bambino in una chiesa “diversa” dove il fonte battesimale viene smontato ed usato per raccogliere la pioggia che servirà durante il parto, dove i grandi ceri delle funzioni religiose diventano fuoco per far bollire quell’acqua.

La narrazione è lenta, indugia sui visi, si sofferma su donne e bambini, scava dentro, si serve di dialoghi essenziali, in un lampo si colora d’improvvisa vivacità per sottolineare i momenti più drammatici e, come in tante opere di Olmi, le immagini parlano, sono poesia pura che illumina i personaggi svelandone l’anima.

La “Pietas” invade lo schermo e, simile ad un’immensa onda benefica, si riversa sugli spettatori, commossi e allo stesso tempo colpiti dal messaggio finale del film sul ruolo della Storia che travolge l’Uomo con i suoi eventi, quando egli non è capace di modificarne il corso.

Ho rivisto mentalmente tanti film di Ermanno Olmi, film indimenticabili, privi di falsa retorica, ricchi di atmosfere magiche e poetiche, capaci di generare un’efficace elevazione spirituale, una sorta di catarsi che induce a prendere coscienza del Male per individuarlo e condannarlo, come in quest’ultimo film che rifiuta sia razzismo che terrorismo.

10000000000000BE00000109BD059735Scorrono allora sullo schermo della memoria, in un rapido excursus, “L’albero degli zoccoli” con i suoi umili contadini, “..E venne un uomo” sul grande ed umile Papa Roncalli, “La leggenda del santo bevitore” in una Parigi fuori dal tempo, “Lunga vita alla signora” e “ Cammina cammina” contro il Potere che infesta il mondo, “Il segreto del bosco vecchio” con uno straordinario Paolo Villaggio che si aggira spaventato in un bosco animato da vento, alberi, animali parlanti in una favola edificante contro ogni egoistica devastazione della Terra, “Cantando dietro i paraventi “ con i suoi meravigliosi aquiloni orientali che esaltano amore e pace, “Il mestiere delle armi” con i capitani di ventura che giurano di non usare più le armi contro la gente comune, “Terra Madre” un documentario contro l’uso eccessivo di tecnologie industriali che stravolgendo l’antico mondo contadino oggi feriscono mortalmente la Terra, ed infine “Centochiodi” col suo folle professore che trafigge i libri del falso sapere dogmatico e va alla ricerca del “Cristo delle strade”, come lo chiama Olmi, quel Cristo degli umili che è presente anche nel suo ultimo film. 1000000000000101000000968944C782

Tante altre opere meriterebbero di essere ricordate, ma il discorso diventerebbe davvero troppo lungo e poco gestibile in un piccolo articolo che intende solo offrire un rispettoso omaggio ad un grande regista il quale è capace di donarci sempre nuove emozioni.

Concludendo, dopo aver visto “Il villaggio di cartone”, ancora una volta con ammirazione salutiamo Ermanno Olmi dicendo: - Bentornato Maestro, ci regali ancora tanti bei film -.

 

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