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Il RISPETTO PER GLI ALTRI

Solidarietà, empatia, vera comunicazione
martedì 3 maggio 2011 di Giovanna D’Arbitrio

Argomenti: Opinioni, riflessioni


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Nessun uomo è un’isola, completa in sé.
La morte di ogni uomo mi sminuisce,
Poiché io sono parte del genere umano.

In questi tempi cupi in cui sembra prevalere il principio “homo homini lupus” di Hobbes, i bei versi di J. Donne invece ci confortano con l’immagine di un’Umanità in cui c’è interazione e coinvolgimento. Mi sembra giusto ricordarli qui contro ogni forma di separazione ed egoismo.

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T. Hobbes

Si parla molto di solidarietà, diritti umani e civili, giustizia, democrazia, libertà, rispetto verso se stessi e gli altri e così via. Perché ne parliamo continuamente? Sentiamo forse che tutto ciò è in pericolo?

Certamente quello che osserviamo intorno a noi non ci rassicura. Anche i recenti drammatici eventi del Nord Africa hanno confermato ancora una volta la mancanza di solidarietà dei paesi cosiddetti “civili” che, pur continuando a sfruttare risorse di ogni genere con le solite strategie, non ne accettano poi il disastroso effetto boomerang.

E oggi comunque non solo gli africani sono in difficoltà, ma anche tante persone nate in occidente: vecchi, malati, poveri, emarginati, detenuti, non godono in realtà dei diritti umani e si sentono sempre più soli e abbandonati, mentre perdono giorno per giorno un brandello della loro dignità.

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Migranti africani

Poiché ritengo che i giovani debbano essere educati a rispettare gli altri attraverso esempi di solidarietà, empatia, confronto democratico senza pregiudizi, ho sempre cercato di parlare con franchezza a figli e alunni. Fu così che un giorno a scuola si accese una vivace discussione sull’incomunicabilità.

Tre alunni in particolare mi colpirono per la sincerità con la quale rivelarono i loro problemi.

Il primo raccontò che i suoi genitori, entrambi medici troppo impegnati nel lavoro, perfino durante la cena continuavano a parlare dei pazienti dimenticandosi di lui, il secondo si riteneva più sfortunato perché sua madre era morta e il papà era diventato molto taciturno, il terzo infine era sicuro di essere ancora più infelice poiché suo padre era andato via con un’altra donna abbandonando la famiglia all’improvviso. Gli altri ragazzi cercarono di confortarli mostrando una maturità inaspettata, ma alla fine tutti ammisero che anche nelle famiglie normali televisori e computer oggi non favoriscono il dialogo.

Citai i film di due grandi registi, Bergman e Antonioni, che già molti anni fa avevano messo in risalto problemi che ora si sono accentuati. Riflettemmo allora sulla nostra epoca in cui la tecnologia avanzata sembra facilitare la comunicazione con cellulari, posta elettronica e social network, ma alla fine purtroppo questo pazzo mondo globalizzato ci sta privando proprio di quei

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M. Antonioni
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Ingmar Bergman

contatti umani legati alla nostra città, alla famiglia, agli amici: vivendo lontani molti non possono condividere più le semplici gioie o le difficoltà della vita quotidiana. Ritmi frenetici e caotici, inoltre, ci impediscono di riflettere, di confrontarci veramente con i nostri simili, trascurando proprio comportamenti e sentimenti più sinceri e umani, come gentilezza, solidarietà, aiuto reciproco.

Di tutto ciò discutemmo quel giorno in classe e alcuni misero in rilievo che la gente si agita molto, parla tanto, ma alla fine non essendo più predisposta all’ascolto, comunque non stabilisce una vera comunicazione. S’instaurano sempre più rapporti spersonalizzati e mediati: la comunicazione di massa è diventata superficiale e vuota, la percezione della realtà è alterata, deformata. Le persone sono più nervose, irascibili, poco disponibili, scortesi.

A tal proposito raccontai un episodio accaduto in una di quelle tipiche giornate nere in cui tutto ti va storto. Stanca e stressata, stavo attraversando la strada sulle strisce pedonali con altre persone: il semaforo forse guasto, lampeggiava sempre in giallo, ma poi diventò rosso all’improvviso. Sentii con terrore una brusca frenata e una signora che gridava in tono minaccioso e pieno di odio: - Guardate, non ci penso su due volte! Vi metto sotto tutti in blocco, così imparate a rispettare le regole! -. Ripartì come un razzo e non avemmo nemmeno il tempo di protestare. 1000000000000124000000AD034AE950

Alquanto shoccata, sorrisi poi alla battuta in dialetto di un tizio che disse: - ‘A signora sarà ‘nu poco pazza! -. Pensai che in fondo tante persone guidano in un modo assurdo e che tali comportamenti oggi sono molto comuni. Il nervosismo ha invaso perfino le nostre case, non più tranquilli rifugi in cui rilassarsi in pace, ma luoghi in cui ormai si scaricano tensioni e angosce.

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Acquario

Abituata a dialogare molto nella mia grande famiglia di origine, confesso che ora anch’io incontro qualche difficoltà nel comunicare con marito e figli. Un giorno, mentre guardavo distrattamente la Tv, mi colpì l’immagine di un pesce che apriva e chiudeva la bocca dietro il vetro dell’acquario, come se mi volesse dire qualcosa in un linguaggio silente e misterioso, sconosciuto agli umani. Strano a dirsi, ma mi sono sentita davvero simile a lui. Quest’idea un po’ pazza in seguito mi è venuta più volte in mente, mentre tentavo inutilmente di farmi capire da familiari e amici. Ho notato in effetti che spesso le persone ascoltano distrattamente come si fa con una radio o un televisore che restano là accesi per ore, ma sono solo un sottofondo a pensieri e azioni.

Per fortuna ancora una volta il mio senso dell’umorismo mi venne in aiuto e pensai: - E va bene, mia madre è veramente sorda per la sua veneranda età, Donatella (la nostra cara colf), poverina, ha problemi ad un orecchio, ma gli altri che hanno? Perché in questi ultimi anni è diventato così difficile comunicare? Immersi nei loro profondi pensieri come in un semicoma, rispondono a monosillabi, come voci dell’aldilà, oppure bisogna ripetere più volte la domanda la quale, facendo un tortuoso giro nei loro cervelli, simile ad una pigra brezza estiva, finalmente giunge in porto e così a scoppio ritardato arriva finalmente una laconica, evasiva risposta, segno di una sovrapposizione o di una coesistenza (sarà mai possibile?) di pensieri, trai quali si fa una cernita in base alle priorità assegnate. Capperi! Sono andata a finire in fondo alla graduatoria?! -. In famiglia, tuttavia, affetto e tolleranza ci portano a scusare la distrazione dei nostri cari e si aspetta con pazienza un momento più propizio per farsi ascoltare. Perché non agiamo così anche con gli altri?

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Film Qualunquemente

Lo stesso fenomeno mi è capitato poi guardando i politici in Tv o in qualche noioso evento mondano, anche se in modo diverso, capovolto, per così dire: non ero io nell’acquario, ma gli altri. Ho immaginato di vedere le persone trasformarsi in pesci che aprivano e chiudevano la bocca, senza riuscire a comunicare veramente. Si guardavano, si scrutavano, parlavano, parlavano…. ma le parole erano senza significato. Era buffo, divertente, un po’ surreale come nel film di Albanese, “Qualunquemente”, in cui la satira funge da lente deformante nel colpire i difetti dei personaggi.

Concludendo, forse fantasia, humour, tolleranza, pazienza, gentilezza, rispetto per gli altri ci potrebbero aiutare a vivere meglio, favorendo rapporti umani autentici e difesa dei veri valori della vita.

 

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