Rubrica: SCIENZA E DINTORNI

Il caso nella probabilistica

mercoledì 11 febbraio 2009

Argomenti: Opinioni, riflessioni

La probabilistica è una delle tante branchie della logica. Nell’ambito della probabilistica si trova la legge del caso, la quale legge stabilisce il legame fra la probabilità e la frequenza.

In pratica, se ho un evento del quale non posso prevedere gli sviluppi, ma dispongo di un numero sufficiente di eventi analoghi già accaduti, e che mi hanno dato determinate conclusioni specifiche, avrò un criterio di prevedibilità tendenziale; mi accorgerò che il numero di volte in cui l’evento si conclude, come al solito dipende dal numero di volte in cui accadono eventi simili.

Su un fenomeno ignoto, è vero che non se ne sa niente, ma se si ha una casistica sufficiente, è individuata una probabilità. Questa legge vale molto nella ricerca della fisica e della chimica.

La dicitura legge del caso sembra una dicitura in contraddizione, perché se per caso s’intende qualcosa che capita a vanvera, come si può formulare una legge a vanvera? Non è una legge. Per un verso è contraddittoria, per altro verso non lo è se si completa la dicitura secondo la legge del caso apparente.

JPEG - 15.1 Kb

Partendo dal presupposto che il caso non esiste, la conseguenza sarà che, prendendo un numero sufficientemente esteso di casi apparenti, ne potrò estrapolare una legge di tendenza. Si potrebbe addirittura proporre di denominare questa legge con la dicitura alternativa di “legge del controcaso”. Questa seconda dicitura aiuta a comprendere come la legge indicata poggia su casi apparenti, o meglio ancora, su casi apparenti che fanno parte di una economia generale dalla quale si può estrapolare una legge. In pratica, qualsiasi caso è di fatto un controcaso, cioè qualcosa che può anche seminare confusione se non compresa, ma in realtà contribuisce a confermare la legge di economia generale. In altre parole, il controcaso tende sempre più ad evidenziare come gli accadimenti di un certo tipo di eventi siano in realtà non casuali.

Se non si è specialisti che usano la legge del caso per motivi professionali, questa legge può apparire inutile, discutibile, noiosa, ma si sbaglierebbe, perché l’applicazione matematica della legge può non servire, ma la comprensione del suo spirito sarebbe essenziale.

Se ci facciamo caso, la legge citata non dà certezze, ogni evento conserva intatto il punto interrogativo: bacio 215, porta ad un rapporto sessuale o no? Aldilà dell’apparente baratro che si apre ad ogni evento, per cui può darsi che sì o che no, l’esperienza svela la direzionalità, una tendenza, per cui nell’insieme degli accadimenti, comunque una parte della storia non può che essere in un certo modo, mentre un’altra parte della storia sarà in altro modo. Si potrebbe dire, e non è un fatto razionale, aldilà dell’ignoranza degli eventi, aldilà dell’apparenza del baratro su ciascun evento, tutti o singolo, si possono individuare tendenze certe, e quindi pacchetti di tendenze.

Se alle cose umane sostituiamo cose di chimica, astrofisica, spiritualità, allora si può cogliere meglio che non è in gioco la falsa sicurezza, ma il distacco constatativo nei confronti di ciò che c’è, di ciò che accade. Il problema è alzarsi di livello. Se partiamo dal presupposto che l’universo è un esperimento necessario, chi osserva l’universo, l’esperimento in corso, sta andando in una direzione frutto di un pacchetto di direzioni. Allora, quella galassia fugge o non fugge, quel sole fa il buco nero o non lo fa, ma il big crunch deve finire perché il pacchetto di tendenze non può che dare quella risultante.

JPEG - 33.6 Kb

Ma la riflessione è ancora più sofisticata. Dato un numero sufficiente di volte ad una cosa, essa accadrà, dopodichè, per quanto le reazioni astrofisiche che accadono possano contraddire le aspettative, per quanto questo universo possa durare, le tendenze finiscono per prevalere. Entrando nella logica di questa legge delle tendenze, percependo un numero sufficientemente esteso di casi, ponendoci sul livello superiore come osservatori, registriamo le tendenze, riassumendole in “tendenza unica”, e avremo l’inevitabilità dell’evento. Facciamo un esempio. Vado a fare un lavoro, lo vivo come il mio lavoro, ma non mi rendo conto che prima di diventare il mio lavoro, dovrei considerare la scontatezza di quel lavoro che faccio, che quel lavoro è stato fatto miliardi di volte. A quel punto potrei rendermi conto qual è il seguito della storia e gestirlo di conseguenza. Banalizzando, facendo un lavoro, inevitabilmente attraverserò varie fasi: entusiasmo iniziale, sentirsi inseriti, programma risparmio, sopravvenire dell’abitudine, lotta con i colleghi, noia, paranoia, tensione, fine. Ogni rapporto di lavoro per forza di cose finirà nel solito modo, e inevitabilmente avrò preso la fregatura. Dovrei rendermi conto della trafila delle fasi, e allora potrei gestire quel lavoro con distacco e inventarmi qualcosa di altro.

Anche i filosofi cristiani escludevano il caso dal mondo globalmente inteso, in quanto ordinato dalla provvidenza divina, e giustificavano l’apparenza di eventi casuali con la limitatezza della ragione umana; i disegni divini erano imperscrutabili per le creature. Il filosofo Spinoza, considerando ogni cosa come prodotta necessariamente dalla mente divina, negava la possibilità che esistessero fatti contingenti o casuali, e spiegava quelli che sembravano tali, come dovuti ai limiti della immaginazione umana, notoriamente incapace di cogliere le cose nella totalità dei loro rapporti. Il fatto è che la valutazione di Spinoza sarebbe esatta, se però non si agganciasse ad una fede per giustificare il fenomeno. La conseguenza è che possiamo trovare valutazioni esatte in contesti errati o fantastici, e d’altro canto trovare aspetti fantasiosi connessi con valutazioni esatte. Il fatto è che l’individuo non ha la pazienza o la forza di mantenere le valutazioni esatte che ha conquistato, e attendere di riuscire a collegarle con ulteriori valutazioni esatte.

JPEG - 4.3 Kb

Questo spiega perché per avere un reale progresso, per avere una progressiva scoperta della struttura dell’essere, siano necessarie molte generazioni. In pratica, l’umanità fa quello che dovrebbe fare un singolo individuo, ciascun singolo individuo. Quello che si vuole focalizzare è che si può arrivare, magari in tarda età, ad una visione attendibile e coerente. Se invece ad un certo punto della propria vita si vuole concludere questa visone, oppure si stima più o meno di non riuscirci, allora si riempiono i vuoti delle proprie conoscenze e delle proprie sperimentazioni con elementi spuri, sempre gentilmente offerti dalla fede, dalla nevrosi, dalla paranoia etc.



Diritti di copyright riservati
Articolo non distribuibile su alcun media senza autorizzazione scritta dell'editore