Rubrica: LETTURE CONSIGLIATE |
110 CARLO MICHELSTAEDTER E IL TEMPO DELLA VERITA’ di
lunedì 7 dicembre 2020
Argomenti: Recensioni Libri Il canto solenne e dolce mi parlava al cuore. Mi commuoveva e mi diceva che non tutto è ipocrisia, che c’è ancora innocenza e spontaneità e che esiste una tregua per gli uomini, travagliati dalle lotte, e che questa tregua sarà nell’amore che ci circonda e che ci fa dimenticare le amarezze della vita (C. Michelstaedter) Il canto solenne e dolce mi parlava al cuore. Mi commuoveva e mi diceva che non tutto è ipocrisia, che c’è ancora innocenza e spontaneità e che esiste una tregua per gli uomini, travagliati dalle lotte, e che questa tregua sarà nell’amore che ci circonda e che ci fa dimenticare le amarezze della vita (C. Michelstaedter) Con questa citazione inizia il libro"110. Carlo Michelstaedter e il tempo della Verità", di Chiara Pradella (Ed. Ensemble) che si pone l’obiettivo di dimostrare l’infinito amore di Michelstaedter per la vita attraverso un’ accurata indagine per far luce sulla sua morte. Sulla quarta di copertina si legge quanto segue: “ Questo libro nasce per celebrare il 110°anno dalla morte del filosofo e poeta goriziano Carlo Michelstaedter, avvenuta il 17 ottobre 1910. Da quella tragica data ne è passata, di acqua sotto i ponti, così come numerose sono state le versioni che si sono succedute sulla sua morte: per il senso comune, e fino a prova contraria, avvenuta per suicidio, con due colpi d’arma da fuoco che il filosofo si è sparato alla tempia; partiti proprio da quella rivoltella sottratta all’amico ‘Rico Mreule prima che salpasse per l’Argentina. Nei testi di Michelstaedter non c’è traccia di predeterminazione al gesto fatale, come invece ha affermato Giovanni Papini parlando di “suicidio metafisico”. Quello che c’era sicuramente era la malattia fisica, venerea: la sifilide, che all’ultimo stadio porta alla pazzia, in un tempo in cui le cure erano forse più dannose della patologia stessa. E Carlo lo sapeva bene, quello che gli stava accadendo. In questo volume si vuole riportare a galla una verità che è stata messa a tacere per troppo tempo; la mancanza della quale ha fatto sì che il giovane Michelstaedter passasse alla storia come “filosofo della morte” o “esistenzialista depresso” e non per la sua accettazione piena del dolore, esperita ed espressa in un altruismo cosmico e radicale. È bene rimettere insieme i tasselli mancanti, dando il quadro completo di un giovane uomo che ha accettato il suo destino fino all’ultimo: fino a che l’allucinazione, la follia, non hanno preso il sopravvento”. Sia la Prefazione di Andrea Comincini, filosofo e scrittore, sia l’Introduzione della stessa Chiara Pradella, cercano di smantellare le precedenti tesi del premeditato suicidio di Michelstaedter, in un’appassionata ricerca della Verità, entrambi animati dall’ammirazione e dalla profonda conoscenza del suo pensiero. Pregevole anche la postfazione del cantautore Roberto Kunster in lode del giovane goriziano.
Rigettando la tesi del suicidio “metafisico”, ma anche l’ipotesi di una tara di famiglia o quella di un litigio con sua madre, l’autrice ci fa rivivere il percorso della sua indagine attraverso documenti, foto, libri e conoscenti ancora in vita, dimostrando come non ci fosse in realtà intenzione di suicidarsi, poiché Carlo amava la vita pur nel dolore. La morte avvenne quindi solo per un incidente causato dalla sifilide (malattia allora piuttosto diffusa) che ne aveva minato la mente. Secondo C. Pradella purtroppo la tesi del suicidio per anni ha influenzato in modo fuorviante la valutazione delle sue opere. Davvero lodevole quindi l’indagine dell’autrice che si è anche battuta per salvare dall’incuria la soffitta del palazzo Paternolli di Gorizia dove ai primi del’900 il giovane filosofo studiava, pensava, scriveva, disegnava e incontrava i suoi amici più cari, Nino e Rico. Come risulta dall’Epistolario, la breve vita del giovane goriziano scorreva con ardente desiderio di vivere sempre illuminata da una “fiamma” che lo portava ad esplorare diversi linguaggi e mezzi espressivi, spaziando dalla pittura alla poesia fino alle vette della filosofia. In “La Persuasione e la Rettorica”, la sua tesi di laurea, per Carlo Persuasione significa giungere al possesso di se stessi, in quanto “persuaso è chi ha in sé la sua vita”, mentre Rettorica è l’apparato di sovrastrutture di vario genere che ostacola la persuasione. Senza dubbio l’autrice ha il merito di aver ridato luce al suo messaggio positivo: “Lavora su te stesso, fai quanto ti è più possibile per riuscire ad andare avanti in autonomia; però ricorda che la fiamma che riuscirai a sprigionare con il tuo essere non sarà solo utile a te, ma anche a illuminare il cammino di tutti quelli che ancora non sono stati capaci di crearla, la scintilla". Chiara Pradella, dottoressa in Scienze dell’Educazione, in Filosofia, con un Master in Consulenza Filosofica, si dedica da diversi anni allo studio di Carlo Michelstaedter, al quale ha dedicato anche il suo ultimo libro Esistimi Giovanna D’Arbitrio Diritti di copyright riservati |