Rubrica: LETTURE CONSIGLIATE |
Serenata senza nome - Notturno per il commissario Richiardi- ed. Einaudi 2016
Maurizio De GiovannI e la sua Serenata NapoletanaUn giallo che si ispira alla nota canzone napoletana
di
venerdì 2 settembre 2016
Argomenti: Recensioni Libri Argomenti: Maurizio De Giovanni Si ’sta voce te sceta ’int’ ’a nuttata,
“Voce ‘e notte”, la canzone in cui l’innamorato canta la serenata alla donna amata che ha sposato un altro uomo, è una sorta di leitmotiv intorno al quale si dipana la trama di “Serenata senza nome”, il nuovo romanzo di Maurizio De Giovanni, il bravo giallista napoletano ormai conosciuto non solo in Italia, ma anche all’estero dove tutti i suoi libri sono tradotti o in corso di traduzione in Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, Russia, Danimarca e Stati Uniti. Nato a Napoli nel 1958, dove vive e lavora, cominciò ad affermarsi nel 2005 quando vinse un concorso per giallisti esordienti con un racconto ambientato nella Napoli anni ’30, focalizzato sulla figura del commissario Ricciardi intorno al quale egli elaborò in seguito una serie di romanzi (Ed. Einaudi), come Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro. Ottenne poi il Premio Scerbanenco con Il metodo del Coccodrillo (Ed. Mondadori 2012) in cui predomina il personaggio dell’ispettore Lojacono che comparirà anche nella serie dei Bastardi di Pizzofalcone, ambientata nella Napoli contemporanea (Ed. Einaudi ) che include Buio (2013), Gelo( 2014), Cuccioli (2015). Nel 2014, sempre per Einaudi, De Giovanni ha pubblicato anche l’antologia Giochi criminali (con Giancarlo De Cataldo, Diego De Silva e Carlo Lucarelli). Nel 2015 è uscito per Rizzoli il romanzo Il resto della settimana e per Einaudi nel 2016 Il metodo del coccodrillo. Ecco la recensione di IBIS che cerca di descrive sia l’autore che il suo ultimo romanzo, sulla quale in verità sono d’accordo solo in parte: “De Giovanni prende un’ambientazione da cartolina e la ribalta, calando il lettore in una Napoli gelida, insolitamente plumbea e fiaccata da un autunno opprimente, su cui incombe l’ombra di un delitto passionale: “Il cadavere era di un uomo grande e grosso, riverso di lato, le braccia strette al petto e le ginocchia contro il ventre. Il vestito che indossava era di buona fattura, e il soprabito, aperto, pareva nuovo e costoso, anche se sporco di fango. Poteva avere una cinquantina d’anni, forse meno. Il volto era tumefatto e la tempia sinistra recava una strana depressione... Napoli d’ottobre è un incanto. Un mese perfetto per visitare la città vigilata dal Vesuvio, il bell’addormentato. Il clima è mite e le sere rimangono tiepide, nonostante, di tanto in tanto, dal mare si levi un pungente venticello a raffreddare i bui anfratti del centro storico, dove, se catapultati negli anni del Ventennio, avremmo ancora la possibilità di assistere a una serenata. Al cospetto delle sinuose guglie barocche del rione Mater Dei, troveremmo dei coloriti guitti intonare languidi inni amorosi, accompagnati da improvvisate orchestrine di chitarre e mandolini, spesso oggetto degli improperi di chi non aveva alcuna intenzione di essere svegliato dagli indolenti latrati dell’innamorato”. L’autore ha già saputo in passato giocare con gli stereotipi della bella Partenope, restituendoci anche stavolta una Napoli dall’atmosfera insolita, che a tratti sembra Trieste o il soggetto di una tela di pittura metafisica. Ricciardi stesso, laconico gagà di provincia, incarna un ideale di napoletanità ben diverso dall’immaginario comune. Il commissario è schivo, perennemente tormentato da una malinconia che non ne vuole sapere di andarsene. Potrebbe evitare di darsi da fare, dati i nobili natali e le ingenti ricchezze, ma si è messo in testa di lavorare per la Polizia. Unica concessione al folklore autoctono è l’immancabile caffè in tazzina bollente al Gambrinus, nonché la compagnia del tragicomico Brigadiere Maione, il suo Watson, una macchietta ossessionata dal cibo e da altre sciocchezze mondane. Il commissario non ha tempo di pensare a certe quisquilie, perché quando indaga viene colto da una furia compulsiva, causatagli dal Fatto, il dono di captare le ultime parole dei deceduti su cui indaga. Il tormento di quelle voci lo getta in un vortice di emozioni tale che, se rimanesse fermo, ne verrebbe sopraffatto. L’unico farmaco è indagare non stop. In questo romanzo dovrà affrontare, oltre al caso, lo spettro dell’anaffettività, un vuoto che lo sta lacerando da troppo tempo e che forse sarebbe opportuno riempire con una bella dark lady. Come negli altri romanzi della serie, e invero peculiarità del genere, l’indagine è un pretesto per tratteggiare ulteriormente la caratterizzazione del protagonista e di conseguenza a un delitto passionale non potrà che corrispondere l’innescarsi di sentimenti travolgenti nell’altrimenti mite Ricciardi. Il motore della trama è il ritorno in Italia di Vinnie Sannino, un affermato pugile da giovane emigrato negli States. Aveva lasciato la bella Concettina con la promessa che una volta tornato l’avrebbe resa sua sposa e madre di numerosa prole. La ragazza non ha saputo aspettare, preferendo sistemarsi nell’immediato con un ricco commerciante. Invano il ricorso alla gelida serenata ottobrina sotto casa dell’amata. Le lacrime versate non hanno sortito alcun effetto, se non destare la curiosità degli astanti e l’empatia dell’orchestrina, raramente testimone di una prova d’amore tanto struggente. Il marito di lei chiaramente non apprezza le attenzioni. Coincidenza vuole che qualche giorno dopo venga trovato morto, con la tempia sfondata da quello che sembrerebbe un jab scagliato da un vero professionista. Il caso pare di facilissima soluzione, il movente e la dinamica del delitto sono lampanti. Tuttavia al commissario qualcosa non torna, le ultime parole dei defunti spesso sono enigmatiche e poco utili alla risoluzione del caso, ma stavolta sembrerebbero scagionare il sospettato. Per Ricciardi si prospetta una settimana difficile. Confesso in tutta sincerità che non sono un’amante dei gialli, ma leggo con piacere i libri di De Giovanni. Credo di essere attirata dalle sue opere semplicemente perché sono “napoletana” e trovo in esse un’identità precisa di riferimento che trascende il racconto in sé. Si respira “aria di Napoli” in ciò che scrive e descrive: siano essi aspetti negativi o positivi, sono comunque “aspetti veri” di una città, e soprattutto di un popolo, che non ha perduto la sua “identità”, come l’autore stesso afferma in questo video: https://www.youtube.com/watch?v=BWj... Ho ritrovato infine in questo romanzo l’eterno “tema del migrante”, profondamente impresso nel DNA della gente del Sud, accompagnato dalla nostalgia per la propria terra, dal desiderio di ritornare per ritrovare persone e luoghi amati e infine dalla delusione nel costatare che il tempo spazza via tutto con inaspettati cambiamenti. P.S.Ecco la bella canzone “Voce ‘e notte”: Diritti di copyright riservati |