In questa epoca di transizione (non solo politica) si assiste a numerosi tentativi di predisporre posizioni più utili per poter meglio affrontare le inevitabili novità che si preannunciano a cominciare da quelle economiche ma non escluse quelle culturali. Con un articolo sull’ “Unità” (nettamente migliorata dalla direzione Sardo) Michele Prospero ha rivendicato significato e valore dell’azione di Togliatti, specie nel delicato periodo decisivo 1944-47. Ad Antonio Carioti tale lettura non è piaciuta ed ha obiettato – sulla “lettura” del “Corriere” – che attribuire al “migliore” il merito di aver impostato una linea democratica autonoma significa togliere il merito di aver compiuto tale operazione a Berlinguer.
- Badoglio e Togliatti
- Il Capo del Governo generale Pietro Badoglio e Palmiro Togliatti fotografati a Salerno nell’aprile del 1944 – Foto ALINARI
In effetti la scelta del PCI di entrare nell’ultimo governo Badoglio (criticata da socialisti e da azionisti) si dimostrò una “geniale” intuizione che – come proprio un noto storico comunista ebbe ad osservare – solo due personalità come Stalin e Togliatti possono aver pensato, ipotizzato e realizzato: l’operazione del 1944 si rivelò di grande efficacia perché consentì al partito legato a Mosca di inserirsi a pieno titolo nel’azione politica nell’Italia nel regime armistiziale sì da creare ex novo la sua organizzazione in un paese che si apriva all’esperienza democratica, e così di acquisire subito un ruolo primario nella lotta politica.
- Palmiro Togliatti 1950
Non a caso, a noi sembra, Prospero ha parlato di quel triennio. Si pensi che proprio allora, non a caso, si venne a collocare anche il ruolo primario del partito dei cattolici. Ebbene, Togliatti aveva “studiato” e scelto la linea politica a cui l’Urss era particolarmente interessata anche perché aveva ancora il suo proprio responsabile nel Comitato di controllo sull’Italia vinta da parte dei governi alleati, cui era affidata non solo la supervisione ma anche l’amministrazione del paese vinto.
- Copertina del Time con de Gasperi 1948
Ebbene verso la fine di quel periodo (1947) gli Stati Uniti chiesero a De Gasperi – che aveva appena escluso dal governo i comunisti – di poter mantenere in Italia, al termine del periodo armistiziale e prima del ritiro delle truppe alleate, se non reparti militari, almeno consulenti militari in modo di poter meglio seguire (e quindi controllare) la vita politica italiana in vista delle prime elezioni politiche.
Dagli studi su quel periodo storico risulta (c’è tra l’altro un documentato libro di Pietro Pastorelli) come De Gasperi (dopo aver consultato il suo numero 2, Piccioni, nonché il Ministro dell’Interno Scelba), rifiutò quelle richieste, e motivò tale netta posizione con l’osservazione che, proprio per meglio affrontare le elezioni la D.C. non poteva accettare neppure la presenza di consulenti perché tale presenza sarebbe stata argomento contro la D.C. nella campagna elettorale, precludendo la possibilità di ottenere un buon risultato (come in effetti poi avvenne).
Ecco: la nostra osservazione è che contemporaneamente PCI e DC compirono i passi fondamentali per acquistare il rilievo dominante nella politica italiana. De Gasperi, chiarendo il carattere “laico” ed innovativo (rispetto al partito popolare) della nuova formazione, diventa la guida del governo e Togliatti avviando un corpo organizzativo coeso, largamente aperto alle masse popolari – come si vide particolarmente nel periodo 1943-1948. Le ricerche di Patrizia Salvetti (nell’opera collettanea “La ricostituzione dei partiti democratici”, 1978) sull’organizzazione del partito mostra la ricchezza, vivacità e compiutezza operativa delle iniziative nazionali e locali del partito “nuovo” creato dal “migliore”, in grado di penetrare in un’ampia cerchia di ambienti sociali.
- Berlinguer XIII congresso
Quanto ad Enrico Berlinguer si può ricordare che egli, come il fratello maggiore Giovanni, quando erano in Sardegna nell’inverno 1943-44, si iscrissero al PCI ancor prima della liberazione di Roma, e quindi ebbero modo di vivere in prima persona (dopo un breve iniziale comportamento di Enrico tanto vivace da suscitare l’interessamento delle autorità del tempo), proprio l’esperienza del partito di Togliatti, con una scelta che prendeva atto della posizione particolare di un partito comunista in un paese destinato al controllo e nell’ambito dell’Occidente. Non quindi una opzione di timbro estremista come quella che poi rivendicheranno tragicamente i terroristi rossi negli anni ’70, ma una azione costruttiva nazionale da svolgere tenendo conto della complessa situazione internazionale.
- Berlinguer giovane
E il giovane Berlinguer avrà tempo di “crescere”, mostrare ed assumere un ruolo primario nel partito forgiato dalla tempra e dal ruolo internazionale di Togliatti, sicché, pur nel seguito delle tragedie (a cominciare da quella ungherese) vissute dal comunismo, potrà operare – quando matureranno nuove condizioni internazionali (Helsinki, 1975) per caratterizzare l’azione successiva su una prospettiva di autonomia – come ben ha spiegato Guerra nel libro sulla “solitudine” di Berlinguer – proprio perché le premesse erano state poste nel fatidico triennio della nascita del sistema politico (come reca il sottotitolo del libro in cui appare la ricerca della Salvetti).
- Togliatti De Gasperi Nenni
Tutto si tiene: ecco perché si può sostenere che il fronte comune De Gasperi-Togliatti (e le scelte allora compiute) costituì, in un certo senso, se vogliamo attenerci al reale susseguirsi del corso storico e non seguire l’altalena delle illusioni ideologiche, una delle principali matrici della repubblica italiana, come mostrerà il successivo svolgimento dei fatti. Due politici lungimiranti e appunto perciò “previdenti” (per Togliatti lo si potrà intravedere anche nella breve stagione della giovanile milizia socialista, scarsamente studiata), pronto a cogliere le opportunità per meglio collocare i partiti di cui erano leaders.