I lettori più esperti conoscono anche Gogol, Puskin, Bulgakov o Lermontov; magari Pasternak e Gonkarov. Veramente difficile pensare altri nomi possano risultare familiari. Uno che manca all’appello, e invece dovrebbe meritare maggior risalto, è certamente Pavel Nilin, giornalista e scrittore ahimè poco noto o pressoché sconosciuto.
La casa editrice Readerforblind ha dunque un doppio merito nell’aver pubblicato Crudeltà, romanzo non certo da meno di tante opere presenti nelle biblioteche delle nostre case. Di cosa parla? La trama è molto semplice: in un piccolo villaggio della Siberia sovietica alcuni poliziotti devono arrestare una banda di furfanti capace di portar soqquadro nel nuovo mondo appena sbocciato, la repubblica socialista dei soviet. Protagonista principale è Veniamin Malyšev, detto Ven’ka, giovane ventenne dai grandi ideali e presto, come tutti i ragazzi a quell’età, inevitabilmente invaghito di una ragazza locale, Jul’ka. Con lui vari colleghi e figure di secondo piano, soprattutto morale, tra le quali Jakov Uzelkov, giornalista assetato di successo e dai connotati cinici e volgari.
Il giudizio del primo è già una fotografia del secondo: “Da tempo ho notato che quelli che più si danno arie, e senza un vero motivo si comportano in modo insolente e provocativo, quasi sempre sono individui afflitti dalla consapevolezza della loro inferiorità” (p.16)
È una storia che si intreccia, come dicevamo, alla cattura dei banditi: il lettore dovrà aspettare un lungo inverno, e l’autore invece potrà approfondire le sfumature segrete dei suoi personaggi. Se infatti il mondo interiore è certo un fiume che attraversa ogni pagina, ci sono almeno altri due protagonisti da registrare. Il primo è quel periodo post rivoluzionario, dove giovani membri del Komsomol (i giovani comunisti) e le terre da “redimere” si troveranno per la prima volta a dover fare scelte inequivocabili – ma è proprio adesso il momento in cui la luce e l’ombra si confondono, gli ideali di giustizia e la real politik non sembrano più coincidere. Ven’ka osserva tutto, ed è convinto del nuovo futuro: “Con gli sci tracciò sulla neve un ampio cerchio. “Hai visto, sembrano uomini e vivono come orsi, se non peggio… Non hanno prospettive. Con il comunismo, però, non vivranno più così”. (p. 144).
Comunismo e verità sono ormai indissolubili nella sua testa giovane, e conseguentemente mentire non solo è inutile, ma antirivoluzionario. Sarà così? Il risveglio è doloroso, crudele. Ven’ka scoprirà a proprie spese quanto “la verità” non sia un faro ma spesso un ostacolo da rimuovere, e la sua caccia si trasformerà in un gioco di ruoli, dove la nobiltà d’animo un tempo stabilita con estrema chiarezza, scivolerà anche dal lato del nemico. Ma chi è il nemico?
“In fondo alla taiga, tra qualche parte tra le sue fitte selve remote, al riparo tra tronchi resinosi o di lastre di pietra segnate dalle piogge e dai venti e dal gelo, i grossi orsi siberiani si celavano nelle loro tane soffocanti. Allo stesso modo, chissà dove tra le nevi, si nascondeva con la sua banda numerosa e introvabile il famoso Kostja Voroncov, l’intrepido figli odei kulaki” (p. 95)

- Pavel Nilin
Se un altro protagonista, come si è detto, emerge prepotente, questi è certamente il bandito, ma soprattutto la taiga russa, la Siberia. Le atmosfere lente e silenti, gli stivali con le racchette che affondano nella neve non descrivono soltanto un tempo meteorologico ma mostrano uno stato d’animo, persino psicologico, di un paese diviso tra tradizione e modernità, libertà e dittatura, e avvinghiato nelle fauci di un orso primordiale che graffia l’anima più delle carni. Quanto resta è incapacità di vedere oltre: “Nebbia. Solo nebbia. In tutta la nostra vita non c’è che nebbia”, disse Lazar’ Baukin”- altro personaggio carismatico e sfuggente, le cui parole tratteggiano proprio questa indecifrabilità del divenire.
Nella preziosa introduzione al romanzo la Prof. ssa Nocera, esperta di cultura russa e di Dostoevskij in particolare, riflette su un tratto dell’opera molto importante: “Tutto il racconto va visto sotto il prisma della menzogna, della storia come “impostura” necessaria, delle bugie a fin di bene che servono affinché il corso della storia si compia”.

- nina_nocera.
Ebbene, non c’è forse crudeltà maggiore se non quella in cui a pagarne il conto sia proprio l’uomo, colui che dovrebbe essere il beneficiario ultimo di quel compimento? Ven’ka, e il popolo russo, custodiscono la risposta sotto una coltre di sangue e neve.