Con la partecipazione, tra gli altri, di Hiam Abbass, Saleh Bakri, Dafer L’Abidine, Yasmine Al Massri, Billy Howle, Liam Cunningham, Robert Aramayo e Jeremy Irons, il film è il frutto di una produzione tra Palestina, Regno Unito, Francia, Danimarca, Norvegia, Qatar, Arabia Saudita, Germania.
È il 1936, i villaggi della Palestina mandataria dell’impero coloniale britannico si ribellano, Yusuf viaggia tra la sua casa di campagna e l’inquieta energica città di Gerusalemme, lavora presso un ricco pasha come segretario e vorrebbe costruirsi un futuro oltre i crescenti disordini, la storia è implacabile e sarà costretto a prendere una posizione nonostante il suo carattere pacifico. Da una parte c’è il malessere degli operai del porto, sottopagati e costretti a lavorare 10/12 ore con un salario inferiore agli operai polacchi ebrei, dall’alta le tensioni ni villaggi in campagna dove il crescente numero d’immigrati ebrei (in fuga dall’antisemitismo in Europa) che stanno costruendo fortilizi, occupando le terre coltivate da secoli dai palestinesi, distruggendo le culture esistenti e sparano contro chiunque si avvicini.
C’è poi il governo britannico che improvvisamente pretende dai contadini dei documenti sulle terre, mentre per secoli non era stato necessario. I pasha (ricchi proprietari terrieri palestinesi) spesso si fanno corrompere. I contadini saranno espropriati delle terre e delle case. Inizia una delle più grandi e lunghe rivolte contro il dominio trentennale della Gran Bretagna portando a una collisione all’arrivo dell’esercito e dei carri armati che si macchiano di violenze ed omicidi nel tentativo di costringere i rivoltosi ad accettare la situazione. La rivolta durò tre anni e fu la più grande rivolta anticoloniale, la Royal Air Force mitragliò le campagne e migliaia di palestinesi furono imprigionati, picchiati e i leader esiliati.
La pre-produzione del film è iniziata nel gennaio 2023, preparando una miriade di location in tutto il paese, cucendo e ricamando costumi e abiti del villaggio, raccogliendo vecchi oggetti di scena da ogni parte e ristrutturando e restaurando un intero villaggio, tra cui la semina di campi di colture obsolete e la costruzione di vecchi veicoli e armi da guerra britannici, per un film molto ambizioso mai realizzato in Palestina. Dopo la tragedia del 7 ottobre, la produzione si è trasferita in Giordania e solo nel novembre del 2024 sono terminate le riprese.
Il racconto si sviluppa attraverso la storia di un gruppo di personaggi in modo intimo, crudo e personale, le loro vite s’intrecciano come un ricamo, perché ognuno di loro è in qualche modo collegato all’altro, anche se solo idealmente, ognuno si trova a confrontarsi con un momento di cambiamento inaspettato che li costringe a scegliere.
La regista palestinese Annemarie Jacir ha commentato citando le parole di un poeta di Gaza Ne’ma Hasan: «”Quando le strade sono bloccate, disegna una nuova mappa". Questo è diventato il nostro stile di vita, un concetto che abbiamo imparato dai nostri genitori e nonni. Alimenta tutto ciò che facciamo; andare al lavoro, andare a un appuntamento dal medico, far visita alla famiglia, girare un film…». Un film che andrebbe proiettato nelle scuole, nelle università, ovunque possa parlare a tutte le generazioni, speriamo che presto sia stabilita una data di uscita nei cinema italiani, è un atto doveroso ascoltare il punto di vista di quel popolo che ancora sta soffrendo, soprattutto attraverso un film poetico, corale, drammatico, commovente, perché “ogni bella poesia è un atto di resistenza".