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BEATO ANGELICO: una mostra imperdibile.

Firenze celebra il grande artista a Palazzo Strozzi e nel Museo di San Marco
martedì 21 ottobre 2025 di Nica Fiori

Argomenti: Mostre, musei, arch.


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Con le sue meravigliose pitture caratterizzate da colori intrisi di luce radiosa, tanto che alcuni studiosi d’arte nel passato si sono chiesti se la sua fosse solo tecnica o non piuttosto riflesso della santità, Beato Angelico (Guido di Piero, poi fra’ Giovanni da Fiesole, nato a Vicchio di Mugello nel 1395 e morto a Roma nel 1455, beatificato nel 1982 da Giovanni Paolo II) affascina i numerosi visitatori della straordinaria mostra a lui dedicata a Firenze, nelle due sedi di Palazzo Strozzi e del Museo di San Marco.

Che questa esposizione avesse le carte in regola per trasformarsi in un evento memorabile lo si era capito ancora prima della sua inaugurazione, perché basata su un progetto di ricerca e preparazione di oltre quattro anni, che ha permesso di riunire più di 140 capolavori tra dipinti, disegni, miniature e sculture, provenienti da 80 prestatori, tra cui il Louvre di Parigi, il Metropolitan Museum of Art di New York, l’Alte Pinakothek di Monaco, i Musei Vaticani.

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BEATO ANGELICO: una mostra imperdibile

L’esposizione, visitabile fino al 25 gennaio 2026, affronta in maniera completa la produzione, l’evoluzione stilistica e l’eredità dell’arte di Beato Angelico, in dialogo con pittori come Lorenzo Monaco, Masaccio, Benozzo Gozzoli, Filippo Lippi e scultori quali Lorenzo Ghiberti, Michelozzo e Luca della Robbia. A cura di Carl Brandon Strehlke, con Stefano Casciu e Angelo Tartuferi, “Beato Angelico” è la prima grande mostra a Firenze dedicata all’artista dopo settant’anni dalla monografica del 1955. Si tratta di un’operazione di eccezionale valore scientifico e importanza culturale, grazie anche a un’articolata campagna di restauri e indagini scientifiche e alla riunificazione di pale d’altare smembrate e disperse da più di duecento anni.

Secondo Stefano Casciu questa rassegna rappresenta “un punto di arrivo imprescindibile per gli studi e le ricerche sul Beato Angelico”, e allo stesso tempo è “il trampolino per futuri e appassionanti nuovi sviluppi e prospettive su uno dei massimi protagonisti dell’arte occidentale”. Carl Brandon Strehlke nel suo saggio introduttivo alla mostra (catalogo Marsilio editore) cita una frase di Elsa Morante (in “Il beato propagandista del Paradiso”, 1970), nella quale la nota scrittrice nutriva qualche dubbio sulla reale partecipazione dell’Angelico alla rivoluzione delle arti durante il Rinascimento, e risponde che “In questa mostra intendiamo affermare che sì, Fra Giovanni vi ha partecipato”.

Si potrebbe aggiungere che il suo contributo fu enorme e sarebbe riduttivo considerarlo solo un santo ispirato. Come aveva già evidenziato Giulio Carlo Argan nel 1955, è proprio l’Angelico che “tra il realismo di Donatello e le teorie di storicità dell’Alberti, ha creato il compromesso del naturalismo, aprendo così la via a un’arte che non è più una rappresentazione immobile, ma, al contrario, un discorso animato, un colloquio umano”. Egli ha tracciato la strada che sarebbe stata seguita dagli altri grandi pittori narratori del Quattrocento, e la sua resa della prospettiva, la purezza dei volumi e la luce sono stati fondamentali anche per il giovane Piero della Francesca.

Questa mostra riunisce numerose parti superstiti di alcune pale, come quelle commissionate da Cosimo e Lorenzo de’ Medici per la chiesa di San Marco, dalla famiglia rivale Strozzi per Santa Trinita, dalla Compagnia di San Francesco per Santa Croce e da importanti committenti femminili, quali le monache domenicane osservanti per il convento di San Pietro Martire e la nobildonna Elisabetta Guidalotti per la chiesa di San Domenico a Perugia.

Particolarmente significativa appare l’operazione che ha permesso di esporre ben 17 pezzi, sui 18 che si conoscono, della Pala di San Marco (1440 ca.), che era stata scomposta e rivenduta a pezzi nell’Ottocento. L’opera è uno dei più antichi esempi documentati di Sacra Conversazione, dove cioè i santi sono rappresentati attorno alla Vergine in maniera naturale, come se stessero conversando.

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Nei pannelli della predella una narrazione semplice e lineare racconta la storia dei santi Cosma e Damiano, protettori della famiglia Medici, in quanto medici loro stessi. Queste tavole, provenienti da musei europei e americani, sono in larga parte autografe dell’Angelico e ricche di invenzioni da un punto di vista compositivo, luministico e del colore.

Tra le altre opere di commissione medicea presenti in mostra compare anche la Pala di Annalena (1445 ca., Museo di San Marco), della quale non si conosce la sua collocazione originaria, e l’Armadio degli Argenti, commissionato da Piero il Gottoso intorno al 1450 per la basilica della SS. Annunziata, con ben 35 tavolette superstiti relative alla vita di Gesù.

La celebre Pala di Santa Trinita è stata riportata all’antica bellezza grazie a un impegnativo restauro. Commissionata dal banchiere Palla Strozzi in onore di suo padre Onofrio per la Sagrestia dell’omonima Chiesa, fu iniziata prima del 1425 dal frate camaldolese Lorenzo Monaco, autore delle cuspidi e della predella, e dopo la sua morte completata da Fra Giovanni (tra il 1429 e il 1432), con la “Deposizione dalla croce” al centro e santi e profeti nei pilastri. L’Angelico riuscì a far dialogare il suo linguaggio ormai moderno con quello gotico di chi lo aveva preceduto, creando un’opera di grande armonia. La Deposizione, che Vasari giudicò “fra le migliori che mai facesse annoverare”, appare come una scena teatrale, con ben 28 figure. In primo piano spicca, in particolare, un giovane inginocchiato vestito di rosso, identificato col Beato Alessio Strozzi, che sembra fare da intermediario tra l’osservatore e l’evento sacro. Il centro della scena è occupato dal corpo di Cristo deposto dalla croce, sostenuto da alcune figure che si affannano su due scale per sorreggerlo, affiancate dalle Marie dolenti, disposte sulla sinistra. La luce chiara e intensa dà risalto alle rifiniture in oro delle vesti dei personaggi e al prato lussureggiante in primo piano.

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Un altro restauro importante è stato quello del Trittico francescano (pala della Compagnia di San Francesco in Santa Croce), che era fortemente danneggiato e la cui Madonna è stata scelta come immagine guida della mostra. La pala venne commissionata nel 1429 dalla Compagnia di San Francesco, detta “del Martello”, e si tratterebbe dell’unica opera che Fra Giovanni, che era domenicano, eseguì per l’ordine rivale dei francescani.

Certamente non passano inosservati molti altri capolavori di celestiale bellezza, come Il Giudizio universale (1425-28, Museo di San Marco), la pala dell’Incoronazione della Vergine (Paradiso) (1435, Gallerie degli Uffizi), la pala con l’Annunciazione di Montecarlo (1432-35, San Giovanni Valdarno, Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie), tema questo che egli trattò più volte.

Beato Angelico vi ha inserito, come in altre Annunciazioni, la scena della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre (in alto a sinistra), sottolineando come la dannazione dell’umanità sia stata poi redenta attraverso il sacrificio di Cristo, la cui nascita è legata all’accettazione di Maria.

Un altro motivo iconografico tipico dell’Angelico è quello della Madonna dell’Umiltà, come per esempio quella del Museo Thyssen Bornemisza, con la Vergine col Bambino seduta per terra su un cuscino, accompagnata da simboli della sua purezza.

Particolarmente commoventi sono le raffigurazioni di Cristo che troviamo nei crocifissi sagomati, che sembrano delle sacre rappresentazioni stilizzate, e soprattutto nei Volti santi, tra cui Cristo come Re dei Re (1447-50, da Livorno, cattedrale di San Francesco), con le gocce di sangue che colano sul viso coronato di spine e gli occhi rossi. Quegli occhi che altrove appaiono bendati, per non vedere la violenza dell’uomo, come nelle immagini di Cristo deriso.

Il percorso a Palazzo Strozzi si snoda attraverso otto sezioni (Santa Trinita, Il nuovo linguaggio, San Marco, La Crocifissione sagomata, Volti santi, Le grandi committenze, Roma, I Medici), con un allestimento molto curato, comprendente anche le ricostruzioni grafiche delle pale smembrate.

Nel Museo di San Marco la mostra è allestita nella grande sala al pianterreno (quella che abitualmente accoglie alcune delle opere ora esposte a palazzo Strozzi), con una sezione dedicata agli esordi e al contesto in cui si formò l’artista. Si apre con la Pala di Fiesole, dipinta in forma di trittico intorno al 1420-23, al suo ingresso come frate domenicano nel convento di San Domenico. Tra le primissime opere a lui attribuite troviamo la Tebaide, databile al 1415-1420, la tavola di predella con l’Imposizione del nome al Battista, eseguita intorno al 1428-1430. La sequenza delle opere mostra l’evoluzione dell’artista, che da massimo esponente del tardogotico fiorentino giunge ad affiancare Masaccio nel ruolo di fondatore della pittura rinascimentale, come evidenzia il confronto in fondo alla sala della Pala di San Pietro Martire con il Trittico di San Giovenale di Masaccio.

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Dalle opere di altri artisti presenti in mostra sembrerebbe che l’Angelico, quando era ancora Guido di Piero, fosse più orientato verso le delicate morbidezze di Gherardo Starnina e l’eleganza di Masolino da Panicale, più che verso la pittura di Lorenzo Monaco, che pure è stato indicato come suo maestro, e sembrerebbe dimostrarlo, in particolare, l’accostamento dell’ispirata Madonna dell’Umiltà prestata dal Museo Nazionale di San Matteo di Pisa, alla Madonna del latte di Masolino, proveniente dagli Uffizi. In fondo alla sala si erge l’imponente Tabernacolo dei Linaioli, eseguito dall’Angelico tra il 1432 e il 1436, mentre la cornice marmorea è di Ghiberti.

Al piano superiore, nella Biblioteca del convento, è ospitata una preziosa selezione di manoscritti e codici miniati in una sezione dedicata all’Angelico miniatore e, ovviamente, il percorso prosegue con la visita del convento, dal Chiostro di Sant’Antonino, con l’affresco raffigurante San Domenico in adorazione del Crocifisso, alla Sala del Capitolo con la Crocifissione con i santi (l’affresco più grandioso, sia per dimensioni che per concezione, che l’Angelico ha lasciato a San Marco), quindi il Dormitorio e le celle al primo piano.

Poiché la mostra è suddivisa in due sedi, con biglietti e orari diversi (il Museo di San Marco, essendo statale, è chiuso il lunedì), qualcuno potrebbe essere tentato di saltare la parte espositiva di questo museo, ma sarebbe un errore; anzi il percorso dovrebbe cominciare, possibilmente, proprio da qui, perché il capitolo dedicato agli esordi del “Pictor angelicus”, con opere la cui attribuzione è controversa, è il più denso di novità dell’intera rassegna. Inoltre il convento, realizzato dall’architetto Michelozzo di Bartolomeo tra il 1437 e il 1443 su commissione di Cosimo de’ Medici, comprende una quantità impressionante di affreschi dell’Angelico, caratterizzati da un grande rigore formale.

Ci sorprendono soprattutto le immagini affrescate in ogni singola cella, tutte di profondo significato spirituale e simbolico. Certamente i domenicani, come anche i religiosi di altri ordini, potevano avere di norma piccoli crocifissi o quadri della Madonna o del santo del loro ordine, ma una tale abbondanza di affreschi non si era mai vista prima in un convento. Data l’assenza di documenti archivistici non possiamo sapere con certezza quale sia stato il peso dell’artista nella definizione di un simile programma iconografico, ma è probabile che l’esperienza e la fama di Fra Giovanni da Fiesole possa aver influito notevolmente nella decisione di affrescare tutte e 44 le celle, dislocate lungo tre corridoi.

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Fu proprio la fama di questi affreschi, eseguiti tra il 1438 e il 1445, a spingere papa Eugenio IV a chiamare l’Angelico a Roma nel 1445 a dipingere in Vaticano una cappella nell’antica basilica di San Pietro, poi distrutta. Il successore Niccolò V commissionò al frate la sua cappella privata (detta Niccolina) nel Palazzo Apostolico e nel 1452-53 il frate pittore tornò a Roma per realizzare varie opere in Santa Maria sopra Minerva, casa madre dell’ordine domenicano, ed è in questa chiesa che si trova il suo sepolcro marmoreo, un onore eccezionale per un artista a quel tempo.

Palazzo Strozzi https://www.palazzostrozzi.org/ Museo di San Marco https://museitoscana.cultura.gov.it...

 

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