Un’aura metafisica, straniata e sospesa, sembra avvolgere alcuni iconici edifici romani dipinti dall’artista Mauro Reggio ed esposti nella sua mostra “Ultrafisica”, ospitata dal 2 ottobre al 2 novembre 2025 a Palazzo Merulana, lo storico palazzo del rione Esquilino trasformato in sede museale e luogo di ritrovo culturale dalla sinergia tra la Fondazione Elena e Claudio Cerasi e CoopCulture. La mostra, a cura di Valeria Rufini Ferranti, è realizzata con l’organizzazione di Medina Art Gallery.
Potremmo chiederci giustamente cosa s’intenda per “ultrafisica”, se non ciò che va al di là di ciò che ci circonda, senza essere iperreale, ma piuttosto trascendendo la percezione che abbiamo della realtà. Le opere in mostra, tutti paesaggi romani, con qualche eccezione dedicata ad altre città, sono realizzate a olio su tela con una mano precisissima. Si va dagli affascinanti acquedotti romani e dagli scorci del Colosseo e del Pantheon, alle architetture metafisiche e quasi futuristiche del Novecento, con uno sguardo anche ad alcuni palazzi rinascimentali e barocchi.

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Si tratta di architetture decisamente affascinanti, rese dal pittore con una pulizia formale impeccabile, ma la perfezione tecnica da sola non è arte, mentre egli riesce a dare all’insieme una particolare potenza emotiva, legata anche alle scelte cromatiche. Del resto sappiamo bene che i colori variano nell’immaginario delle persone, perché il colore, prima di essere materia (ovvero pigmento), è un concetto.
La ricerca di questo artista, pertanto, si basa su un’ideale estetica strettamente connessa all’architettura e alla pittura, che va al di là del reale e che ricorda in parte le silenziose visioni delle piazze di Giorgio de Chirico e alcune opere fantascientifiche della cinematografia mondiale e della comunicazione di massa.
Mauro Reggio (nato a Roma nel 1971) in un’intervista di qualche anno fa, che si trova sul web, ha dichiarato che durante l’ultimo anno di frequentazione dell’Accademia di Belle Arti smise di dipingere le solite modelle e nature morte per focalizzare l’attenzione solo sul paesaggio urbano. “Quello che mi interessava era l’architettura dei diversi edifici di epoche e stili diversi e il loro accostamento forzato. Roma offre innumerevoli scorci con queste caratteristiche e quindi mi misi al lavoro dipingendo le varie archeologie che si relazionavano ad architetture del Barocco o al razionalismo novecentesco o alla Tangenziale Est, da molti considerata una sorta di ecomostro ma che a me da sempre ricorda il vecchio film Metropolis di Fritz Lang e suscita suggestioni surreali anche nel suo realismo ormai decadente”.

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“Per focalizzare con maggior attenzione le architetture dei soggetti scelti, da subito li ho spogliati dagli elementi per me estranei alla composizione e quindi le prospettive delle piazze e delle strade sono prive di uomini, automobili, insegne varie, cartelli pubblicitari”.
La cosa che colpisce maggiormente nei dipinti di Reggio è l’irrealtà del cielo, che più che al film “Il cielo sopra Berlino”, di Wim Wenders, sembra rifarsi alle atmosfere di “Blade Runner”, di Ridley Scott.
Nel film di Scott ci sono alcune sequenze dove si vede un cielo di colore arancio scuro, che Reggio ha deciso di utilizzare per molti suoi cieli, perché lo trova particolarmente fantastico e surreale. Allo stesso tempo è un colore pop perché molto forte e subito visibile. E innegabilmente l’effetto che egli ottiene accostando a un’architettura dell’EUR di un travertino bianco, come il Colosseo quadrato, un cielo arancione è decisamente pop.

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L’arancio accostato alla Torre piezometrica (serbatoio idrico) in via Giolitti o al Gazometro del quartiere Ostiense è pure di grande impatto ed esalta queste architetture novecentesche che fanno parte dell’archeologia industriale e che nei suoi quadri appaiono bellissime, mentre nella realtà sono inserite in contesti urbani molto degradati.

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Come ha evidenziato la curatrice della mostra nel suo testo di presentazione, si capisce che dietro alla ricerca di Reggio c’è un amore per quegli scenari stratificati che dall’archeologia classica fino al post-razionalismo hanno trasfigurato e inciso la memoria visiva di città come Roma e non solo. Ci sono gli innumerevoli progetti del grande architetto Sant’Elia, il vero padre dell’architettura moderna, che non vide mai popolare i propri edifici perché troppo futuristici per l’epoca in cui li aveva immaginati; ci sono le influenze sottili ma dirompenti del De Stijl, con le grosse campiture di colori a contrasto sulle facciate delle costruzioni; c’è Le Corbusier con il suo Modulor e un’architettura finalmente tutta a misura d’uomo.
Rifacendosi all’Aleph di cui parla lo scrittore Jorge Luis Borges, la curatrice vede la capacità geniale e visionaria di Reggio di intravedere e tramandare la visione istantanea di un “luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli”, che gli consente di squarciare il velo del possibile e mostrarci - simultaneamente - presente, passato, futuro, vicino e lontano.
Ciascuna inquadratura è come un fotogramma a volte distopico di una pellicola in cui il regista-pittore sceglie sapientemente angolazioni e prospettive, conscio di possedere una certa capacità visionaria se non addirittura futuristica.
Andando oltre la realtà attuale, l’artista immagina e raffigura oggi il futuro di domani: “stazioni, strade e palazzi, segno tangibile del passaggio dell’uomo, ne anticipano se non già la scomparsa, quantomeno l’assenza”.
Non c’è l’uomo nell’arte di Reggio, ma c’è ciò che egli ha costruito perché durasse, c’è il sentimento più volatile ma più duraturo di tutti: la speranza innata del domani.
Secondo il critico Giordano Bruno Guerri, che pure si è occupato del lavoro di questo artista, l’Avanguardia di Mauro Reggio ricorda quella di Gabriele D’Annunzio perché “entrambi animati dall’amore per il bello e per la classicità, usando le forme più tradizionali dell’espressione pittorica o poetica, creano nuove forme di Arte”.
Notevoli ed iconiche, le opere pittoriche di Mauro Reggio fanno parte delle più prestigiose collezioni pubbliche e private, italiane ed internazionali. La scelta di esporle a Palazzo Merulana è quella di farle dialogare con le opere della Scuola Romana e del Novecento italiano che costituiscono la Collezione Cerasi, esposta permanentemente nel Palazzo.
ULTRAFISICA, mostra di Mauro Reggio
Dal 2 ottobre al 2 novembre 2025
Palazzo Merulana, via Merulana, 121, Roma
Orario: da mercoledì a venerdì ore 12-20. Sabato e domenica ore 10-20
www.palazzomerulana.it