Ieri sera al Teatro Manzoni è andato in scena lo spettacolo che racconta in musica e parole gli ultimi anni di vita del grande cantautore Modugno, nella sua villa affacciata sul mare di Lampedusa, quel mare fonte di vita che aveva ribattezzato “la piscina di Dio” dove trascorrerà gli ultimi anni di vita.
Da un’idea di Melania Giglio, per la regia di Daniele Salvo, produzione Marioletta Bideri per bis Tremila Srl, lo spettacolo si apre con Domenico Modugno addormentato sulla sua sedia a dondolo davanti al mare, le note de “L’uomo in frac”, uno dei suoi più grandi successi internazionali si diffondono, come per magia, passano davanti ai suoi occhi i personaggi evocati dalle sue canzoni, come le immagini di un se stesso giovane.
Sta sognando la sua vita, dagli esordi ai più grandi successi, è l’inizio di un viaggio meraviglioso tra le sue note, mentre le immagini dei suoi tempi d’oro appaiono su un telo che divide il palcoscenico orizzontalmente alternate alle immagini oniriche e fantastiche di Marc Chagall, mentre un giovane Modugno sembra aver preso vita e canta in presenza, apparendo e scomparendo dietro il telo. In questo alternarsi di ricordi e canzoni, si inseriscono i personaggi della sua vita personale, la moglie Franca, il figlio Massimo, ricostruendo la genesi di canzoni, sentimenti, durezze. Viene fuori un ritratto realistico di quello che è stato uno dei più grandi artisti italiani di tutti i tempi che sapeva tradurre la Poesia in canto e l’emozione in musica.
Lo spettacolo, circa settanta minuti, è una vera e propria malia, che attraverso quelle canzoni è trasportato in un altro tempo. Bravissimi tutti, Pietro Longhi che interpreta Modugno con accanto Marta Nuti nel ruolo della moglie Franca, grande voce quella di Emilio Lumastro che interpreta sia il figlio Massimo che la versione giovanile di Modugno, eccezionale il virtuoso Giandomenico Anellino con la sua chitarra ad accompagnare dal vivo le canzoni.
Una riflessione sull’ultimo periodo di vita dell’artista che è allo stesso tempo anche uno sguardo in quella di ciascuno, mostrando la difficoltà d’accettare i limiti dell’esistenza non più nel fulgore, il ricordo o il rimpianto per quella giovinezza che anima ancora le emozioni, la difficoltà della malattia, la consolazione dell’amore e delle amicizie profonde, i rimpianti per una giovinezza passata sfolgorante.