Del resto sono diverse le discipline scientifiche che hanno trovato in questa città la sede per il loro sviluppo e spesso il loro momento fondativo e tuttora nel territorio di Roma c’è la più grande concentrazione di università scientifiche (tre statali e una quarantina di private) e di centri di ricerca e laboratori d’Italia.
Dal 2019 esiste a Roma il Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi, dedicato a uno dei momenti più brillanti della fisica italiana, quando, negli anni ’30 del Novecento, vennero effettuati a Roma i primi esperimenti di fisica nucleare che fecero vincere a Fermi il Nobel nel 1938 per “l’identificazione di nuovi elementi della radioattività e la scoperta delle reazioni nucleari mediante neutroni lenti”.
Enrico Fermi (1901-1954) è una delle personalità scientifiche più geniali del XX secolo, eppure ancora abbastanza sconosciuto nel nostro paese, a parte l’ambiente scientifico. Ben pochi sanno che era nato a Roma e che qui frequentò il liceo classico “Umberto I” (ora “Pilo Albertelli”), dove conseguì la maturità con una media superiore al nove a soli 17 anni.
Studiò Fisica alla Normale di Pisa dove già da studente godette di grande prestigio, tanto che gli venne chiesto di tenere conferenze davanti a diversi magnati. Dopo essersi laureato a 21 anni con una tesi sulla rifrazione dei raggi X, si recò in Germania e in Olanda per completare i suoi studi, quindi insegnò all’Università di Firenze.
All’età di 25 anni, nel 1926, ritornò a Roma a ricoprire la cattedra di Fisica teorica, dando vita qualche anno dopo al gruppo dei Ragazzi di via Panisperna (con Franco Rasetti, Emilio Segré, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo e saltuariamente Ettore Majorana), le cui ricerche segnarono la fisica moderna e fecero della capitale, almeno per un decennio, un centro propulsore della scienza.
Al 1934, in particolare, risalgono gli esperimenti di Fermi relativi alla produzione di radioattività artificiale mediante bombardamento degli elementi con neutroni. Scoprì così che il nucleo dell’uranio, esposto a neutroni lenti, si rompe in due pezzi, liberando tanta energia.
In seguito alla promulgazione delle leggi razziali, Fermi, che aveva sposato un’ebrea, decise di emigrare negli Stati Uniti, dove proseguì le sue ricerche e nel 1942 mise a punto la prima pila atomica per usi civili. In America godette fino alla morte (avvenuta nel 1954) di un prestigio eccezionale. In Italia, invece, non è stata capita fino in fondo la sua totale dedizione alla scienza. Più che per le sue scoperte, viene citato per il suo contributo alla realizzazione di ordigni nucleari che misero fine alla II guerra mondiale. Ma proprio per questo motivo, che può essere per alcuni oggetto di critica, può anche essere ammirato. Ebbe, in effetti, il coraggio di schierarsi in una situazione estremamente difficile. Più tardi, quando il pericolo nazista non era più incombente e altri proposero lo sviluppo della bomba all’idrogeno, mille volte più micidiale della bomba A, egli espresse il suo dissenso.
Ancora adesso il dibattito sulla scienza che deve essere condizionata o meno a regole di carattere etico è di grande attualità. Secondo Fermi “lo scienziato ha il dovere di affrontare problemi scientifici e tecnici con metodi obiettivi apertamente dichiarati, senza che pressioni politiche o di altro genere possano offuscare le sue conclusioni”. La scienza, per progredire, deve essere libera, anche se le sue conclusioni possono non essere indolori.
Questa, in breve, è la lezione di vita di un uomo che è riuscito con una ricerca continua a concepire nuove scoperte e a creare strumenti e tecnologie per metterle in pratica. La sua grandezza è riflessa del resto da tanti contesti in cui il suo nome compare a denominare importanti enti fisici, a partire dal “fermi”, l’unità di misura di lunghezza del microcosmo, all’elemento artificiale “fermio”, alla particella elementare “fermione”.

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Il Museo Enrico Fermi è collocato all’interno del Ministero dell’Interno (piazza del Viminale) e la visita guidata, tenuta da fisici e assolutamente gratuita, va prenotata sul sito (www.museum.cref.it). Pubblicazioni, quaderni di appunti, fotografie e alcuni strumenti impiegati dal gruppo di Fermi si alternano a filmati e installazioni con moderne tecnologie multimediali per gettare luce sull’uomo e sulle sue scoperte scientifiche, che vanno dalle ricerche sul nucleo alla radioattività indotta dai neutroni, al decadimento beta ai raggi cosmici, dalla prima fissione nucleare alla pila atomica e poi alla costruzione della bomba nei laboratori di Los Alamos, lungo un racconto che non può essere disgiunto da quello degli avvenimenti che hanno cambiato il XX secolo.
Oltre al lavoro di Fermi, viene ovviamente evidenziato anche l’operato dei componenti del suo gruppo di lavoro, contraddistinto dalla multidisciplinarità.
Purtroppo il trasferimento di Fermi in America segnò la fine della vicenda dei “Ragazzi di via Panisperna”, che nello stesso anno del premio Nobel, consegnato a Fermi nel 1938, aveva visto la misteriosa scomparsa di Ettore Majorana. L’anno dopo Franco Rasetti emigrò in Canada. Emilio Segrè fu costretto a lasciare l’Italia dalle leggi razziali e si stabilì in California, dove insieme a Fermi partecipò all’attività di ricerca per la realizzazione della bomba atomica, mentre Rasetti decise di dedicarsi ad altri studi (biologia). Segrè nel 1959 ricevette a sua volta il Nobel per la scoperta dell’antiprotone. Bruno Pontecorvo si trasferì a Parigi, poi negli Usa e infine in Russia (nel 1950). Del gruppo originario rimasero a Roma il chimico Oscar D’Agostino, che fondò il reparto di Radiochimica presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e successivamente nell’Istituto Superiore di Sanità, e il fisico Edoardo Amaldi, che contribuì alla nascita nel 1951 dell’INFN (istituto nazionale di fisica nucleare) e lanciò il progetto di un laboratorio dotato di un acceleratore di particelle.
Il percorso espositivo ha origine in una mostra presentata nel 2015 al Festival della Scienza di Genova, poi portata per alcuni mesi a Bologna, e infine allestita in maniera permanente al piano terra della storica palazzina di via Panisperna alla fine del 2019.
Ricordiamo che la palazzina è stata progettata e costruita come sede del Regio Istituto di Fisica dell’Università di Roma alla fine dell’Ottocento. Sotto la direzione dei fisici Pietro Blaserna e Orso Mario Corbino, divenne un vero e proprio “ambiente creativo” con il gruppo capeggiato da Enrico Fermi.
Nel 1936 l’Istituto di Fisica si trasferì nella nuova città universitaria di Piazzale Aldo Moro, e Orso Mario Corbino fondò a via Panisperna l’Istituto nazionale di Elettroacustica del CNR. A partire dal 1943 la palazzina di via Panisperna perse la sua funzione scientifica e, in seguito, diventerà sede dell’Archivio della Polizia di Stato. È solo nel 1999 che un gruppo di parlamentari si attivò per restituire la palazzina alla sua vocazione scientifica, e grazie alla legge n. 62 del 15 marzo venne istituito il Museo Storico e Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi.
L’intento del museo è quello di suscitare curiosità e consapevolezza secondo l’idea di una “educazione aperta” e un approccio integrato e multidisciplinare, in un dialogo continuo tra storia, didattica e divulgazione. Per questo il percorso del museo, che ha sede in un luogo della memoria storica, è accompagnato dal confronto con i ricercatori e le ricercatrici di oggi e non si ferma alla visita, ma continua con materiali da scaricare dal sito, visite ai laboratori, conferenze, partecipazione a festival e proposte per le scuole.

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