Immaginate di camminare tra i marmi perfetti di Bernini e le tele drammatiche di Caravaggio. Ora, provate ad alzare lo sguardo e incontrare creature ibride in bronzo sospese a mezz’aria, figure matriarcali che sembrano emergere dalla terra stessa, e mitologie afrofuturiste che dialogano silenziosamente con l’opulenza barocca. Questa non è una fantasia, ma la potente visione che Wangechi Mutu, una delle voci più influenti dell’arte contemporanea, porterà alla Galleria Borghese con la mostra "Poemi della terra nera", a cura di Cloé Perrone.
Il titolo della mostra è una dichiarazione d’intenti. La "terra nera" è materia primordiale: fertile, ricca, malleabile. È la terra bagnata dalla pioggia che si trasforma in argilla, pronta a essere modellata. Per Mutu, questa terra non è solo un materiale, ma una metafora del suo processo creativo. Le sue sculture sembrano nascere da questa forza generativa, portando con sé storie, ricordi e mitologie che affondano le radici nel suolo africano ma si proiettano in un orizzonte globale.
Questo intervento site-specific non si limita a occupare le sale, ma le abita, le interroga e le trasforma, estendendosi fino alla facciata e ai Giardini Segreti della villa. È un dialogo tra la classicità romana e cosmologie alternative, tra l’autorità della storia dell’arte occidentale e le narrazioni post-coloniali.
Come si inserisce un linguaggio così radicalmente nuovo in uno spazio iconico come la Galleria Borghese? Mutu non sceglie lo scontro frontale, ma strategie più sottili e potenti: la sospensione, la fluidità e la frammentazione.
All’interno del museo, le sue opere non nascondono la collezione permanente, ma la arricchiscono di nuovi strati di significato. Sculture come Ndege e Suspended Playtime si librano dai soffitti, sfidando la gravità e costringendo il visitatore a ricalibrare il proprio sguardo. Questo atto di sospensione è anche simbolico: mette in discussione le gerarchie narrative e materiali, suggerendo che la storia non è un blocco monolitico, ma un insieme di racconti che possono essere riorganizzati e riletti.
L’uso di materiali organici e mutevoli – bronzo, legno, piume, terra, cera, acqua, argilla – si contrappone volutamente alla permanenza del marmo e alla preziosità degli stucchi dorati. Il bronzo, in particolare, si spoglia della sua aura monumentale per diventare veicolo di memoria ancestrale, un materiale che parla di recupero e trasformazione.
All’esterno, la visione di Mutu si manifesta in tutta la sua forza scultorea. Sulla facciata della Galleria troveremo The Seated I e The Seated IV, le imponenti cariatidi moderne create nel 2019 per la facciata del Metropolitan Museum di New York. Queste figure femminili, regali e sicure, non sorreggono passivamente l’architettura, ma la presidiano, agendo come sentinelle di una nuova era, simboli di potere e resilienza femminile nera.
Nei Giardini Segreti, opere come Nyoka (serpente, in swahili) e Water Woman reinterpretano forme archetipiche come i vasi, trasformandoli in contenitori di vita e corpi ibridi, a metà tra umano e mitologico. Il tutto è amplificato dal video The End of eating Everything, che espande il linguaggio dell’artista in una dimensione immersiva e temporale.
La mostra incorpora anche il suono e la parola, come nel testo di The Grains of Words, tratto da un discorso dell’imperatore etiope Hailé Selassié, reso celebre dalla canzone War di Bob Marley. Un potente richiamo alla lotta contro l’ingiustizia razziale, dove il linguaggio si fa scultura e il suono diventa memoria.
Come sottolinea la direttrice della Galleria Borghese, Francesca Cappelletti, l’intervento di Mutu "ci spinge a guardare più intensamente e con più attenzione non solo alla creatività contemporanea, ma allo spazio e alle opere della Galleria". È un invito ad andare oltre la bellezza consueta, alla ricerca di "spiriti, fantasmi, trasformazione e poesia".
La mostra prosegue idealmente all’American Academy in Rome con l’opera Shavasana I, una figura in bronzo ispirata a un fatto di cronaca e alla posa yoga del "cadavere", che dialoga con le iscrizioni funerarie romane dell’atrio, amplificando i temi della morte, dell’abbandono e della dignità.
Con "Poemi della terra nera", la Galleria Borghese prosegue il suo coraggioso percorso di dialogo con il contemporaneo, dimostrando che un museo non è un contenitore statico di capolavori, ma un organismo vivo, capace di mettersi in discussione e rigenerarsi attraverso lo sguardo di artisti che, come Wangechi Mutu, sanno immaginare mondi nuovi.
INFORMAZIONI UTILI:
• Mostra: Wangechi Mutu - Poemi della terra nera
• Dove: Galleria Borghese, Piazzale Scipione Borghese 5, Roma
• Quando: Dal 10 giugno al 14 settembre 2025
• Sponsor ufficiale: FENDI
• Programma di incontri: Esistere come donna, organizzato da Electa con Fondazione Fondamenta.
• https://galleriaborghese.benicultur...