La pubblicazione, comprendente 1.614 quadri (tutti dipinti a olio dal 1958 al 2025), è stata promossa dall’Unione Europea Esperti d’Arte, Ente accreditato presso il Ministero delle Imprese, ed è a cura di Stefano Liberati, con testi di Giovanni Argan e Julie Borgeaud.
Dalla biografia di Ceccotti apprendiamo che è stato allievo di Oskar Kokoschka a Salisburgo nel 1956-57 e ha frequentato corsi di disegno all’Accademia di Francia a Roma. Pur non avendo mai fatto fatto parte di un gruppo artistico, può essere considerato un antesignano della figurazione italiana contemporanea, lungimirante erede della metafisica di Giorgio de Chirico e del realismo magico. Egli ha svolto la sua attività tra Roma e Parigi e in effetti nei suoi dipinti si riconoscono luoghi romani (per lo più periferici) e parigini. Ma indubbiamente prevalgono gli interni, dalle cui finestre si intravedono scorci sul paesaggio o su una realtà notturna dove si annida anche il pericolo, suggerito a volte da una figura che fa pensare a un’atmosfera noir, come nel caso del recente dipinto “Complicazioni notturne”, nel quale una figura femminile in tuta nera si sporge da un davanzale per sparare a qualcuno sulla strada, forse un signore che passeggia con il proprio cane, mentre un tram passa in lontananza.

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Ricordiamo a questo proposito che, a partire dagli anni ‘90, le sue opere vengono selezionate per illustrare le copertine di romanzi polizieschi, contribuendo a radicare nell’immaginario collettivo l’associazione tra l’estetica ceccottiana e la letteratura gialla. Ma già nel 1969 Cesare Vivaldi, scrivendo di lui, evidenziò quest’aspetto con le parole: “Per Ceccotti il mistero è tangibile, un virus pericoloso che deve essere isolato e studiato attraverso i vetrini di una materia pittorica elaborata e densa, pesante e, quindi, perciò stesso immunizzante”.
Un’ambientazione notturna, ma romantica, è presente anche nel dipinto scelto per la copertina del catalogo, un olio del 2024, intitolato “Preparando la cena”, che ci fa immaginare ciò che forse succederà tra la coppia in primo piano che siede a una tavola apparecchiata in una terrazza che si affaccia sul mare. La donna si accinge a fumare una sigaretta in una calda sera d’estate e accarezza la mano dell’uomo con un atteggiamento languido.

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C’è, in effetti, anche un certo erotismo nei suoi dipinti, più suggerito che manifestato apertamente e soprattutto ci sono oggetti (tazzine, torte, telecomandi, televisori, manifesti e quadri dentro il quadro) che evocano sensazioni e offrono lo spunto per immaginare una storia. Già definito “détective de la quotidienneté” (J.L. Pradel 1977) e “artisan de l’énigme” (P. Roegiers 1987), Philippe Soupault ha coniato per la sua pittura la definizione di “insolite quotidien”, proprio perché fa trasparire l’enigmatica ambiguità insita nella nostra quotidianità. Nel dipinto “In riva al lago” (1987, Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma), è la riproduzione di una mano di marmo col dito alzato (ispirata a quella colossale di marmo dei Musei Capitolini) che fa pensare a qualcosa di enigmatico in un contesto assolutamente normale.

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Sfogliando il catalogo, troviamo il dipinto intitolato “La robe verte” (2008, olio su tela), abbastanza noto in quanto scelto anni fa come immagine guida di una sua mostra del 2018 al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Lo sguardo del pittore s’introduce all’interno di una camera, con un camino spento sormontato da uno specchio, un televisore acceso, uno scrittoio, dove sono poggiati un cappello femminile e una borsetta, e un letto matrimoniale dove è steso un vestito verde, un cellulare e una guida di Parigi. È notte: da una finestra s’intravede la scritta illuminata a neon Hotel e dalla porta aperta sul bagno arriva una luce sbieca. L’ospite della stanza presumibilmente sta nel bagno, forse sola o, chissà, in compagnia del suo amante.
“Accanto al fuoco” (2010) è un quadro che evoca, invece, un’atmosfera domestica. Questa volta il camino è acceso e la sua luce aranciata illumina il pavimento. Una finestra si affaccia su un paesaggio notturno con dei pini (forse quelli di Villa Borghese). L’arredo, con una libreria, quadri, tende e tappeto, fa pensare a un’abitazione confortevole. Su una poltrona è steso un gatto e su un divano è seduta una donna elegante che sorseggia il caffè, con accanto una rivista di enigmistica. Nel vicino tavolino ci sono dei dolci su un vassoio, un telecomando e un mappamondo. La tv è accesa, ma la donna non la guarda e sembra immersa nei suoi pensieri.
Altri interni sono assolutamente privi di persone, ma sempre con oggetti che fanno pensare al loro passaggio precedente.
L’artista, presente nella Galleria Fidia, ha brindato con i numerosi ospiti intervenuti per festeggiarlo e ha dichiarato che, a dispetto dell’età, continua ininterrotto a dipingere. L’artista ha raccontato con una certa verve il suo modo d’intendere la pittura. Lo ispirano, come è intuibile, i romanzi gialli, vari fumetti, disegnati benissimo, che conserva gelosamente, e predilige le ambientazioni naturali, familiari, rassicuranti, ma che possono anche diventare imprevedibili. Ama i noir americani della sua adolescenza (anni 40-50 del Novecento) e, dal punto di vista figurativo, le luci e le inquadrature che risentono del cinema espressionista tedesco. La firma dell’autore è spesso nascosta fra i libri, i quotidiani, le insegne pubblicitarie che inserisce nelle scene raffigurate.
Oltre al cinema, nella poetica di Ceccotti sono presenti anche i rebus, con l’accostamento casuale dei più variegati oggetti e figure, e i fumetti, in particolare quelli di Diabolik. Un antieroe questo, creato nel 1962 dalle sorelle Giussani, che a distanza di tanti anni dalla sua ideazione è per Ceccotti ancora vivo e vitale, vicino alla sua creatività di artista, che non è mai banale.
Attraverso il “Catalogo generale dei dipinti”, come scrive Giovanni Argan, “emerge il profilo di un grande artista che ha saputo ammodernare la tradizione pittorica con una ricerca originale, incentrata sul citazionismo e sulla fusione di linguaggi artistici ‘alti’ e ‘popolari’. Con le sue opere enigmatiche, Ceccotti si è dimostrato un acuto interprete della società postmoderna e della relativa crisi delle certezze e dei valori assoluti.”