Dal 29 gennaio al 1° giugno 2025 sarà possibile immergersi nelle storie, letterarie e umane, legate a questo luogo attraverso dipinti, fotografie e documenti vari, selezionati tra le opere dei principali musei civici romani, come la Galleria d’Arte Moderna, il Museo di Roma, il Museo Napoleonico, la Casa-Museo Pietro Canonica e ovviamente il Museo ospitante. La mostra, promossa dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con i servizi museali di Zètema Progetto Cultura, è curata da Roberta Perfetti e Silvia Telmon ed è arricchita da un bel catalogo (Gangemi Editore).
Gli alberi, nelle loro varie forme, appaiono nella cultura, nel folclore e nei miti di molte civiltà, spesso associati a riti di fertilità. Anche l’aneddotica su Roma è ricca di riferimenti ad alcuni alberi, e alla particolare considerazione di cui godevano presso gli antichi Romani: basti pensare al “Ficus Ruminalis”, alla cui ombra vennero allattati Romolo e Remo, che fu oggetto di venerazione per molti secoli. Abbandonando le epoche leggendarie, altri alberi, come l’Arancio di San Domenico (il primo arancio portato a Roma, secondo la tradizione, dal santo spagnolo, presso il convento attiguo alla basilica di Santa Sabina all’Aventino), o il Cipresso di Michelangelo (piantato dall’artista nel Chiostro di Michelangelo, ovvero il chiostro grande della Certosa di Santa Maria degli Angeli, ora inserito nel Museo delle Terme), sono stati indubbiamente meta di pellegrinaggi sentimentali, ma è forse la Quercia del Tasso l’albero che ha riscosso maggiore successo tra i letterari e gli artisti, anche se oggi purtroppo possiamo vederne solo i resti rinsecchiti e corrosi dal tempo, imbracati in una sorta di monumento in muratura.
La Quercia del Tasso è situata su una rampa nella Passeggiata del Gianicolo, a due passi dal convento di Sant’Onofrio, dove l’autore della “Gerusalemme Liberata” risiedette negli ultimi mesi della sua vita fino alla morte che lo colse il 25 aprile del 1595, all’età di 51 anni. Come si legge nella lapide commemorativa del 1898 posta sul muretto di sostegno, “All’ombra di questa quercia, vicino ai sospirati allori e alla morte, Torquato Tasso ripensava silenzioso le miserie sue tutte”.
L’ultima fase della sua vita fu, in effetti, segnata da uno stato morboso che lo portava a continue incertezze, inquietudini, malinconie, nonché all’attesa spasmodica di una corona d’alloro in Campidoglio.

- Torquato Tasso
Ci piace credere che il frondoso albero alleviasse le sofferenze del suo animo tormentato e desse al poeta un idilliaco seppure effimero senso di pace, che solo la natura può offrire, nella quasi totale incapacità di comunicazione con gli altri uomini. Comunque la sua morte, che da alcuni artisti è stata raffigurata proprio nei pressi della quercia, fu probabilmente serena, come si legge in un documento dell’epoca, in quanto “accompagnata da una particolar grazia di Dio benedetto, perché in questi ultimi giorni le duplicate confessioni, le lagrime e insegnamenti spirituali pieni di pietà e di giudizio, mostrarono che fosse affatto guarito dall’umor malinconico”.
Il Tasso venne sepolto nella chiesa di Sant’Onofrio e, a distanza di secoli, nella stessa chiesa venne sepolto anche il pittore napoletano Bernardo Celentano (1835-1863), esponente del verismo, che si era recato lì proprio per dipingere la morte del poeta e morì per un colpo apoplettico appena ventottenne, mentre era al lavoro sull’opera. Lo ha ricordato nel corso della presentazione la direttrice dei musei civici di Roma Ilaria Miarelli Mariani, autrice anche di un testo del catalogo.

- chiesa_s.onofrio.
La quercia è stata meta, insieme alla vicina tomba del Tasso, di illustri visitatori, soprattutto in età romantica: si ricordano, tra gli altri, i letterati Stendhal, Chateaubriand, Goethe, Alfieri e Leopardi, e tra i pittori il berlinese romanizzato Franz Ludwig Catel, Filippo Balbi (concittadino del Tasso), il napoletano Domenico Morelli e il già citato Celentano. Né possiamo dimenticare il gruppo dei Nazareni (per lo più tedeschi), che dedicarono al Tasso una delle sale del prestigioso casino Giustiniani (in via Boiardo), dipingendovi scene ispirate alla “Gerusalemme liberata”.
Oltre al grande poeta cui deve il nome, la quercia del Gianicolo è legata anche alla memoria di Filippo Neri (1515-1595), il santo fiorentino che divenne un importante protagonista della Roma cinquecentesca, influendo moltissimo nella mutazione spirituale dell’Urbe col suo saldo ottimismo cristiano che vedeva, anche nella vita terrena, la possibilità della serenità e della gioia. Per uno strano caso San Filippo Neri e Torquato Tasso sono morti lo stesso anno e potremmo, pertanto, ipotizzare (ma senza alcun riscontro documentario), che i due potrebbero forse essersi conosciuti, magari incontrandosi presso l’albero, dove il santo “tra liete grida si faceva co’ fanciulli fanciullo sapientemente”, come viene ricordato nella stessa lapide commemorativa della Quercia. Quell’angolo del Gianicolo doveva essere all’epoca particolarmente affascinante e lì il santo era solito educare cristianamente i ragazzi romani, dilettandosi anche in giochi e attività sportive.
Fu proprio all’Oratorio di San Filippo Neri che si deve nel XVII secolo la realizzazione di un teatro all’aperto, che sfruttava la cavea naturale, e che prende il nome dalla Quercia del Tasso.
Purtroppo l’albero fu colpito da un fulmine nel 1843 e da allora i suoi resti sono tenuti insieme con travi che danno un aspetto surreale all’insieme; la vista, pur con altre rigogliose querce nei paraggi, non è più spettacolare come un tempo, ma il luogo attira comunque molti visitatori.
Il percorso espositivo, articolato in cinque sezioni, si apre con una serie di mappe storiche che offrono il racconto visivo di una Roma che si sviluppa tra le strette vie di Trastevere e i paesaggi ampi del Gianicolo. Le incisioni e i disegni, realizzati tra il XVIII e il XIX secolo, restituiscono la morfologia della città, e soprattutto il modo in cui veniva percepita e rappresentata nei diversi periodi storici.
Il Gianicolo, in particolare, venne rappresentato con frequenza nelle mappe dell’epoca per il suo ruolo centrale nella vita culturale e sociale di Roma. Ed è proprio questo colle, il cui nome deriva dal dio Giano, il protagonista della sezione successiva. Le opere raccolte, tra cui anche paesaggi acquerellati di Ettore Roesler Franz, restituiscono con poetica delicatezza le rive del Tevere e gli scorci del Gianicolo, i dettagli architettonici della via della Lungara e soprattutto il complesso di Sant’Onofrio, simbolo di pace e raccoglimento, ritratto da artisti quali Lucia Hoffmann, Scipione Vannutelli e Settimo Bocconi.
Nella terza sezione si entra nel vivo del rapporto tra il luogo e il poeta. Tra le opere esposte troviamo vedute incantevoli della quercia stessa e rappresentazioni dei luoghi circostanti. I disegni Achille Vianelli e Giuseppe Vasi raccontano non solo il paesaggio, ma anche l’atmosfera di raccoglimento e spiritualità che permea il colle. Acquerelli, incisioni e fotografie, tra cui le vedute di Mary Callcott Graham e Arthur John Strutt, catturano la maestosità dell’albero e il suo ruolo simbolico di punto di riferimento per la città eterna. In mostra viene ricordato anche lo scrittore Achille Campanile, che in questo luogo ambientò una scena in cui un simpatico tasso si rifugia nell’antico tronco della Quercia del Tasso, aggiungendo un tocco di umorismo a un sito intriso di storia.
Una piccola sezione è dedicata all’arte dell’incisione, con opere di Giuseppe Vasi, Luigi Rossini e Joseph Anton Koch, che tra il XVIII e il XIX secolo, portarono questa tecnica a livelli sublimi, trasformando vedute e paesaggi in vere opere d’arte.

- quercia
Nella quinta e ultima sezione, intitolata “Rappresentare la natura”, artisti del passato sono affiancati a contemporanei: le opere di Antonio Fontanesi e di Jacob Philipp Hackert sono testimonianza di come la natura romana sia stata particolarmente amata dai pittori, e i paesaggi rurali di Onorato Carlandi e le vedute di Charlotte Bonaparte, insieme all’opera fotografica di Olivo Barbieri (Campo da golf, 2004), offrono una visione della città dove l’albero e il paesaggio urbano si fondono in un equilibrio sospeso.

- La Quercia del Tasso.
Troviamo in mostra anche il bozzetto di Gianfranco Baruchello, relativo alla sua installazione ambientale del 2015 intitolata “Come la quercia”, che esplora il potere simbolico e trasformativo dell’albero come nutrimento fisico e spirituale. Ricordiamo ancora “La Rinascita” di Roberto Almagno (2020), “Remember to forget” di Alessandro Cannistrà, Daniela Perego con “Il mio albero” (2024), le fotografie di Stefano Fontebasso De Martino relative all’opera di Joseph Beuys, che con “7000 Eichen” (7000 querce) celebra l’albero come simbolo di resistenza e connessione con la terra, e invita a riflettere sul legame che possiamo creare con l’ambiente.
L’ALBERO DEL POETA. La Quercia del Tasso al Gianicolo
Dal 29 gennaio al 1° giugno 2025
Museo di Roma in Trastevere
Piazza S. Egidio 1b – Roma
Orario: dal martedì alla domenica ore 10.00-20.00
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
Info: 060608; www.museodiromaintrastevere.it
Didascalie delle foto
1 Due dipinti in mostra
2 Torquato Tasso in un’incisione ottocentesca
3 Giuseppe Vasi, Chiesa di S. Onofrio e convento
4 La Quercia del Tasso caduta, acquaforte
5 Un’incisione ottocentesca
6 Tre opere in mostra