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Criterio sociobiologico della sopravvivenza


venerdì 24 gennaio 2025 di Andrea Forte Vivi Lombroso

Argomenti: Opinioni, riflessioni


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Una miriade di situazioni che socialmente sono considerate negative, colpevoli, dannose, sociobiologicamente sarebbero coerenti e proficue, dipende dalla priorità degli intenti.

Questo non significa che la sociobiologia voglia essere una giustificazione per qualunque atto proditorio, un alibi; significa solo che scientificamente si pone il problema di ogni comportamento umano in termini più limpidi, meno inquinati da fideismi vari.

Impietosamente la sociobiologia si domanda: è meglio che sopravvivano solamente i presunti buoni o che sopravviva la specie ? D’altro canto al DNA non interessa un insieme di leggi morali. Al DNA interessa sopravvivere, e pertanto si esprime con quella che forse è la più potente forza naturale, la fitness. In questo senso, non esiste il bene e il male in sé e per sé, esiste quello che c’è, e con quello, bisogna fare i conti.

Attraverso le riflessioni su se stessi, gli altri, la storia della natura, la sostanza dell’essere etc., si può arrivare a rendersi conto di come in sé e per sé l’essere sia sovramorale, trovi in sé la propria giustificazione, e sopravviva fondando sulla coerenza degli opposti imprescindibili fra loro talché, ad esempio, bene e male non esisterebbero in sé e per sé, ma più semplicemente sarebbero due aspetti complementari di uno stesso evento.

A seguito della proposta sociobiologica possiamo enucleare una sintesi: le specie viventi, e fra esse quella umana, si trovano di fronte un’alternativa: vivere in un modo predeterminato da un qualche complesso, esteriore o interiore che sia, oppure vivere comunque, e quindi sopravvivere laddove poi, si può pervenire a una qualche mutazione.

Samuel Butler, patriarca della corrente neo-gnostica, fece una valutazione “una gallina non è altro che il modo in cui un uovo fa altre uova”. In sostanza Butler affermava che l’uovo è interessato solo a sopravvivere, perpetuarsi, riprodursi, e per fare ciò è disposto a pagare qualsiasi prezzo.

In quest’ottica, si potrebbe dire che una è la biologia, tante sono le forme biologiche che essa assume per perpetuarsi. Naturalmente la stupidità umana ha fissato la propria attenzione sulle forme e non sulla sostanza. Bisognava arrivare alla sociobiologia, per altro molto contestata, per rendersi conto che la spinta della fitness non consiste solo nel riprodursi, ma nel riprodurre in sé l’idoneità a mutarsi per sopravvivere.

È lecito supporre che esista una fitness psichica ed una fitness spirituale. Tali spinte non sarebbero contraddistinte da una volontà di perdurare a qualunque costo, ma anche da una idoneità a mutare, qualunque sia l’esigenza che sopravviene.

Infine, la fitness biologica, e per estensione quella psichica e spirituale, potrebbero essere anche riflesso di una più ampia e profonda energia universale. Non a caso le dottrine di Oriente e di Occidente da millenni sottolineano come esista un rapporto tra il piccolo e il grande schema, tra l’essere umano e l’essere universale

 

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