E allora ci chiediamo come mai non temano anch’essi per le loro vite e quelle di figli e nipoti, come mai non si rendano conto che con i soldi nessuno finora è riuscito a comprarsi l’immortalità.
E così siamo attoniti di fronte allo spaventoso incendio che ha colpito Los Angeles dove i vigili del fuoco sono alle prese con una catena di incendi fuori controllo iniziata il 7 gennaio, fuochi alimentati da venti caldi che sferzano la zona arrecando distruzione e morte.
In effetti venti molto caldi noti come Santa Ana winds o Devil winds (venti del diavolo), provenienti dalle regioni desertiche dell’entroterra, stanno soffiando verso la costa del Pacifico fino a Los Angeles ad una velocità di 129 km orari, alimentando ancor più le fiamme. Si solito l’umidità in autunno e inverno attenuano gli effetti negativi dei venti di Santa Ana, ma purtroppo quest’anno la pioggia non è ancora arrivata e mesi di siccità hanno seccato la vegetazione, divenuta come paglia e quindi più infiammabile.
Gran parte della vegetazione della Terra per la siccità sta morendo in molte zone e sotto l’effetto di temperature troppo elevate le acque superficiali dell’Oceano Pacifico surriscaldate hanno anch’esse contribuito alla siccità, creando un fronte di alta pressione che in particolare in California ha impedito all’aria umida di arrivare.
Purtroppo anche le ultime COP 28 e 29 sul clima sono state in parte un fallimento perché gli interessi attorno ai combustibili fossili sono elevatissimi per molti stati. Dovremmo azzerare le emissioni climalteranti, ma come facciamo se continuiamo a perforare e a tirare fuori idrocarburi? E intanto il caldo aumenta sempre più e la situazione continua a peggiorare. In seguito la COP29, tenutasi dall’11 al 22 novembre 2024 a Baku, in Azerbaigian, sembra si sia posta un obiettivo finanziario collettivo per gli investimenti nella protezione climatica a livello mondiale: tutti i Paesi dovrebbero contribuire in base ai propri mezzi, in particolare i Paesi ricchi con elevate emissioni di gas serra.
In effetti l’Accordo di Parigi sul clima dovrebbe obbligare tutti i Paesi a intraprendere passi concreti per ridurre le proprie emissioni di gas serra al fine di limitare il riscaldamento globale a un aumento di 1,5 gradi. Ogni cinque anni i Paesi sarebero tenuti a rivedere al rialzo il proprio obiettivo di riduzione, adottare misure per raggiungerlo e riferire in merito ai progressi compiuti. L’Accordo comprende inoltre disposizioni in materia di adattamento al cambiamento climatico e di misure di sostegno, quali il finanziamento e il trasferimento di tecnologie ai Paesi in via di sviluppo.
Il contenuto dell’accordo è stato negoziato dai rappresentanti di 196 Stati alla XXI Conferenza delle Parti dell’UNFCCC a Le Bourget, vicino a Parigi, in Francia. Nel novembre 2018, 195 membri dell’UNFCCC hanno firmato l’accordo e 183 hanno deciso di farne parte. Dei quattro Stati membri che non hanno ancora ratificato l’accordo, l’unica grande fonte di emissioni è l’Iran. Gli Stati Uniti d’America si sono ritirati dall’accordo nel 2020, ma vi sono tornati nel 2021.In base all’Accordo di Parigi, i Paesi industrializzati sono tenuti a stanziare 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2025 per misure di protezione del clima in Paesi in via di sviluppo. Questo obiettivo è stato raggiunto per la prima volta nel 2022. In occasione della COP29 si è discusso del nuovo obiettivo finanziario collettivo per il periodo successivo al 2025. Inoltre, è prevista l’approvazione di norme di attuazione per il meccanismo di mercato a livello mondiale, con cui i Paesi possono realizzare progetti di protezione del clima all’estero e far rientrare le riduzioni delle emissioni conseguite nel computo del loro obiettivo climatico. Infine, alla COP29 sono state preparate le basi per i nuovi obiettivi climatici per i Paesi fino al 2035. Staremo a vedere, dopo le dichiarazioni di Trump
E ci chiediamo che fine abbiano fatto le lotte per il clima di Greta che era riuscita a coinvolgere tanti giovani nel mondo, quando tante scolaresche accompagnate dai prof invadono le piazze del centro anche nelle più importanti città italiane il 15 marzo 2019. Dopo cinque anni dalla più grande manifestazione del movimento “Fridays for Future” in cui ben 123 Paesi in tutto il mondo scioperarono, purtroppo quel periodo delle grandi manifestazioni guidate da Greta Thunberg sembra lontano.

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Anche se il movimento non è del tutto spento, pandemia e 2 guerre hanno monopolizzato l’attenzione pubblica, sconvolgendo molti progetti internazionali. Fridays For Future forse è un progetto ancora vivo nel cuore dei giovani e aspetta solo di poter di nuovo ritornare come cinque anni fa? Speriamo di si.
Giovanna D’Arbitrio