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QUANDO FILIPPO DE PISIS MI FECE UN REGALO....

Storia di Franco Spadaro e di una Roma sparita
giovedì 1 aprile 2010 di Emanuela Ludovica Mariani

Argomenti: Arte, artisti


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Alla Rustica, periferia est di Roma, vive il signor Franco Spadaro e la sua storia di comune cittadino, che ha vissuto gli eventi dolorosi della Grande Guerra, s’intreccia ripetutamente con la storia di personaggi le cui arti e le cui doti resero famosi.

Spadaro nasce a Roma nel 1934, quarto di cinque figli. S’istruisce con la frequenza delle medie serali tenendo a sottolineare che, sebbene a quei tempi non abbia potuto accrescere il grado d’istruzione, ancora oggi, come allora, ama immergersi nella lettura, con particolare predilezione della Divina Commedia dantesca e delle Prigioni di Silvio Pellico.

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Franco Spadaro

Con la famiglia, d’ideologia comunista, vive i suoi primi dieci anni al quartiere del Pigneto, per poi trasferirsi per altri dieci anni a Tor Pignattara e poi definitivamente alla Rustica. Nell’immediato dopoguerra, tra il 1946 ed il 1947, scampato a tre bombardamenti nella Capitale, attraverso il Partito Comunista, che organizza in Emilia Romagna una colonia per i bambini poveri romani, va a Carpi, nella ricca provincia modenese, ospite di una famiglia che lo accoglie nel loro casolare, immerso nei campi e nella tranquilla soavità della pianura romagnola.

Spataro ricorda con affetto e nostalgia quest’esperienza e sente ancora, nelle vie della memoria, la generosa benevolenza di quella gente verso chi, come lui, viveva realtà più povere e difficili. Fu proprio grazie a questo felice soggiorno che gli esplode la passione ginnica che, a tutt’oggi, pratica con dedizione e costanza.

E così, tornato a Roma, mentre la famiglia cerca di sbarcare il lunario tra mille sacrifici, lui, quando non lavora, prende e corre. Dell’atletica leggera diviene un piccolo campione. Si allena tutti i giorni alle Terme di Caracalla ed assieme a lui corrono le leggende dell’epoca: Dordoni , Consolini e Tosi che vince pure un’Olimpiade a Londra nel 1948. E’una vera passione la corsa: quando racconta le sue imprese, gli s’illuminano gli occhi, il volto s’inorgoglisce ed un’aura di infantile contentezza lo invade.

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Franco Spadaro corridore

I primi lavori, in una città post-bellica ancora sofferente e rapace, sono a Piazza di Spagna, come garzone tuttofare di un negozio di belle arti. Fu proprio grazie a quest’impiego (dal 1947 a metà anni ’50) che Franco Spadaro incontra alcuni tra i maestri dell’arte moderna italiana: Giorgio De Chirico, il ferrarese Filippo De Pisis, il marchigiano Sante Monachesi e molti altri, influenti o semplici meteore. E da questi incontri nasce un fitto mondo anedottico ed umano. Filippo De Pisis, ad esempio, aveva un luminoso atelier in Prati, nei pressi di Piazza Mazzini ed era noto per una sinistra introversione ed una marcatissima avarizia.

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De Pisis
Natura morta in grigio

Spadaro, silenzioso ed efficiente, era solito portagli a studio tele e colori dove il maestro dipinse poi alcune delle famosissime nature morte dal clima poetico ed evocativo. Un giorno, consegnando di buona lena il materiale artistico richiesto (e tutte le volte, mai una mancia fu lasciata), De Pisis, con slancio imprevisto, regalò al simpatico garzone Spataro una china in bianco e nero non firmata …

Spadaro si sorprende ancora oggi di una simile prodigalità, visto l’attaccamento morboso che l’artista aveva con le sue tele. Probabilmente un segno di affetto o di gentilezza. Fu comunque un regalo gratidissimo ma, con difetto di fortuna, scomparve durante un repulistidi una cantina. Ancora oggi l’uomo se ne duole.

Ma l’incontro più importante durante quel periodo fu con Giorgio De Chirico, un nobile, uno il cui padre ingegnere costruì la prima rete ferroviaria in Bulgaria ed in Grecia, uno che viveva in un intero palazzetto nel cuore di piazza di Spagna, uno che diede all’arte pittorica un linguaggio nuovo inventando la pittura metafisica, uno che, agli occhi di un ragazzo di borgata, rappresentava le mille e più cose da desiderare!

Ebbene, siffatto personaggio era invece lontano da gelidi ed ossificati formalismi ma molto interessato al confronto con la gente … anche la più umile. De Chirico parlava molto col garzone Spadaro. Probabilmente, si divertiva anche, recuperando un tratto di veracità molto lontana dai suoi ambienti abituali.

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Giorgio De Chirico
Piazza Souvenir d’Italie

Il maestro si lamentava spesso del rendimento pittorico dei suoi allievi … sì, perché il suo studio era un porto di mare per chi voleva serfare con le onde della pittura su tela ed approdare verso nuovi lidi artistici.

Inoltre il signor Franco si ricorda molto bene anche che tipologia di colori comprava De Chirico: ossidi puri (scomparsi poco dopo dal mercato), oli di lino puro, sterco (sembrava un acquisto bizzarro ma, in realtà, lo sterco contiene degli acidi utilissimi per la pittura, così come avveniva nell’antichità), latte di mucca, ideale per le pitture a calce e poi anche normalissimi colori ad olio.

Proprio sul latte di mucca De Chirico istruì molto bene lo Spadaro. Ad esempio, per ottenere la calce migliore (che Spadaro utilizzò anni dopo quando creò la sua ditta di muratura) occorre utilizzare la calce viva, messa a bagno per un certo periodo di tempo, diluita proprio con il latte di mucca, setacciando alla fine il composto ottenuto. Il latte di mucca è un ottimo collante. Tecnica suggerita quindi da De Chirico e che Spadaro riprende durante i lavori della villa della Petacci ai Parioli.

Erano anni comunque fecondi, genuini, volenterosi … anche gli anni di quello splendido film come Vacanze romane,dove la Audrey Hepburn sembrava la fata meravigliosa venuta dall’America lontana e produttiva. Piazza di Spagna respirava e viveva la lavorazione di quel film, così come Franco Spadaro.

E quando tornava a bottega, in via Mario de’Fiori, non poteva non confrontare la bellezza raffinata ed algida di una star di un paese sconosciuto con quella più carnale ed ostentata delle voluttuose donnine della casa di tolleranza lì difronte. Postribolo frequetantissimo, detentore di storie e segreti che sono scomparsi tra lo scorrere di un tempo che non ritorna più.

Oggi Franco Spataro è un arzillo e vivace signore che, dopo anni di lavoro e sacrifici, si gode con l’amatissima moglie le casette di Campotosto con vista sulle vette del Gran Sasso e la dolce brezza marina di Foce Verde. Sempre correndo, quasi come l’atleta che fu.