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OSPITE

di Andrea Forte & Vivi Lombroso
venerdì 13 dicembre 2024 di Andrea Forte Vivi Lombroso

Argomenti: Racconti, Romanzi


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Sono andato a visitare un amico, che aveva acquistato da poco una villa al mare, e ci teneva a farmela vedere ospitandomi affettuosamente per qualche giorno.

La solita storia del giocattolo nuovo, però in senso garbato ed anche abbastanza esplicito perché – insomma – è “scontato” che quando c’è un giocattolo nuovo si abbia piacere a fare un po’ la ruota… E’ una delle cose che rientrano nell’ambito dell’amicizia.

Comunque sia, dopo il parcheggio macchina ed i saluti chiassosi, sono entrato nel salone a piano terra. E subito sono rimasto vagamente perplesso.

Cercherò di spiegare il motivo.

Di fatto, sulla parete centrale del salone, c’era un grande specchio, e sin qui niente di strano… anche se a me, personalmente, questi grandi specchi paretali non è che mi entusiasmano poi molto. Comunque tutto sul normale. La questione è che poi in pratica, per un insieme di simpatiche coincidenze, dentro lo specchio si vedeva l’ampia portafinestra antistante… dentro la quale si vedeva il mare… sul quale si vedeva una barca all’ancora… con sopra un tizio steso come a prendere il sole. In pratica lui stava nella barca, che stava nel mare, che stava nella finestra, che stava nello specchio.

L’impressione di scatole cinesi era fortissima. Ma non era completa. Sono andato pertanto a sedermi in un divano che sta difronte lo specchio, ma sbieco.

Così ho visto me, che guardava dentro uno specchio, con dentro una finestra, con dentro il mare, con dentro una barca, con dentro un tizio, il quale si stava alzando, volgendo il viso verso terra.

Allora lo riconobbi.

Ero io.

Intendo dire che a quel punto, vuoi per la luce strana del tramonto, vuoi per l’effetto ipnotico dello specchio, o per qualsiasi altro motivo, ebbi l’impressione netta che quello fossi io.

Naturalmente feci la riflessione che al massimo si trattava di uno molto somigliante. E mi sarei scosso dalla stranezza, se quello non si fosse posto dritto sul bordo, fissandomi nello specchio.

Stranamente, benché la distanza non consentisse di vedere i minimi particolari della barca e dell’individuo, tuttavia erano nettissimi nello specchio i suoi occhi che, senza equivoci, mi stavano guardando, a mia volta riflesso nello stesso specchio.

Nello sguardo “quello suo” capii che ero io, e che lui capiva bene di essere me. Ed a quel punto entrambi sapemmo di avere capito. Ci guardammo, non so esattamente per un certo tempo. So chiaramente cosa ci dicemmo, o cosa mi dissi tramite lui, o cosa egli si disse tramite me… il che è lo stesso.

E ad un certo punto venne il momento in cui non restava che muoversi. Pertanto mi alzai, e mi girai. Ma era scesa la notte. Nessuno aveva acceso la luce nel salone. Era buio pesto, e non si vedeva più lo specchio, né la finestra, il mare, la barca, me.

Tossicchiando discretamente entrò il mio amico ed accese la luce. A voce bassa, quasi mormorando, mi spiegò di non avermi voluto disturbare finché non mi fossi mosso spontaneamente, visto che ero molto assorto. Lo ringraziai della sua delicatezza, e sorrisi del garbo che aveva posto nella scelta della parola “assorto”. Mi conosceva abbastanza.

E gli dissi che contavo di fare il bagno a mare, cominciando a spogliarmi. Mi guardò vagamente interrogativo, tentennano impercettibilmente la testa. Ma io sapevo cosa avrei trovato.

Nulla.

 

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