La palla d’argento che sovrastava il campanile della chiesa era scivolata lungo il cornicione e giaceva spalmata al suolo come il burro sulle fette biscottate.
Piligui non poteva fare a meno di guardarla mentre passeggiava sulla via principale di Cittanova. Le finestre e le persiane delle case man mano si stavano sciogliendo, fino a diventare una massa gelatinosa che occupava gran parte della carreggiata.
Lo sconforto arrivò quando la giovane ragazza aprì la serranda del suo garage.
La sua bicicletta si era squagliata e così anche i copertoni, un misto di gomma e ferro cosparso sul pavimento, un miscuglio di vernice e plastica puzzolente. Della bicicletta restava solo la scritta - Graziella- tutta spiaccicata a terra.
“Tutta colpa di quella maledetta fabbrica di merluzzo” ripeteva tra sé mentre arrivava nei pressi di un grosso capannone. Agganciati alle pareti esterne c’erano dei grossi tubi a forma di trombone: erano i recettori della tristezza.
“Faccia di Rame”, il proprietario si faceva chiamare così perché indossava una maschera di cuoio che con il tempo era diventata di color rame. Lui faceva di tutto affinché i suoi dipendenti fossero tristi. La tristezza era diventato il carburante delle sue fabbriche. Utilizzava spesso dei discorsi patetici in modo che tutti fossero sempre tristi.
Nessuno aveva mai visto il suo viso.
Qualche volta capitava che Piligui incrociasse “Faccia di Rame” e i suoi dipendenti. Il loro andamento era lento e ricurvo, avevano il collo molto allungato, che ondeggiava qua e là ed un braccio teso in avanti con l’ultimo modello di smartphone in mano. La tristezza che aleggiava nell’ aria veniva risucchiata dai tubi trombone e l’eccedenza era rilasciata all’esterno, ricreando tristezza. Questo circuito chiuso con il tempo stava facendo squagliare la città.
“Bisogna fare qualcosa!!” pensò la ragazza vedendo delle signore entrare nella fabbrica di pantaloni a zampa di elefante.
Gli effetti stavano colpendo anche loro. La cellulite era scesa fin quasi alle caviglie, ingrossandole così tanto che le donne cercavano di coprire quelle indecenze indossando pantaloni a zampa d’ elefante. Piligui si controllava spesso le gambe, era terrorizzata che quelle oscenità prima o poi toccassero anche a lei.
L’economia girava tra la fabbrica di merluzzo e quella dei pantaloni e Faccia di Rame diventava sempre più ricco.
La prima domenica di Dicembre, sulla piazza principale, tutti gli anni si celebrava la festa commemorativa per la cacciata di Bartolino, l’uomo dai cento sorrisi che la popolazione aveva allontanato anni prima. Bartolino rideva sempre e il suo modo di fare e le sue risate contagiavano tutti. Ma il limite lo superò il giorno del funerale della nonna del panettiere, un’anziana signora di centodieci anni. Il nipote, durante l’omelia, stava ricordando le gesta della donna e così anche il motivo della sua dipartita. Bartolino, che era presente e già rideva sotto i suoi baffoni neri, non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere come un matto quando il nipote della defunta iniziò a spiegare i particolari: stava mangiando un bel merluzzo e una lisca le andò di traverso. La vecchina fece di tutto per sputarla ma la dentiera si incastrò nel gargarozzo, uccidendola poco dopo.
Tutti i presenti ridacchiavano: chi faceva colpetti di tosse, chi si soffiava il naso nascondendosi dietro al fazzoletto e chi era uscito precipitosamente fuori per ridere a crepapelle.
Tutto ciò fece arrabbiare molto il nipote della defunta, additando Bartolino come responsabile di aver rovinato il funerale.
Fu così che subito dopo la tumulazione venne istituita una commissione speciale. Il comune con un’urgente delibera chiedeva l’allontanamento dell’uomo da Cittanova. L’ordinamento passò alla regione che lo inviò alla commissione nazionale che a sua volta lo spedì alla commissione mondiale all’altro capo del mondo. Il Grande Presidente vista l’urgenza, fu tirato giù dal letto in piena notte. Non tardò ad arrivare la risposta che a Cittanova era ancora giorno. Il maresciallo tutto impettito bussò alla porta di casa di Bartolino e gli ordinò di lasciare la città.
Durante la festa, le persone avevano le solite mascelle calanti. Piligui era insieme a dei ragazzi. Non si sa se lei o qualcuno dei suoi amici avesse commentato qualcosa di particolare, fatto sta che scoppiarono a ridere… Le persone si fermarono ad ascoltare quel suono dimenticato, anche un prete venne attirato da quel frastuono e si rivolse subito ai ragazzi:
“Non cedete alle tentazioni, siate tutti tristi!!”.
Piligui stava ridendo talmente tanto che non riuscì ad ascoltare quelle parole.
Arrivata sotto casa con il sorriso che ancora le toccava le orecchie, dalla tasca dei pantaloni sentii un “Blipp…”
Tirò fuori il cellulare, guardò il display: “batteria in carica…” La ragazza perplessa si chiese cosa stesse succedendo, smise di sorridere e anche il suo telefono di colpo terminò la ricarica. Lo rigirò tra le mani per vedere se ci fosse qualche strano contatto… poi volle fare una prova: ricominciare a sorridere… e mentre varcava l’uscio di casa… “Blipp”: il suo telefono iniziò nuovamente la sua ricarica.
Chiamò subito i suoi amici per raccontargli della sua scoperta e così si diedero appuntamento il giorno dopo, verificando che con cinque sorrisi cinque volte al giorno, riuscivano a caricare la batteria del telefonino.
Piligui saltava e rideva mentre con i suoi amici stava percorrendo la via che conduceva alla fabbrica di Faccia di Rame.
Davanti al capannone i ragazzi iniziarono a ridere senza senso, accorgendosi che i tubi trombone si stavano piegando verso terra, come se non sopportassero più quelle risa e poco dopo iniziarono a danzare in una maniera talmente scomposta da sembrare che si aggrovigliassero tra di loro. Suonò la sirena e delle luci rosse annunciarono il pericolo. Faccia di Rame si affacciò dalla vetrata e vide i ragazzi festosi in strada, corse giù per le scale tutto trafelato e arrivò con il fiatone vicino ai ragazzi.
“Smettetela, volete rovinarmi?”, urlò con l’ultimo fiato in gola che gli era rimasto. Loro si azzittirono subito e Faccia di Rame si avvicinò a quello che rimaneva dei tubi trombone, tenendosi la testa tra le mani.
I tubi trombone erano diventati delle sottilissime sfoglie di metallo… I suoi generatori si erano fusi.
Nel frattempo i dipendenti erano usciti per guardare la scena:
“Siamo rovinati”
“Siamo rovinatiii” urlavano contro i ragazzi, spingendoli sempre di più contro la fabbrica. Piligui era circondata dai suoi amici che le facevano da scudo.
Ma Faccia di Rame urlò:
“Fermiii!!” e si avvicinò ai ragazzi dicendo:
“Aspettavo questo giorno, sapevo che sarebbe arrivato: siete giovani e la vostra energia e il vostro sorriso diventeranno il nuovo carburante di questa città”.
Poi aggiunse:
“La mia rivalsa termina qui…” e di colpo si tolse la maschera gettandola a terra.
Lo stupore fu di tutti…:
“Mhaa”… “Bartolinoooo!!”
Finalmente l’uomo poté svelare il suo viso e la sua identità.
Bartolino camuffato da Faccia di Rame era riuscito a tornare a Cittanova, un poco per vendetta e un poco per amore della sua città, riuscendo a sfruttare la tristezza che serpeggiava nell’animo degli abitanti, facendola diventare il carburante necessario alle sue aziende.
Mentre guardava i tubi trombone, diventati delle sottilissime lamine, riaffiorò il suo carattere giocoso ed espresse subito una battuta:
“Vorrà dire che da domani costruiremo lamette da
barba!!”
Piligui iniziò a ridere, Bartolino lo stesso, qualcuno sollevò il capo dando l’impressione che il collo gli fosse tornato normale e qualche secondo dopo tutti scoppiarono in una grossa risata.