È il 1946 e Amerigo è un bambino che vive con sua madre Antonietta a Napoli, è uno dei tanti bambini sporchi, affamati e senza speranza che girano per i vicoli della città e si arrangiano cercando di guadagnare qualcosa da mangiare o da rivendere nel caos di una città distrutta e occupata dalle truppe alleate.
La vita di Amerigo e di molti suoi amici cambierà grazie all’iniziativa epica dell’Unione Donne Italiane attraverso il quale più di 70 mila bambini furono mandati in colonia da Napoli e da molte altre città del sud alla campagna del nord in Emilia in uno slancio di solidarietà. Anche il nord era povero ma il tessuto sociale si era rivelato più solido e i ragazzi che presero posto sui “treni della felicità” furono accolti con molta generosità, come Amerigo che sarà affidato ad una giovane donna, Derna, che lo accoglierà e si prenderà cura di lui. La permanenza in un luogo così diverso dal suo gli permetterà di diventare consapevole recuperandolo alla scuola e aprendogli possibilità mai considerate.
Molti anni dopo l’uomo dovrà fare i conti con il passato riconoscendo che chi ti ama non ti trattiene, ma ti lascia andare incontro al tuo destino. Uno sguardo all’Italia del dopoguerra, tra miseria e generosità vista attraverso gli occhi di un bambino diviso tra due madri e due mondi. Un monito agli uomini e a tutte le guerre inutili e ingiuste che riversano tutto il carico di sofferenza sulle spalle delle donne e dei bambini.
Nelle sue note di regia, Cristina Comencini ha sottolineato l’importanza del tema delle due madri, tutte e due imperfette, di grande importanza proprio oggi che per la prima volta riflettiamo in modo nuovo sulla natura dell’amore materno e ha concluso: “Sono sempre stata interessata alle storie personali che si svolgono in una Storia più grande. Qui mi è sembrato inoltre di raccontare una vicenda passata ma attualissima: il biennio 1945-1947, in cui si organizzarono i treni dei bambini, è un periodo in cui sembrava possibile un Paese unito.”
Un film commovente che si avvale di una sceneggiatura agile e sostanziale scritta in collaborazione tra Comencini, Giulia Calenda, Furio Andreotti e Camille Duguay, la regista orchestra con semplice maestria le prove dei suoi piccoli attori Christian Cervone, Lucio Morano, Jacopo Pagano Guerrieri, Domenico Rea, Sophia Cecere come delle straordinarie Serena Rossi e Barbara Ronchi, senza dimenticare gli altri attori del cast, Francesco Di Leva, Antonia Truppo, Monica Nappo, Dora Romano, Beatrice Schiros, Ivan Zerbinati e Stefano Accorsi.
Le musiche di Nicola Piovani sono gocce poetiche che si saldano alle immagini, il film lascia lo spettatore a riflettere sulle differenze tra il nord industrializzato anche nell’agricoltura e il sud schiacciato tra prepotenti vecchi e nuovi. Ci viene spontaneo chiederci: Uno Stato democratico può privare i suoi piccoli cittadini che vivono in una parte del paese delle opportunità normalmente offerte a quelli di che vivono nell’altra parte? L’Italia, questa nostra nazione giovane, oggi appare ancora più ingiusta, priva, a differenza di quel tempo, di solidarietà e generosità.
Un film da vedere.