Guidati dalla curatrice Frida Montes de Oca Fiol, un comitato scientifico multidisciplinare ha condotto una ricerca meticolosa, scavando nelle profondità del passato per far riemergere i segreti musicali di quelle antiche culture. Dai manufatti recuperati, emerge un mondo sonoro intriso di mistero e spiritualità, dove il suono era il mezzo primario per comunicare con le divinità.
Secondo la mitologia mesoamericana, furono gli stessi dèi a donare l’arte musicale all’umanità, concepita come un tutt’uno inscindibile di canto, danza e strumentazione.
Dai flauti di Tezcatlipoca alle polifonie ancestrali, ogni aspetto di questa sonorità primordiale viene svelato attraverso una selezione di 163 reperti provenienti da venti musei messicani.
Grazie alle analisi archeo musicologiche, possiamo ora comprendere meglio l’estetica di questa musica perduta nel tempo: dalle eterogenee melodie simultanee ai battimenti di frequenze, dalla polifonia all’integrazione di rumori nella tessitura musicale. Un universo armonico che riflette l’intima connessione tra l’uomo e la natura, dove il suono è lo specchio dell’invisibile.
- flauto_preispanico
Per le culture mesoamericane la musica, come le nuvole e la pioggia, aveva origine dalla forza invisibile che dà la vita: il vento. Secondo la mitologia quest’arte fu donata all’umanità dagli dei.
I popoli mesoamericani non avevano un concetto di musica simile a quello attuale, ma facevano riferimento all’arte del canto e della danza; in questa concezione quindi erano inclusi anche aspetti sonori e altri elementi correlati all’espressione del corpo e alla parol
- danzatore
Possiamo ammirare un fac simile del codice Vindobonensis 1 dove vengono descritti miti di grande interesse, gli elementi della Natura trasformati in divinità.
Di grande spessore il testo del Codice Primeros Memoriales tradotto dalla lingua nahuati capace di trasportarti in altri spazi e tempi: “Molto tempo dopo che gli uomini più lontani nel tempo si erano stabiliti nella leggendaria Tamoanchan. “Noi cerchiamo la nostra casa”. … I portatori degli dei, quelli che avevano sulle spalle i fagotti, dicono che Dio parlava con loro. E quando se ne andarono, fecero rotta verso il volto del Sole, portando con sé l’inchiostro nero e rosso, i codici e le pitture si portarono la conoscenza, si portarono tutto, i libri di canti e i flauti”.
Di grande interesse le sculture del dio Macuilxochitl, “cinque fiori” della cultura Huasteca, oppure quella del Dio Xochipilli dio dell’amore della cultura Mexica.
Di notevole interesse la mostra degli strumenti sonori e dei sistemi di scrittura antichi, la rappresentazione grafica degli strumenti sonori e musicali, del canto e della danza era usata per designare il nome di signorie, villaggi, edifici, personaggi, fiumi e rocce. Per comprenderne il significato completo è necessario conoscere il tema in cui questi segni sono collocati all’interno del Tacu, il libro mixteco preispanico.
Gli anziani cantori mexicanos ci accompagnano nei loro poemi cantati:
“Io sono il cantore, noi siamo gli anziani, chi farà conoscere le parole del solo Dio (Ycetéotl), I suoi libri, le sue pitture, i canti, i tamburi, i sonagli, le corazze di tartaruga, i gong (tetzilacatl).
- sciamano
Attraverso un percorso immersivo arricchito da registrazioni sonore, la mostra intende trasportare il visitatore in una dimensione epocale, permettendogli di riscoprire la profonda sapienza di questi popoli nel riprodurre gli elementi naturali all’interno dei loro strumenti musicali. Un viaggio sensoriale alla riscoperta di un’eredità sonora ancestrale, custode di un’armonia perduta.
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