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Il sogno di Pulcinella !

Un tema scottante, il mendicare dei giovani e il lavoro; un parere personale. Si invitano i lettori ad esprimere il loro punto di vista sul tema.
mercoledì 1 luglio 2009 di Michele Penza

Argomenti: Opinioni, riflessioni


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Ελζε δε επι πτοκος Πτοκευεσκατε ος κατα ασω

“E venne allora un pubblico mendicante, che elemosinava per la città…” Omero (Odissea).

E’ già da qualche anno che mi capita, gironzolando per Roma da quel pensionato fannullone che ormai sono, di incontrare validi garzoni e floride fanciulle seduti in terra, o addirittura inginocchiati sul marciapiede, che tendono silenti la mano ai passanti. Cerco di superare razionalmente il fastidio fisico e la irritazione che una tale vista mi suscita per cercare di analizzare a freddo il fenomeno.

Capisco che non mi porta da nessuna parte la considerazione che io probabilmente mi toglierei la vita prima di giungere a quella che mi sembra una abiezione, e mi rendo conto di quanto sia estremamente soggettiva una tale considerazione che è solo di pancia e non di testa. Cerco quindi di mettermi, per quanto ci riesca, nei loro panni, e la prima constatazione che mi viene è che, evidentemente, mentre per me la dignità della persona è il lavoro stesso, sia quale mezzo di realizzazione di sé che come moneta da spendere per meritarsi la vita, sono valori importanti, per loro evidentemente non lo sono altrettanto, e addirittura scompaiono di fronte alle necessità naturali della sopravvivenza.

Conterà pure il dato che io vado ahimé per gli ottanta e loro sono spesso giovanissimi ma non è tanto questo il discorso, ossia del valore diverso che possiamo dare alla vita, quanto mi sembra conti il fatto che per loro il gesto di chiedere non rappresenta in realtà il trauma che sarebbe per me. “Non possiedo quanto mi serve? Chi se ne frega, qualcuno me lo deve dare. Che poi sia la mamma, la nonna, il comune, la regione o il primo che passa per la strada non mi interessa più di tanto. Tutto mi è dovuto, son qui che aspetto e sbrigatevi che mi sto annoiando!” Questo è il messaggio che mi arriva. Sarò io che lo interpreto male?

Quanto dico vale ovviamente per coloro che mancano realmente del necessario e non voglio parlare di coloro che questuano per il superfluo, per soddisfare le dipendenze varie, che quello è tutto un altro discorso.

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Mendicando per la strada

Uno di questi ragazzi una volta mi ha anche apostrofato: “Sto solo chiedendo, e potrei anche cercare di prendere, ma non voglio arrivare a questo!”. Il poverino pretendeva un riconoscimento della sua virtù perché questuava invece di rubare, e sembrava convinto, in buona fede, capivo che si sentiva in credito col resto del mondo. L’idea peregrina di lavorare per risolvere il suo problema non lo sfiorava neppure.

Altrettanto dicasi per le ragazze. Sembra che questo universo giovanile nostrano ignori del tutto l’esistenza di un altro universo giovanile, quello degli immigrati. Ragazze disposte a lavorare vengono qui dalla Moldavia, dalla Romania, dalle Filippine, dalle Azzorre, e trovano senza difficoltà lavoro nelle famiglie o con gli anziani. Più o meno è il lavoro che in tutto il mondo qualunque ragazza di famiglia impara a fare a casa sua per aiutare la madre, un lavoro che tutte le donne italiane tranne rare eccezioni sanno fare ed hanno sempre fatto. E’ diventato ora una vergogna? E perché? E’ meglio stare buttate sulla via a stendere la mano?

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Badanti comunitarie e extra

Qualcuno mi spieghi perchè! E vorrei capire anche perché in una città come Roma dove l’edilizia ha sempre rappresentato la maggiore fonte di occupazione per questa e per tutte le province del Lazio oggi non si trovi più un manovale o un muratore che parli italiano. Se ragionate con un imprenditore della ristorazione vi dirà quanto sia raro trovare un cameriere italiano e che nelle cucine oggi è disposta ad andare solo gente di colore. L’Italia per un secolo ha riempito il mondo di cuochi, camerieri e personale alberghiero di vario tipo, che oggi non c’è più. Vogliamo parlare di lavori agricoli, di raccoglitori di prodotti stagionali, di frutta, di olive, di tabacco? Vogliamo parlare di equipaggi di barche da pesca? Esattamente lo stesso discorso!

E qui il problema non è più soltanto giovanile. Non volevo buttare la croce sulle spalle dei giovani e cavarmela col dire che io e i miei coetanei non ne sappiamo nulla. Il giovane che va a mendicare rappresenta la punta dell’iceberg, la stonatura più eclatante, ma la realtà è che quasi sempre la solerzia lavorativa rappresenta oggi in questo paese un optional anche nelle categorie di lavoratori occupati.

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Lavoratori edili extracomunitari

Il semplice salario non genera la cosiddetta produttività. Per ottenere questa, ossia per muovere le mani della gente occorrono gli incentivi, i premi di produttività, le indennità a vario titolo e non basta ancora. Ci vuole soprattutto il controllo e la verifica costante di qualcuno, altrimenti il cavallo si ferma. La verità è che tutti cercano oggi uno stipendio, il che è naturale e legittimo, ma pochi di costoro cercano in realtà il lavoro, e questo lo è un po’ meno. Ma che è successo dunque agli italiani? Non erano così e non c’è alcun buon motivo che giustifichi una simile mutazione. Ricordo di aver sentito con le mie orecchie alla radio la voce di Peron, lo statista argentino, il marito di Evita per capirci, esortare i suoi peones a prendere a modello gli emigrati italiani per la loro laboriosità e la sobrietà della vita! Questo eravamo, e non sono passati dei secoli! Eravamo negli anni cinquanta.

Qualche sociologo vuol darci una spiegazione: questo accade ai popoli ricchi! Per esempio è accaduto agli svizzeri prima di noi. Si vede che siamo arricchiti, come popolo, troppo rapidamente,

Non so se l’analisi sia quella giusta, più che una spiegazione mi sembra un tentativo penoso di giustificazione. Voi trovate davvero che siamo così ricchi? O comunque che lo siamo ancora, ammesso pure che ne abbiamo provato una breve illusione? A me tutto questo ricorda tanto il sogno di Pulcinella, e forse sarebbe ora che ci svegliassimo, prima di trovarci coi piedi nell’orinale!-

 



  • Il sogno di Pulcinella !
    25 novembre 2009, di Luciano De Vita

    Gentile Signora D’Arbitrio,
    mi perdoni se solo oggi rispondo alle sue osservazioni poiché in realtà solo adesso mi sono state segnalate.

    Mi duole, signora, che di tutto il mio testo abbia colto solo la prima parte, quella in cui parlavo dei comportamenti giovanili, e per giunta le abbia attribuito anche una particolare intenzione malevola nei confronti di Napoli e dei napoletani che assolutamente non mi appartiene. Quello che intendevo dire, e mi sembra anche evidente, non c’entra nulla con Napoli e coi suoi specifici problemi, che ci sono, ma appartengono a tutto altro discorso.

    Il titolo dedicato a Pulcinella, che ha toccato la sua sensibilità, va riferito a una vecchia storiella che Lei evidentemente ignora e che narra dello sfigato che si ubriaca e sogna di aver vinto al lotto e di essere diventato milionario. Il suo risveglio nel cuore di una realtà ben diversa sarà ancora più amaro. Questo discorso ovviamente non va riferito a Napoli ma a tutto il paese che non ha saputo vivere adeguatamente la sua crisi di crescenza. Il simbolo di Pulcinella provi a leggerlo non più come un distintivo di Napoli, negativo o positivo a seconda dei casi, ma come una geniale raffigurazione del dramma umano nella sua universalità. Petito è nato per caso a Napoli ma la sua creatura non è proprietà esclusiva della Sanità o dei quartieri spagnoli: è cittadina del mondo, Ho visto dei Pulcinella nei mercati del Cairo e penso se ne possano trovare tanti dappertutto, nei barrios di Buenos Ayres.o nei vicoli di Città del Messico come nelle banlieau parigine..

    Per quanto poi riguarda il merito del discorso la sua appassionata difesa dei suoi figlioli e dei loro amici non cambia la sostanza di quanto io semplicemente registro. E’ solo lo sfogo di “mammà”: i miei sono bravi ragazzi, che vai cercando tu!

    Certo che lo sono, chi lo nega? Solo gli sciocchi fanno di ogni erba un fascio. Ci mancherebbe anche che i figlioli di un insegnante non recassero il segno della mano del genitore. Si trovano in giro dei bravi ragazzi. Ma tutti gli altri?

    Vede signora, anche io sono stato genitore ma ora sono anche nonno. Voglio dire che ho raggiunto l’età nella quale se non si è capito che tutti i figli del mondo in una certa qual misura sono anche figli tuoi vuol dire che hai sprecato la tua vita. La buona coscienza che ho generato dei bravi ragazzi e cercato di farne delle persone rette, come era mio preciso dovere, non può lasciarmi appagato perché avverto la consapevolezza, e quindi la responsabilità, che la presente condizione giovanile rappresenti il segno manifesto e inequivocabile del fallimento, dal punto di vista educativo, di tutta la mia e, mi perdoni, anche della sua generazione.
    Michele Penza
    Roma 1 novembre 2009

  • Il sogno di Pulcinella !
    26 agosto 2009, di GiovannaDA

    Pulcinella e i clichés.
    Pulcinella, pigro, ignorante e imbroglione, è diventato per molti solo un cliché, usato spesso per offendere i napoletani. Altri stereotipi sono: sole, pizza e mandolino. La verità è ben diversa, poiché a Napoli ci sono tanti giovani che si impegnano duramente dalla mattina alla sera in modo onesto, spesso sfruttati con lavoro nero o bassi salari, pur essendo diplomati o laureati con ottimi voti (altri più coraggiosi vanno via!). Chi sono a Napoli i “giovani” mendicanti? Molti sono immigrati che non trovano lavoro oppure sono drogati. Che dire come commento conclusivo a questo articolo? Parassiti ce ne sono sempre stati e sempre ve ne saranno, non solo fra i giovani però! Quanti ne conta la “stagionata” high society della cosiddetta Casta? E quali sono i modelli vincenti della nostra società, corrotta e senza valori? Malgrado tutto ciò, personalmente non perdo mai la fiducia nei giovani: i miei figli,i loro amici e tanti miei alunni, seri e volenterosi, sono la dimostrazione che una corretta educazione, impartita con amore ed esempi positivi, è sempre vincente in tutte le epoche.
    Giovanna D’Arbitrio