Ricordo un “ranocchietto” di 12 anni, nato a Roma nel primo dopoguerra, timido, bruttino e alquanto frastornato da quel che gli girava intorno; pochissime idee, un grande amore per i propri cari ed una venerazione per Romolo…… il padre ( un artigiano fotografo con un piccolissimo studio fotografico, tanta passione, poche risorse economiche ed un paio di macchine fotografiche: una “Yashica 6x6” ed una vecchissima macchina per foto formato tessera……bellissima sul suo piedistallo in legno e con la tendina per nascondere la testa del fotografo) .
LA PASSIONE per la fotografia nacque proprio in quegli anni, quando il “ranocchietto”, nel corso delle domeniche destinate alla realizzazione di servizi fotografici matrimoniali, iniziò ad accompagnare Babbo Romolo; man mano iniziò ad assisterlo (cambio dei rulli fotografici, posizionamento del flash esterno, custodia delle borse per il materiale fotografico di supporto e così via). Il rapporto tra i due raramente si caratterizzava in spiegazioni o analisi delle tecniche fotografiche da usare….. la verità mal celata era che Babbo Romolo aveva verso il suo lavoro un rapporto di “amore-odio” radicato, causato dalle troppe volte in cui quel lavoro non era risultato sufficiente a garantire alla propria famiglia un solido sostentamento economico; ma la assiduità di quella assistenza silenziosa e la curiosità tipica di quegli anni giovanili portò il “ranocchietto” a rubare informazioni, tecniche, inquadrature e segreti del mestiere, al punto tale che, intorno ai 15 anni, la passione per la fotografia si consolidò in modo evidente e ben strutturato.
IL FARO di quel cammino fotografico fu senza dubbio la ricerca di un buon taglio dell’immagine, quel che si dice “l’inquadratura”; il vero segreto non era il mezzo tecnico o la luce o il supporto fotografico, elementi pur essenziali, ma il modo di cogliere e rappresentare l’immagine. Gli album fotografici dei servizi matrimoniali realizzati dal padre in quegli anni raccontavano molto più efficacemente, rispetto a qualsiasi lezione o spiegazione (mai data), l’emozione di una bella fotografia, ben concepita e ben scattata…… come se quella fosse l’espressione dell’animo di chi l’aveva scattata.
IL PICCOLO STUDIO fotografico nel quartiere Pigneto era il mondo dentro il quale nascevano splendide foto “per tessera”, rigorosamente in bianco e nero, e stampe di foto “formato 7x10” in ricordo di gite, feste, viaggi, ricorrenze, anch’esse “rigorosamente in bianco e nero”. Lo studio era composto da un piccolissimo ingresso che, tramite due scalini in discesa, introduceva ad un ampio locale “d’attesa”, arredato con un bancone, usato perlopiù come mostra delle fotografie in consegna, ed un salottino a tre sedute + due poltroncine ricoperte da una improbabile tela damascata a fiori; alle pareti erano appesi dei quadri con fotografie pubblicitarie della FERRANIA, mentre sul fondo del locale c’era una tenda (anch’essa a fiori, a voler richiamare la tappezzeria del salottino) che introduceva alla piccolissima “sala fotografica” nella quale faceva bella mostra di sé la macchina fotografica per foto-tessera, con piedistallo e supporto con scalettatura in legno, una manovella per alzare/abbassare la macchina e la tendina sotto la quale nascondere la testa (chiunque la osservava più da vicino, se ne innamorava).
La CAMERA OSCURA era collocata in un angolo di questa piccola sala fotografica; si trattava di un vero e proprio ripostiglio, usato come “camera oscura”, dove LUI (il ranocchietto) spesso aiutava Babbo Romolo ad asciugare le fotografie, aiutandosi con una vecchia “smaltatrice”, un piccolo utensile “30x40” dotato di una lastra metallica che, riscaldata elettricamente da una resistenza sottostante, permetteva di asciugare le piccole foto appena uscite dalla vera e propria stampa fotografica. Quei pochi momenti passati nello studio fotografico ad aiutare il padre lo facevano sentire molto importante e soprattutto fiero. Spesse volte, nei pomeriggi liberi dagli impegni scolastici, oltre che asciugare le fotografie appena stampate, provvedeva, con grandissima gioia, ad imbustarle con le buste “sviluppo e stampa” FERRANIA ……si trattava di piccole buste a due scomparti: in quello di destra venivano messi i negativi ed in quello di sinistra le fotografie. Nelle giornate con poco lavoro il tempo solitamente trascorreva nella piacevole lettura del RADIOCORRIERE TV, in attesa che qualche cliente aprisse la porta dello studio fotografico ed il campanellino facesse il suo gradito dovere. Quando poi c’era anche il fratello più piccolo e, a dire il vero “più bellino”, con il suo simpatico cravattino-papillon, allora la gioia era davvero completa.
Passarono gli anni e le mode, arrivò la KODAK-COLOR (con le prime fotografie a colori “formato 10x15”) e con essa un diverso modo di pensare al mezzo fotografico; la passione fotografica però era già passata di mano ed il germoglio si era oramai sviluppato.
Dopo quegli anni, splendidi ed irripetibili, LUI scattò innumerevoli nuove fotografie, tantissime emozioni fermate nel cuore e nel tempo, moltissime immagini ben realizzate anche grazie alla passione ed alla bravura di chi non c’è più, di chi aveva indicato la strada (magari senza volerlo) ed aveva inconsapevolmente trasmesso un dono, il dono del saper ben individuare un gesto, uno sguardo, un amore, un luogo, una situazione che ti rapisce e ti chiama a fermarla….. fermarla per poi tenerla “per sempre” con te.