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Cittadini globali (Il Mulino, Bologna, 2008)

COME E’ NATO IL NUOVO DIRITTO COSMOPOLITICO

Convivenza e multiculturalismo
domenica 18 gennaio 2009 di Carlo Vallauri

Argomenti: Recensioni Libri
Argomenti: Seyla Benhabib


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Seyla Benhabib in Cittadini globali (Il Mulino, Bologna, 2008) spiega come si sia formato il nuovo diritto cosmopolitico a seguito degli eventi che alla metà del XX secolo hanno caratterizzato la trasformazione dei modi stessi di intendere natura e concetto della giustizia e dei rapporti tra le differenti comunità. Proseguendo la segnalazione di libri concernenti i più aggiornati contributi culturali sui diritti umani riteniamo particolarmente significativo questo recente libro.

La nuova base del concetto di cittadinanza in linea con il multiculturalismo intrinseco alla stessa evoluzione della convivenza super-nazionale, si è fatta avanti attraverso la tragedia della seconda guerra mondiale e il primo inveramento della applicazione a Norimberga delle punizioni per i responsabili di crimini contro l’umanità. Ed è stata la stessa Carta fondatrice delle Nazioni Unite – premette l’autrice – a dotare di diritti e doveri non più gli Stati – benché ne siano stati essi i soggetti firmatari – bensì gli individui. Ciò non esclude che vi siano controversie e conflitti tra le due tipologie in quanto la più recente impostazione si afferma con la progressiva diffusione delle norme cosmopolitiche e l’esaurimento dell’idea di sovranità come era stata fissata a Westfalia (1648). L’universalismo kantiano si realizza promuovendo il valore della “condizione umana”, al di là delle teorie giusnaturalistiche come del positivismo giuridico.

Dopo aver ricordato i concetti di “ospitalità” e di “eguaglianza” tra cittadini e stranieri Benhabib illustra l’azione chiarificatrice svolta dalla Arendt, con il riconoscimento di obblighi morali reciproci, quale fondamento dell’ordine giuridico post-westfaliano, che prende in considerazione gli attori tanto non statali quanto statali, realizzando quella comunità federativa repubblicana, di cui parlava Kant.

Se infatti dal trattato di Westfalia gli Stati sono stati intesi quali entità sovrane, libere ed eguali, titolari dell’autorità suprema su tutti gli oggetti ed i soggetti all’interno di un territorio circoscritto, stabilendo relazioni tra di essi, limitate ad alleanze transitorie o di natura economica e militare e ad affinità culturali e religiose, poi andati perdendo la sovranità che conferiva un senso di superiorità. Si è sviluppato invece una diversa forma di coesistenza tra Stati, in quanto gli individui hanno acquistato un ruolo quali “cittadini cosmopoliti”, secondo l’accezione risalente a Kant, e sono essi, in base alla Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo (1948) i destinatari dei diritti umani di cui quel documento ha assunto la tutela, dando vita ad un regime internazionale degli stessi diritti. È un processo di portata mondiale, di cui la globalizzazione rappresenta la cornice esterna. Il nuovo cosmopolitismo di ascendenza kantiana è quindi l’architrave sul quale regge la realtà delle norme del nuovo ordine internazionale.

L’approfondita ricerca della Benhabib chiarisce il rapporto di confluenza tra diritto internazionale e diritto interno nel suo percorso storico in netta contrapposizione alle idee di Schmitt. Si perviene così all’individuazione dei concetti di genocidio e di crimini di guerra, e ai più recenti interventi umanitari, con gli obblighi riconosciuti a beneficio degli immigrati. E a questo proposito sono interessanti le pagine del libro sui musulmani in Francia e sulla integrazione in Germania, con precise informazioni sulle polemiche sorte al riguardo, dal velo ai problemi della intersecazione tra diritto e costume.

 

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