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Un bel cappotto nuovo

Una simpatica esperienza di viaggio.
martedì 2 dicembre 2008 di Alberto Marcialis

Argomenti: Racconti, Romanzi


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Stavo recandomi (2002) in volo a Genova per partecipare come commissario ad un concorso per professore associato. Si trattava di un concorso difficile,con numerosi concorrenti, tutti abbastanza noti in capo nazionale, quasi tutti forti dal punto di vista scientifico, con una carriera notevole ed una attività clinica di tutto rilievo.

Non sarebbe stato facile scegliere i due nomi più meritevoli e comunque la Commissione avrebbe dovuto lavorare molto e bene per reperire elementi che consentissero un giudizio sicuro e sereno.

Questi pensieri occupavano totalmente la mia attenzione mentre volavo su uno splendido piccolo aereo da 30 posti, un Dornier biturboelica velocissimo che in un’ora esatta portava a termine il percorso Napoli-Genova.Il volo era tranquillo ed il riscaldamento della cabina mi aveva indotto a togliermi il cappotto-grigio scuro e nuovo di zecca- sistemandolo nella cappelliera insieme ad una valigetta che mi sarebbe servita per il breve soggiorno genovese(contavo infatti di ripartire l’indomani sera).

Appena atterrati apro la cappelliera e prendo il cappotto rendendomi subito conto del fatto che la parte inferiore –dalle tasche in giù- era zuppa di acqua gelida, probabilmente per fenomeni di condensazione verificatisi in alta quota o per un qualunque altro motivo.

Sbigottito, mi rivolgo alla hostess che, impegnata nelle operazioni di sbarco dei passeggeri, non mi presta molta attenzione limitandosi a darmi un pacco di salviette di carta per poter asciugare quella zimarra.

Ci provo ma l’impresa é ardua, praticamente impossibile tenendo conto dell’estensione della parte bagnata, per cui indosso questa cosa che é diventata pesantissima, salgo nell’Intercampo ed esco dall’areoporto. Ormai c’é buio e per chi mi sta intorno non è facile capire che il mio cappotto é diventato una spugna: un poco tranquillizzato da questa considerazione, prendo un taxi per raggiungere l’albergo dove avrei pernottato e nel sedermi ho l’impressione di avere sotto il sedere una pozzanghera gelida che mi bagna progressivamente pantaloni e mutande.

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Dornier 328 biturboelica

A fine corsa pago il tassista e mi allontano in fretta: ho lasciato il sedile zuppo e non voglio che pensi che me la sono fatta addosso sporcandogli la macchina. Appena entrato in albergo, dirigendomi verso la reception, non so se sia meglio togliermi il cappotto tenendolo disinvoltamente in braccio e quindi mostrare il sedere bagnato o continuare ad indossarlo, sbrigare rapidamente tutti i tempi della assegnazione della stanza e quindi scomparire il più in fretta possibile per decidere sul da farsi, ma soprattutto per riscaldarmi il perineo oramai del tutto gelido.

Entro in camera: mi tiro via il cappotto di dosso, le scarpe, i pantaloni, prendo le mutande asciutte dalla valigetta e le indosso provando al contatto con l’asciutto un piacere innegabile. E adesso? La parte inferiore del cappotto sarebbe da strizzare ma mi guardo bene dal farlo per non rovinare in modo irrimediabile un bel capo, nuovo e gradevole da vedere e da portare.

Potrei adoperare l’asciugacapelli, ma ho paura che possa danneggiare la stoffa e mi limito quindi ad appendere quella cosa bagnata nell’armadio lasciando le ante aperte con la speranza che il calore della stanza riesca ad asciugarla in tempo per poterla rindossare l’indomani mattina.

Per i pantaloni il problema é più urgente, visto che me li devo mettere per andare a cena al ristorante dell’albergo e perciò ne ho bisogno tra un’ora circa. Posso questa volta usare l’asciugacapelli e mi metto subito al lavoro con piccole pause tra un’esposizione e l’altra in modo da controllare l’effetto del trattamento; l’operazione é senza dubbio importante e delicata e se il fondo dei pantaloni sembra rispondere, la parte inferiore della braghetta con l’inizio del cavallo rimane abbastanza umida.

Insisto nell’operazione per non presentarmi al ristorante con la braghetta bagnata -sempre perchè gli astanti non pensino che me la faccio addosso- e verso le 21 decido ragionevolmente che sì, posso mettermi i pantaloni e scendere a mangiare.

Durante il percorso sulle scale in discesa e poi sino alla sala del ristorante non mi sento perfettamente a mio agio per una sensazione di caldo-umido che avverto al perineo; cerco di non pensarci, mi siedo il più presto possibile e consumo un pasto sostanzioso che mi rinfranca non poco.

La notte, un sonno splendido e continuo tra lenzuola ben asciutte ed al mattino, appena sveglio, controllo le condizioni del cappotto che sembrano accettabili anche se la parte inferiore rimane molto umida.

Abbastanza rassicurato, mi preparo con calma, prendo un taxi per arrivare alla sede della riunione: va tutto bene ma il cappotto rimane molto pesante.

Un collega, dopo i primi convenevoli,osserva: ”Hai un bel cappotto e ti scende a pennello”; “Lo credo -rispondo- é nuovo!”. La sera, durante il viaggio di ritorno a Napoli con lo stesso aereo o con uno dello stesso tipo, mi tengo addosso il cappotto malgrado il caldo della cabina.

 

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