Intervista a Marco Colli
Salve Marco.
Giorgio Colli è stato uni dei massimi esponenti del pensiero italiano e internazionale: un grande filosofo, per lei prima di tutto un padre. Vorrei domandarle, prima di investigare la figura pubblica e il pensiero dell’intellettuale che ha segnato la cultura contemporanea, che ricordo ha di lui – lontano dalla figura ufficiale.
Giorgio Colli, mio padre, non è soltanto nato un secolo fa, è anche morto, prematuramente, molti anni fa, esattamente trentotto. Gli dei, che negli ultimi anni della sua vita frequentava assiduamente, chiuso per molte ore al giorno nel suo studio dove interpretava i frammenti presocratici di quelli che lui chiamava i sapienti, si fecero vivi nel giorno dell’epifania, il 6 gennaio del 1979. Lo vennero a prendere all’ora del tè e lo portarono via. Sul suo tavolo rimase il frammento di Eraclito su cui stava lavorando:
«Chi non spera l’insperabile non lo scoprirà, poiché è chiuso alla ricerca, e a esso non porta nessuna strada».
Ecco, Giorgio ha sempre sperato nell’insperabile. Questa sua energica sfida ha attratto intorno a lui, fin dai tempi giovanili, una schiera di giovani, una comunità di ragazzi che, tramite Giorgio, volevano attingere direttamente la verità dalla conoscenza. Erano anni duri, c’era il fascismo e poi la guerra. Giorgio insegnava a Lucca, al Liceo Machiavelli a studenti che erano quasi coetanei. Questi ragazzi furono poi gli amici ed i collaboratori di tutta la sua vita. Ricordo fra tutti Mazzino Montinari, Angelo Pasquinelli, Gigliola Pasquinelli, Nino Cappelletti, Clara Valenziano, Pietro Giorgetti. Con questi amici mio padre, poi, dette vita a grandi imprese editoriali, quali la collana dei Classici della Filosofia di Einaudi, l’Enciclopedia degli autori Classici di Boringhieri e l’edizione critica dell’opera omnia di Friedrich Nietzsche, pubblicata contemporaneamente in Italia da Adelphi, in Francia da Gallimard ed in Germania da De Greuter.
Oggi l’Archivio Colli custodisce il suo lavoro e una gran mole di documenti. Vuole introdurci alle attività che svolgete?
Dalla fine di quest’anno l’Archivio di Giorgio Colli, o meglio il Fondo Colli, che fino al 2011 era stato custodito fino alla sua morte, anch’essa prematura, da mio fratello Enrico, curatore dell’opera postuma di Giorgio, sarà a disposizione degli studiosi e di chi vorrà consultarlo presso la sede milanese della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori. L’attività di questa Fondazione, nata per volontà degli eredi di Arnoldo e Alberto Mondadori e diretta dalla Dottoressa Luisa Finocchi, punta alla conservazione e alla valorizzazione della memoria del lavoro editoriale in Italia ed è diventata un centro studi e ricerche sulla cultura editoriale nel nostro paese, collegandosi con un network di realtà analoghe in Europa e nel mondo. È innegabile che Giorgio Colli sia stato artefice di grandi imprese editoriali ed abbia a suo modo contribuito, negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, alla nascita ed alla crescita di importanti case editrici, come Einaudi, Boringhieri ed Adelphi. Del resto l’Archivio personale di Luciano Foà, l’editore di Colli per antonomasia, è custodito anch’esso sugli scaffali della Fondazione. La Fondazione ha in programma, per l’autunno di quest’anno, di realizzare a Milano alcuni incontri dedicati a Giorgio Colli, nel centenario della sua nascita.
Lo scorso anno avete realizzato una bellissima trasmissione radiofonica in Svizzera, “Il Nietzsche di Colli”, (www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura) con la collaborazione di grandi nomi dello spettacolo e della cultura, e la partecipazione della voce narrante di Edoardo Camurri. Pensa che potremo sentire anche da noi qualcosa di simile? Ci sono progetti a breve e lungo periodo?
“Il Nietzsche di Colli” è stato da me realizzato per la RSI come un vero e proprio radiodramma in 18 puntate di 15 minuti ciascuna. Edoardo Camurri, complice in questa impresa, ne è la voce narrante. Il lavoro ha poi necessitato di attori che danno la voce ai tanti personaggi che intervengono nella storia, compresi Nietzsche e Colli stesso. Il lavoro degli attori è stato supportato da una bravissima squadra di tecnici e di fonici. Vi si racconta l’ultima drammatica stagione di Nietzsche a Torino, prima della follia. Questa premessa si innesta poi nella vita di Giorgio, liceale e torinese. La lettura di Nietzsche in tedesco, da parte di Giorgio adolescente, scatena in lui la passione per la filosofia e la missione di gran parte della sua vita, quella di diffondere nei giusti termini l’opera illuminante del filosofo tedesco, liberandola dalle calunnie. Con la totale adesione della RSI, ho tentato inutilmente di interessare RaiRadioTre a trasmettere il lavoro, ma non ci sono riuscito. Accetto suggerimenti o proposte.
Ho l’impressione che l’Italia stia trascurando la figura di suo padre, sia a livello accademico che pubblico. È una mia falsa impressione oppure la personalità scomoda che ha rappresentato continua ad agitare parecchi animi? Insomma, Giorgio Colli è ancora “inattuale”?
In occasione del centenario si sono tenuti convegni su mio padre a Tortona, a Genova e Lerici, in autunno ci saranno altre iniziative a Milano, dove, come ho detto, il suo archivio sarà messo a disposizione. Inoltre è nato un gruppo di studio di giovani filosofi, “Il simposio” che si riunisce presso L’Università di Torino. I filosofi del gruppo sono dediti allo studio di vari aspetti del pensiero di Colli. Detto questo mi sembra di poter dire che in Italia la figura di Colli è sempre stata trascurata, oggi come sempre, senza che nessuno abbia dovuto agitarsi più di tanto. A livello accademico ricordo che Giorgio, semplice “incaricato” all’Università di Pisa, in qualche modo andava fiero di non essersi mai seduto su una “sua” cattedra, non mi risulta che da quegli anni ad oggi l’università italiana abbia fatto grandi passi avanti.
Giorgio Colli introdusse in maniera magistrale Nietzsche in Italia, insieme a Montinari e altri collaboratori: che cosa amava del filosofo tedesco, tanto da renderlo un punto fondamentale su cui orientarsi?
Giorgio ha coltivato il suo rapporto con Nietzsche per tutta la vita. Nietzsche per Giorgio è sempre stato più che un maestro un costante interlocutore, era con lui che mio padre discuteva, alla pari, data la mancanza di altri interlocutori reali. Il Nietzsche di Colli, però, è molto diverso dal pensatore roboante e aggressivo a cui molti sono abituati, è un Nietzsche inattuale, greco, che ha sostituito ad un linguaggio tecnico la passione ardente per la conoscenza, è il filosofo che ha trasportato la filosofia fuori dalle università e ne ha reinventato il linguaggio. Il Nietzsche di Colli ci ha rivelato che tutti noi possiamo essere filosofi di noi stessi. Nietzsche come Dioniso, un liberatore.
Nel libro Filosofia dell’espressione, Colli enuncia quelli che sono i capisaldi del suo pensiero: vuole riassumerli?
Con “Filosofia dell’espressione” Colli decide, dopo molti anni, di chiudere il periodo dell’azione, quello che lo aveva portato per anni nel campo culturale ed in quello dell’editoria per combattere grandi battaglie e perseguire grandi progetti, quali, per esempio, l’edizione critica del Nietzsche. In questo tempo Giorgio avrebbe voluto costituire per davvero una comunità di eletti ed uguali che condividesse l’amore per la conoscenza. Questo fine non era stato raggiunto, rimase soltanto, come progetto, l’idea di fondare una rivista, ma fu ben presto abbandonato. Colli decise così di ricorrere dopo anni alla sua scrittura per enunciare la propria gnoseologia, la propria teoria filosofica. I suoi interlocutori, che Colli conosceva molto bene dopo averne tradotte le opere riguardanti la logica, furono Aristotele, Kant, ma anche Schopenhauer e Nietzsche.
Giorgio inizia con una constatazione: il Logos, che si presenta nelle concatenazioni rappresentative affonda le sue radici nell’irrappresentabilità originaria. Come racconta il mito orfico, Dioniso si guarda allo specchio e vede il mondo della molteplicità. Immediatezza e, al contempo, il dispiegarsi frantumato della vita. La relazione fra il Dio e il mondo è la relazione fra l’immediatezza e l’espressione. Le rappresentazioni, per usare un termine schopenhaueriano, sono espressioni di quella natura che il logos chiama immediatezza. Cercare nell’immediatezza il fondamento stabile su cui costruire il sistema della conoscenza è impossibile. Procedendo nel suo pensiero, Colli afferma che il mondo che si offre ai nostri occhi, quello che tocchiamo e quello che pensiamo è rappresentazione. Bisogna mostrare le radici mistiche del Logos senza tentare soluzioni razionali. Bisogna intendere un sentire mistico che di fatto attraversa tutta la sapienza antica, dalle Upanisad alla Sapienza greca. Bisogna svalutare il soggetto, pensare ad una realtà senza l’intervento dell’io. Questi sono i punti di partenza del suo sistema. Così si esprimeva Giorgio, come sempre sorprendente, originale, spiazzante, nelle prime pagine del libro:
“Negli ultimi secoli si è creduto che prendere d’assalto la cittadella della conoscenza risulti agevole, quando si sia capaci di entrare nell’intimo del soggetto, di sviscerarne il meccanismo interiore da cui sgorgano le rappresentazioni del mondo esterno. In generale si è psicologizzato la filosofia teoretica. Ingenua invece è stata giudicata la posizione dei filosofi greci, che ignorano il soggetto conoscente e trattano i problemi gnoseologici in termini di oggetti. E’ giusto ritorcere questa accusa d’ingenuità contro i moderni”
Quando si affronta la verità inaudita, come accadde ai cultori di Dioniso e agli iniziati, si viene a conoscenza di una realtà indicibile. La prospettiva speculativa di Colli apriva a forme di metafisica e trascendenze che implicano una sorta di immortalità dell’anima, o ciò che si svela all’iniziato, oggi come ai tempi dei Misteri, è una verità terrena e tragica?
La conoscenza si attinge dall’acqua del fiume della memoria. Abbandonando la propria individuazione, così come fa l’iniziato, risalendo all’inverso il fiume della memoria nella direzione del tempo invertito, abbandonandosi dietro ogni rappresentazione, fino alla sorgente della memoria, l’immediato che sgorga e, rimbalzando sulla roccia, si fa subito memoria. Nella visione di quell’immediato avviene la conoscenza, quella è l’epopteia dell’iniziato.
Un’ultima domanda: quali sono gli eredi culturali di suo padre? Che opinione ha dell’Accademia di oggi?
Gli ultimi allievi che hanno conosciuto mio padre, che ne hanno sentito la voce, che sono andati con lui, dopo la lezione, a mangiare il pesce sulla spiaggia di Marina di Pisa sono Valerio Meattini, che insegna filosofia all’Università di Bari, Angelo Tonelli, grande grecista e poeta, sua la traduzione per Marsilio di tutti i tragici greci, Riccardo Di Giuseppe, che insegna all’Università di Tolosa e Andrea Costa, studioso del pensiero orientale indù e buddista. I giovani del gruppo “il Simposio”, portavoce Luca Torrente, si dedicano allo studio di alcuni aspetti del pensiero di Colli, in qualche modo sono anche loro eredi culturali di Giorgio. Giudicheremo più in là i loro risultati. Questi in senso stretto gli eredi culturali di Colli, in realtà, e questo viene sempre più in luce nei convegni e negli eventi dedicati a Colli, sono molti i suoi seguaci e spesso si occupano nella loro vita di tutt’altro, ma sono “liberati” dal pensiero di Colli e vedono in Colli il loro “liberatore”. Uno fra tanti è stato, nel convegno di quest’anno a Genova, organizzato dal gruppo teatrale Akropolis, Marco Martinelli, autore e regista del gruppo di Ravenna “Il Teatro delle Albe”. Martinelli ci ha descritto in modo conciso ed efficace come il piccolo libro di mio padre, “La nascita della filosofia” abbia condizionato ed ispirato gran parte del suo teatro negli ultimi trent’anni. Viva Giorgio Colli, come Nietzsche, come Dioniso, il liberatore!
Grazie Marco.