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La Fura dels Baus apre il XXIX festival - Benevento Città Spettacolo


domenica 14 settembre 2008 di Gianandrea de Antonellis

Argomenti: Teatro


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La XXIX edizione di Benevento Città Spettacolo ha aperto con quello che si annunciava come un “evento”: la rappresentazione di Boris Godunov a cura della compagnia spagnola Fura dels Baus. La “Furia del Toro” è una delle più famose compagnie teatrali al mondo e la sua presenza a Benevento, in uno spettacolo che non avrebbe avuto altre repliche, almeno in Italia meridionale, è stato in effetti un evento eccezionale.

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Quanto alla rappresentazione in sé, invece, ha lasciato molti con l’amaro in bocca: qualcuno ha criticato la decisione dei catalani di passare al “teatro di parola”, qualcun altro lo scarso coinvolgimento del pubblico. In effetti, rispetto ad altre performance degli spagnoli, il Boris è stato quasi uno spettacolo classico e, dato il battage pubblicitario, è mancato l’effetto sorpresa. Fin dalle prime battute dell’adattamento da Puskin, infatti, il pubblico si attendeva l’irruzione in sala dei terroristi.

Lo spettacolo infatti verteva sulla rievocazione del sequestro di 850 spettatori avvenuto fra il 23 e il 26 ottobre 2002 al teatro Dubrovka di Mosca ad opera di terroristi islamici. In quei giorni di paura fece molto scalpore la presenza di molte donne nel commando terrorista: munite di cinturone esplosivo, minacciando di farsi saltare in aria con tutti gli ostaggi, esse rappresentavano un fanatismo a cui il mondo occidentale non era ancora abituato.

Terroristi islamici invadono il teatro

È naturale che, in uno spettacolo come il Boris Godunov della Fura dels Baus, l’elemento emotivo fosse prevalente su quello letterario e così il fattore principale diveniva l’attesa del finale: ci sarà o meno la strage minacciata? La conformazione del teatro Massimo dove si è svolta la rappresentazione – e i maligni dicono anche la mentalità del pubblico beneventano – ha determinato la scelta di modificare lo spettacolo in maniera da ridurre al minimo il coinvolgimento del pubblico: tanto è vero che se altrove si avvertivano gli spettatori di recarsi a teatro con vestiti da buttare (segno evidente di un maggiore coinvolgimento della platea), nella rappresentazione sannita ci si limitava a sconsigliare la visione a cardiopatici e a donne gravide.

Uno spettacolo “con la sordina” che quindi ha permesso di focalizzare una maggiore attenzione sul “teatro nel teatro”, vale a dire sul Boris puskiniano interrotto dai terroristi e sulla forza catartica dell’arte: gli ostaggi verranno salvati non solo e non tanto dall’intervento della polizia, quanto dalla “conversione” della terrorista più giovane, una ventenne che avrebbe voluto fare l’attrice e che sulle tavole del palcoscenico ritrova l’amore per il teatro e per la vita. Essa, rinunciando al suicidio, giunge ad uccidere la sua compagna più fanatica quando questa cerca di far brillare le potenti cariche di esplosivo per far crollare l’intero edificio.

La “conversione” della terrorista-attrice è quindi il vero “coup de théâtre” dell’intero spettacolo: una nota di speranza in un mondo che ha iniziato il suo terzo millennio di civiltà nel segno del terrore e del terrorismo islamico, più pericoloso di altri terrorismi in quanto può contare su uno stuolo pressoché infinito di aspiranti shaid, martiri votati al sacrificio estremo (secondo la nostra mentalità), in realtà decisi ad entrare subito in Paradiso (secondo la religione islamica), pronti a colpire in qualunque parte del globo, dalle Torri Gemelle alla scuola di Beslan, dalla metropolitana di Londra alla scuola di Madrid.

Forse non un “evento” come ci si aspettava, ma comunque uno spettacolo che è stato la degna apertura di questa edizione del festival beneventano.

Gianandrea de Antonellis

Settembre 2008

 

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