Ecco un altro libro centrato sulla condizione femminile, come suggerisce il titolo, della sociologa, il cui cognome è un segno del destino e del suo costante impegno nella difesa dei deboli e discriminati, in particolare delle donne.
PREMESSA
All’autrice è ben chiaro che la sottomissione al patriarca di turno non è un retaggio di antichi riti di società “arretrate”, rispetto alla nostra “modernità”, ossia alla cultura dominante nei nostri paesi occidentali, che è indirizzata dai gruppi che detengono il potere.
- Tutti gli animali hanno le stesse parti
La nostra “modernità” usa alcune forme talvolta più sofisticate, ma continua a perseguire pratiche di sottomissione del genere femminile e dello sfruttamento dei più deboli in maniera vergognosa. Da noi in occidente la nudità dei corpi di donne, purché giovani e di forme alla moda, non è più uno scandalo, ma una ottima occasione di sfruttamento a fini di marketing, quando non di sfruttamento sessuale indiretto e/o diretto da parte del magnate di turno (se può !). Oppure perché pagare una lavoratrice come un uomo, per lo stesso lavoro?
Viviamo in questi ultimi anni in epoca di grandi migrazioni, le cui radici risalgono allo sfruttamento sistematico ormai da svariati secoli da parte della nostra civiltà dominante la quale è diventata “moderna” con la rapina sistematica delle ricchezze e delle popolazioni di interi continenti.
- Isola di Gorée
- Monumento alla liberazione dalla schiavitù
Colonizzazione, schiavitù e asservimento culturale delle altre civiltà meno dinamiche, esportando la guerra più spietata per garantirsi il dominio del mondo e delle sue risorse. [1]
In Europa dell’ovest c’è stata finora una settantina di anni di non guerra con armi militari, una pausa dopo i massacri di due guerre mondiali. Una eccezione rispetto a tante altre parti del mondo dove la guerra è dilagata anche davanti alle “porte di casa nostra”.
- Migrazioni
Popolazioni civilissime si trovano coinvolte in massacranti guerre civili. Altre popolazioni povere e sfruttate scoprono che esistono luoghi “ricchi” dove si potrebbe vivere più dignitosamente che nel nativo villaggio. Altre ancora esasperate dalle violenze subite e dal dispregio dei loro valori esistenziali e religiosi, vengono attratti dalla “sirena” della guerra santa estremista e senza quartiere, in nome del loro Dio che, guarda caso è anche il nostro, ma questo non li riguarda. E questa violenza attrae molti dei nostri figli, che non trovano più valori validi nella nostra “moderna” civiltà.
Infatti sembrerebbe che questa nostra civiltà così “moderna” stia arrivando verso la soglia dell’autodistruzione. Il continuo allargarsi della forbice tra pochi sempre più ricchi e i tanti sempre più poveri, con l’impoverimento sempre più rapido delle classi intermedie dei lavoratori in una società che perde sempre più posti di lavoro, come potrà andare avanti? Eppure ci troviamo masse sempre più numerose di migranti che sfidano giornalmente la morte per cercare di raggiungere il nostro “bengodi”, che farne?
Questa brutale e pessimistica sintesi rappresenta, secondo me, il contesto che traspare molto chiaramente in tante poesie, in cui Marcella Delle Donne inserisce i suoi racconti delle tristi storie capitate a tante bambine e donne, da molte delle quali ha avuto occasione di cogliere la testimonianza diretta.
IL LIBRO
- Copertina del libro
Il libro è tutto scritto in versi. Una forma di poesia particolare, che ho avuto modo in altre occasioni di definire laica, una sorta di prosa in forma di poesia. Una poesia che scorre sotto i nostri occhi con apparente leggerezza formale, anche per la proprietà del vocabolario usato, che ci permette di comprendendone il significato immediatamente, ma allo stesso tempo colpisce il nostro animo e spesso ci sconvolge per la brutalità del contenuto.
Alla fine del libro l’autrice ha voluto inserire una sua breve “confessione” in quattro paginette, dove chiarisce come è arrivata alla conclusione di scrivere i suoi ultimi libri in forma di versi. Un lutto per un suo caro amico la ha lasciata senza parole, nel vuoto della solitudine e, così interpreto io, solo nella forma di poesia ha trovato la forza di raccontare il mondo con parte del quale per la sua professione e per il suo impegno personale si trova spesso a contatto.
La materia del libro è suddivisa in 3 parti.
- Liberté, Egalité, Fraternité
“Fuori la guerra dalla storia”
(una speranza …?!) è il titolo della prima parte, che raccoglie storie e sofferenze di donne nel contesto delle guerre.
“La faccia bifronte dell’occidente” è la poesia di apertura, dove al motto della Rivoluzione Francese Liberté, Egalité, Fraternité viene contrapposta la guerra che l’occidente esporta, con il traffico d’armi, che arricchisce l’industria bellica, ed anche con l’intervento diretto. Quindi cita il ritrovamento del corpicino curdo di Aylan, il quale sognava di diventare astronauta e invece è finito su una spiaggia turca, commovendo parte del nostro mondo, mentre veniva stampata da Charlie Hebdo una volgare e spregevole vignetta.
- Il corpicino di Aylan
Ecco questa è una caratteristica che troviamo praticamente in tutti gli scritti poetici dell’autrice: la capacità di descriverci gli aspetti più personali e umani dei personaggi coinvolti con i loro pensieri e aspirazioni, a fronte della brutalità degli eventi che li coinvolgono, quasi fossero trascendentali.
“Amina“ ci racconta la brutalità dello stupro presso la fonte del suo villaggio africano del Darfur e dell’ostracismo da parte dei suoi compaesani che ormai la ritengono impura, così ad Amina non resta che “Dalla ripa nel vuoto/ il volo spicca”
“Fiammeggianti, intrepide fanciulle” descrive il rogo da parte del ISIS di alcune ragazze ribelli prigioniere in una gabbia.
“Il coraggio di Alia” ci consola un poco. Una delle bimbe nigeriane di 9 anni rapite “ad essere martiri sono indottrinate” si rifiuta di farsi saltare in aria nel mezzo della folla del mercato e “Cosa accadrà d’Alia?/ Il ciel, le stelle/ a lei dispieghino/ di protezione un manto.”
- Il pianino di Mirval
Seguono altre due tristi morti di bimbi siriani che nel tentativo di migrare vengono bloccati: Mirval con il suo giocattolo preferito il “pianino” e la sua passione per la musica classica finisce dissanguata nei fili spinati al confine tra Grecia e Macedonia. Mentre il lattante Garam si spegne piangendo per il denutrimento.
- Il ponte di Mostar
“Sonia, guerra e follia” ci fa rivivere la tragedia dei ciechi massacri di Sarajevo, nella ex Jugoslavia. Qui la ginecologa Sonia, figlia di una coppia mista, cresciuta in uno straordinario mosaico interetnico, dirige il reparto di neonatalogia. Ma la guerra inverdisce…rivalità antiche sopite. Su avvertimento di un’infermiera serba riesce a fuggire in Italia. _ Qui non le vengono applicati i diritti di asilo pur ben definiti da leggi del nostro parlamento italiano e si ritrova a fare la badante agli anziani.
Mi sia concesso riportare integralmente il testo conclusivo della poesia, per dare al lettore una idea concreta di come Marcella Delle Donne sia capace di sintetizzare con i suoi versi l’essenziale di un pensiero complesso e renderlo di immediata comprensione senza sbavature:
Di pace dall’anima un grido
Sui richiedenti asilo una ricerca
di Sonia mi porta a conoscenza
come giudica, le chiedo
di Sarajevo gli orrori
i suoi nemici
Di Sonia la risposta è un grido
“Non ho voluto
non voglio
mai vorrei
avvelenare l’anima con l’odio!
Nemico non dimora in mia coscienza
La vita a trentadue anni
tutta ho vissuta
in pace, amicizia, affetti
con genti per etnia
religione diverse
Infermiera serba m’ha salvata
dalla sentenza di morte
dai serbi decretata
Cambiare idee non posso
odiar non voglio
Guerra è follia...”
- Johanna Cox MP del collegio di Batley and Spen (West Yorkshire, GB)
“Brexit, Jo Cox è viva!” è la poesia che conclude il primo capitolo. Il titolo è esplicito di per se e riguarda come la Gran Bretagna dalla sua cultura isolana si fosse aperta aderendo alla Unione Europea, ma come alla fine le nostalgie imperiali ed isolazioniste abbiano ripreso il sopravvento il 23 giugno del 2016 con la vittoria del leave. Joanna, giovane figlia di un operaio, laureata a Cambridge, capisce con la sua esperienza quanto sia importante l’essere europea e nel 2015 è eletta al parlamento nelle file del Labour Party e sostiene la cultura multietnica come un grande valore. Così si impegna fortemente per la campagna, e il 16 giugno mentre si trova nella sua circoscrizione elettorale viene sparata e accoltellata a morte dal nazionalista Thomas Mair al grido “morte ai traditori, Gran Bretagna Libera!”. La poesia si conclude con il grido di una giovane nella folla “Della nostra generazione/ verrà il giorno al governo/ allora torneremo/ Jo Cox è viva!”
“Voce donna, femmina dell’uomo”
è il titolo della seconda parte che raccoglie episodi di rapporti tra i due generi umani.
- BERLINO - Matrioska di-Kaethe-Kollwitz-
“La matrioska di Berlino” è la prima poesia, dove l’autrice cerca nei dizionari la definizione di DONNA. Il riferimento agli esseri umani nella nostra lingua italiana è un UOMINI ovviamente al plurale maschile. Quando approfondisce trova enumerate tutte le virtù dei maschi, DONNA, FEMMINA DELL’UOMO è la statuaria definizione a corredo di tutte le elencazioni delle sue funzioni al servizio del maschio. Le cascano le braccia! Ricorda quindi il monumento ai caduti di Berlino dove troneggia il bronzo della Matrioska della scultrice Käthe Kollwitz, che rivela la sofferenza delle donne per l’assurdità della guerra, tenendo tra le braccia il corpo del figlio morto.
“….E le sorelle?” segue richiamandosi all’inno di Mameli.
“Una rivoluzione copernicana” parte dall’idea dei decenni di lotta della contestazione delle donne fatte insieme ai compagni, diciamo da 1968 in poi. Ma rimane diffusa nei compagni il pensiero maschilista “della donna addetta/ a sollazzar del guerriero il riposo”. La rivoluzione consiste nel processo di autocoscienza al femminile di avere il diritto autonomo ad essere donna. E Cartesio con il suo Cogito ergo sum dà il diritto ad ogni essere umano di Essere, quindi anche la donna Esiste in assoluto. La battaglia continua contro l’impero patriarcale, ma l’autrice ritiene che il percorso di liberazione si diffonde sempre di più, anche nelle società più arretrate.
- Danzatrice
“Davide e Fabiana”. Siamo in Calabria famosa terra di ndrangheta, dove Fabiana vorrebbe fare la danzatrice, mentre Davide è per tradizione contrario. Il rifiuto di lasciare la danza viene considerato tradimento del codice d’onore, con le conseguenze facilmente immaginabili per la traditrice.
- Pippi Calzelunghe
“Pippi calzelunghe”. È una delle più tragiche poesie del libro. La storia della bimba di 6 anni con quel nomignolo, che vive a Caivano (parte della città metropolitana di Napoli) violentata e abusata dal patrigno “orco” volata dall’ottavo piano per liberarsi, ci introduce in quel mondo di omertà e violenza che rende famoso quel quartiere. La stessa madre sa, ma tace, come i vicini testimoni dei fatti, ed è consenziente alle violenze sulle altre figlie. Dopo il volo di Pippi, queste vengono tolte alla famiglia e lentamente tramite disegni rivelano l’inferno in cui erano vissute.
“Misogenia contemporanea” in due sole strofe ricorda la notevole quantità di aborti selettivi delle nasciture praticati in varie parti del mondo (asiatico per lo più), ma la prima strofa è di una poeticità che definirei assoluta.
“Fatima” Nella laica Francia l’amore tra una giovane mussulmana lì cresciuta e un giovane francese non sembra possibile e si conclude con tragiche e violente conseguenze.
“Kushboo” e “Il grido delle spose bambine” concludono la seconda parte e si riferiscono alla tradizione indiana delle nozze premature. La prima narra la tragica conclusione del rifiuto di una giovinetta al dictat del padre e della matrigna.
- Sposa bambina
La seconda invece testimonia che in India ci sono segni di speranza che cominci a emergere una coscienza del dramma di questa tradizione. In un villaggio del Rajastan l’intera comunità, compresi gli anziani, festeggia “l’orgoglio femminile” delle ragazze che rivendicano i loro diritti. E non è l’unico villaggio. Ma l’India così grande per estensione e popolazione, la cultura prevalente è orale e tramanda “costumi ancestrali” che benché illegali vengono ancora rispettati da parte della popolazione. Le recenti manifestazioni popolari di sdegno per una serie di stupri, financo a Dehli, ha scosso anche il primo ministro, che ha lanciato una campagna per garantire la scuola alle ragazze. Forse non è utopistico pensare che questo paese immenso possa superare questa tradizione.
“Il valore della donne in campo”
è il titolo della terza e ultima parte; raccoglie storie in cui le donne reagiscono allo status quo e cercano di contribuire al suo superamento, con le loro qualità prettamente femminili.
“Giuseppina e la ‘Ndranheta” ci riporta in Aspromonte in Calabria dove si vive sulla base del codice d’onore della mafia locale, dove la legge del sangue è assoluta, così come l’odio e il disprezzo verso lo Stato. Giuseppina cresce in questo ambiente, ma si accorge di non essere una persona libera, in quanto a 13 anni è concupita dal capo, con l’appoggio della famiglia. Rapita secondo tradizione tramite la fuitina, madre a 15 anni, sposa a 17, Giuseppina è succube e complice con il marito. Quindi presa nelle maglie della giustizia viene reclusa, come il marito e tenta più volte il suicidio. Risvegliandosi dal coma prende coscienza che può diventare una persona e non essere più un oggetto. Rivela ai giudici i misfatti compiuti dal marito e sotto protezione va a vivere con i figli in luogo segreto fuori dalla Calabria. In questo modo altre donne dell’Aspromonte prendono coraggio e coscienza e diventano fimmine ribelli per l’onorata società.
“Donna con le palle…” Siamo ancora in Italia, dove con l’ammissione delle donne nella Polizia di Stato l’atmosfera delle Questure sembra aver preso un volto più umano. L’autrice entrandovi ora si sente una cittadina, mentre precedentemente inoltrandosi aveva la sensazione di perdere i suoi diritti e di sentirsi una colpevole.
- La funzionaria di PS Maria Teresa Canessa si è levata il casco e ha stretto le mani ai manifestanti
Maria Teresa Canessa, laureata in giurisprudenza, si arruola e fa carriera, nonostante le difficoltà che un parto tri-gemellare le ha frapposto. Vice questore a Genova terra calda per le malefatte dell’acciaierie ILVA, e non solo lì, il 27 gennaio 2016 si trova in servizio d’ordine al terzo giorno di sciopero dei lavoratori metalmeccanici, i quali difendono l’Accordo di Programma firmato nel 2005 e ne chiedono finalmente l’attuazione al Governo. La manifestazione blocca la città ed è imponente e si trova davanti la Polizia in tenuta antisommossa. La tensione è alle stelle quando la funzionaria di polizia si è tolta il casco e ha stretto la mano di alcuni lavoratori, solidarizzando con loro. Davanti a questo gesto i lavoratori, che erano arrivati faccia a faccia con gli agenti, hanno fatto un passo indietro, l’atmosfera si è distesa e c’è stato accordo per far proseguire la manifestazione in modo pacifico. È interessante ricordare che a seguito di questo rasserenamento fu concordato l’incontro chiarificatore con il Governo il 4 febbraio successivo.
Il titolo della poesia è l’espressione del ben noto commento di un operaio che riconosce attributi maschili a una donna determinata, che ha dato una lezione a tutti. Ma il gesto della mano tesa, conclude l’autrice, riscatta di Genova il G8.
- Hanan-Al-Hroub
“Il gioco di Hanan”. Qui l’autrice con la sua grande capacità di narratrice essenziale, precisa e piena di fantasia poetica, lasciatemelo dire, ci racconta di come la Hanan al-Hroub (43 anni), cresciuta in un campo profughi in Palestina si sia trovata con i suoi figli scioccati dal padre ferito durante uno dei comuni atti di violenza israeliani ricorsivi nei campi. Per cercare di recuperarli a casa ha messo a punto un sistema fatto di gioco, fiducia, collaborazione e rispetto. Altri bambini si sono aggregati e ora applica questo metodo alla scuola del campo. Altri campi adottano questo metodo che sembra molto efficace nel ridare serenità e speranza ai bambini. A sorpresa Papa Francesco ha proclamato Hanan vincitrice del Global Teacher Prize 2016, una sorta di premio Nobel per gli insegnati che consiste in un milione di dollari suddivisi in 10 anni che verranno impegnati per combattere la violenza; le parole di Hanan: "Dobbiamo insegnare ai nostri bambini che le nostre uniche armi sono il sapere e l’educazione; l’istruzione aiuterà noi Palestinesi a riprenderci la nostra terra, che ci hanno tolto perché eravamo ignoranti’.
“Ruth: A goccia a goccia si romperà la pietra”. In un kibbutz in Israele due giovani statunitensi mettono su famiglia, allietata da ben 6 figli, i quali vengono educati in famiglia come liberi pensatori. Il militarismo israeliano fa parte del nutrimento dei bimbi fin da tenera età e viene indottrinato in ogni occasione sociale. Ogni neonato è festeggiato come un nuovo soldato per Israele, che combatterà gli arabi per non lasciarsi rigettare in mare. In Israele il servizio militare è obbligatorio e non si può fuggirne, pena il carcere e il disonore sociale. Uno dei figli ormai liceale vorrebbe rifiutare la leva ed essere esonerato come pacifista, ma questo non viene preso in considerazione. Ruth allora si mobilita per denunciare nei paesi europei il militarismo di Israele al fine di far riconoscere il diritto al pacifismo dei giovani israeliani. Chi l’ha dura la vince! È il titolo della poesia.
- Murales a Roma Garbatella
- (Foto LDV)
“Israele-Palestina: la mano di Fatima per fermare la guerra”. Gli israeliani hanno trasformato il loro diritto alla sopravvivenza e alla sicurezza in volontà di potenza e di dominio, Quindi si sono sentiti in diritto di cacciare i palestinesi dalle loro case a dalla loro terra. Per ridurre le reazioni a tanti soprusi hanno financo costruito un muro per confinarvi coloro che non accettano questo stato di cose. Questo quasi letteralmente è il preambolo dalla poesia ed è la situazione in quella parte del mondo, come ogni persona, priva di pregiudizi, può rendersi conto.
- Il simbolo delle Mano di Fatima
Ebbene alla fine del 1987, al tempo della prima intifada, un gruppo di 7 donne israeliane a Gerusalemme ha cominciato a protestare sistematicamente in una piazza ogni venerdì per un’ora, vestite di nero e in silenzio, contro l’occupazione dei territori palestinesi. Il simbolo portato da queste donne è quello della mano di Fatima, figlia del Profeta, che, secondo alcune leggende, opponeva per fermare la guerra, ma nel mondo mussulmano è anche il simbolo del mondo femminile.
Interessante notare che per gli ebrei questo simbolo è la mano di Miriam, sorella di Aronne.
Questa testimonianza in brevissimo tempo si è diffusa ed è stata adottata in tante città del paese e si è diffusa per solidarietà anche in molte città europee. Il messaggio unitario che tutte queste donne portano è: “La guerra fuori dalla storia”
“Nadia, ambasciatrice Onu”. Non sapevo che in qualche parte del Kurdistan irakeno vivesse ancora una comunità yazida che pratica una antichissima religione di origine curda, vecchia di millenni, della quale si conosce molto poco a causa delle sue caratteristiche esoteriche e della persecuzione violenta tutt’ora dei mussulmani sunniti.
Il villaggio di Khoco viene un triste giorno messo a ferro e fuoco e la giovane Nadia, una volta assassinata l’intera sua famiglia viene venduta come schiava sessuale. Subisce, come immaginabile, sevizie inaudite, ma non si perde d’animo e riesce a fuggire in un campo profughi e poi in Germania. Raggiunta la salvezza la sua missione diventa quella d far conoscere il genocidio della sua gente e la schiavitù delle sue compagne di sventura. Raccoglie testimonianze e denuncia la situazione per cercare di mobilitare le istituzioni. Riesce a presentare la sua sentita denuncia all’assemblea dell’ONU, commovendo il mondo, ma alla fine non c’è comunità d’intenti. Per la sua tenacia viene nominata ambasciatrice per i diritti umani. Il governo irakeno la candia al Nobel per la pace, ma Nadia rifiuta, chiedendo che prima venga liberato il suo popolo dalla schiavitù.
- Interno della Manifattura Tabacchi di Pontecorvo (FR)
“La libretta delle tabacchine”. A Pontecorvo (FR) l’autrice, chiamata ad allestire il Museo della Cultura Popolare, incontra per raccoglierne la testimonianza, le anzianissime lavoratrici della Manifattura Tabacchi ormai dismessa da anni.
In questa terra di contadini a mezzadria, dove si coltivava il tabacco dal lontano 1770, lo sfruttamento da parte dei possidenti terrieri era pesante e le ragazzine venivano utilizzate come aiuto in tante fasi del lavoro agricolo. Quando venne installata la Manifattura nel 1904 questa impiegava praticamente solo donne, per la loro abilità a selezionare e manipolare le foglia delicate. Naturalmente la disciplina era ferrea, le condizioni di lavoro e ambientali molto pesanti, la paga miserrima. Ma alla fine del mese entrava qualche soldo in famiglia e si potevano pagare i commercianti che appuntavano gli acquisti quotidiani delle famiglie su una ’libretta’. Con il tempo queste donne cominciarono a prendere coscienza dei loro diritti e a essere coinvolte nelle lotte sindacali per ottenere migliori condizioni. L’autrice ha trovato in loro molta fierezza per il loro contributo all’emancipazione della condizione femminile in quei luoghi.
- Gerani all’Aquila
“L’Aquila e la piccola signora”. Torniamo ai tempi più recenti quando il 6 aprile 2009 un violento terremoto ha distrutto la capitale d’Abruzzo. Dopo il periodo di emergenza la città vecchia viene praticamente evacuata con la promessa di ricostruirla più bella. I cittadini vengono ospitati in uno spazio tempo/ anonimo “non luogo”, in case che in breve cadono a pezzi. Dopo anni la gente comincia a mobilitarsi per il rispetto delle promesse governative e poter rivitalizzare il centro storico. Una signora Maria, s’intrufola di notte nella città deserta e rientra nella sua stanza, dove sul balcone mette un vaso di gerani. Questo rosso vermiglio, come fosse sangue, riaccende la vita nella città.
“Nice coraggiosa indomita masai”. La poesia che chiude il libro.
Africa, Kenya, in un idilliaco villaggio alla falde dl Kilimanjiaro vivono i Masai, presso i quali, per tradizione molto antica (non religiosa), vige la pratica della infibulazione delle bambine e della circoncisione dei maschi. La piccola Nice l’orrore comprende; si rifiuta, scappa e, trovata protezione presso il nonno, personalmente riesce a scampare a questa mutilazione, che crea alle donne tanti problemi dolorosi e di salute sia durante gli accoppiamenti che durante il parto con rischi per i nascituri. Le madri pur ben consce di ciò, sottomettono a tale pratica le figlie, che per ignoranza è considerata importante per avere il riconoscimento sociale di donne “a modo”!.
Studiare e diffondere cultura è la via che la giovane Nice capisce essere la chiave per far prendere coscienza alla tribù della insensatezza e pericolosità di questa antica tradizione e quindi si dedica interamente a questo scopo. Non solo rendere edotte le donne, ma è importante che anche i giovani guerrieri (Maran), i prossimi leader della comunità comprendano.
- Nice
E riesce a incuriosirli e a farsi aprire le porte, suggerendo quanto sia più piacevole e soddisfacente accoppiarsi con donne che partecipano al piacere sessuale, anziché a donne passive e doloranti. Riesce così a farsi conoscere come educatrice e riceve importanti riconoscimenti a livello continentale per il suo impegno e salvare le bambine dalle mutilazioni.
Nonostante il contesto pessimistico in cui i racconti di questo libro si svolgono, l’autrice non manca di inserire, soprattutto nella terza parte, qualche segno di fiducia e speranza che la presa di coscienza delle donne e l’impegno delle donne che si sono liberate dalla soggezione al maschio, porterà a migliorare questo nostro mondo, ancora gestito prevalentemente al maschile.
Giunto alla fine della attenta lettura di questo libro mi sono domandato se il suo titolo fosse il più appropriato e in accordo con il suo contenuto. Certamente “suona” molto bene.
Parlando con l’autrice, mi ha rivelato che sono dei versi che Figaro canta nel Barbiere di Siviglia di Rossini (libretto di Cesare Sterbi) commentando la furbizia delle donne (Atto I, Scena II).
Ai lettori proporre la loro idea!