L’attesa è stata breve. Fortunatamente il secondo volume di Lanark, una vita in quattro libri, è già in libreria, grazie all’editore Safarà di Pordenone.
Che il sentimento prevalente di qualsiasi lettore fosse l’impazienza è indubitabile: la forza poetica del primo libro non può aver lasciato indifferenti, e il desiderio di rituffarsi nel mondo visionario di Gray diventa stranamente una necessità più che una scelta.
Come si poteva intuire, lo scrittore scozzese non abitua certo all’ordinario, e il secondo lavoro ne è la conferma. Chi pensava di leggere nuove avventure oniriche e surreali troverà invece protagonisti sobri, essenziali, che vivono vite normali, quasi povere. Gray è padrone assoluto di ogni forma di registro e linguaggio, e come pochi sa trasformare in un’epica il confine tra sogno e veglia, vita e morte, segno e silenzio.
- Alastair Gray
Duncan Thaw, il piccolo protagonista, racconta della sua esistenza in una terra priva di sorprese. Una infanzia difficile, la solitudine e un solo piacere: dipingere. Questa è la giornata monotona di Duncan, tra un’asma che non gli dà pace, una sessualità irruenta e scontrosa, e un Dio che lo invade senza redimerlo. Pochi amici, più pratici di lui, e una ragazza irraggiungibile: il resto è un cielo da scrutare da un monte, dei genitori irrimediabilmente adulti, e la paura di trovare ciò che si vuole: Gray sembra volere attuare una operazione diametralmente opposta a quella per il primo volume, arrivando a un realismo anti-magico. Un mondo così com’è, nudo.
Cosa può succedere al lettore che nel n. 1 (assolutamente da leggere) si era cimentato con esseri mutanti, cieli bui, stanze rosso sangue, e una prosa iperbolica e inquietante? Ecco la grandezza dello scozzese, di cui sopra: nonostante la prosa completamente differente, questo secondo volume è di nuovo maledettamente assurdo nella sua non assurdità. Gray è nascosto tra le pagine, lo si intravede chiaramente mentre sale con il protagonista sulla montagna, parla col prete, o descrive i dialoghi tra la madre e il ragazzo.
Pochi autori posso cambiare completamente registro e stili e restare sé stessi e Gray lo è, perché sa che nella essenzialità della parola nuda vi è sempre altro: “Nelle pause prima di cena Thaw andava a piedi al negozio e guardava quella ragazza per la durata di dieci secondi. Sapeva che se l’avesse guardata troppo anche lei sarebbe diventata banale”.
- Lanark vol 1 inglese
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- Lanark vol 1
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Il mondo di Gray è sconvolto dai colori – inevitabilmente, verrebbe da dire, vista la scrittura spesso psichedelica: se nel primo volume il rosso è dominante, nonostante l’oscurità del mondo – e così la copertina del libro – nel volume n. 2 prevale il blu, colore non solo del cielo, ma anche della malinconia interiore. Non resta che pazientare per l’uscita dei prossimi volumi per ricomporre lo spettro (dei colori? Dell’anima?) dalla cui voce tremula forse potrà esser compresa l’intera storia.
L’unico difetto di questo libro è identico al primo: la lettura finisce troppo presto, e quasi fosse una droga mefistofelica che ci ha resi dipendenti, si avverte l’irruento bisogno di passare ai volumi successivi. Unica consolazione è sapere che l’editore sta già impegnandosi per completare l’opera, e ciò non può che renderci felici.
“Una storia può sempre finire bene quando la fermi in un momento di gioia. Ovviamente nella natura l’unica fine è la morte, ma raramente la morte ci coglie quando le cose vanno al meglio. È per questo che amiamo le tragedie.”